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Obbligazioni verso terzi assunte dall’amministratore di condominio: la legittimazione passiva

L’Amministratore di condominio che stipula contratti con terzi per l’esecuzione di lavori di straordinaria amministrazione sulle strutture condominiali agisce in nome e nell’interesse dei condòmini rappresentati e nei limiti delle facoltà conferitegli.

Il rapporto tra l’Amministratore di condominio ed i singoli condòmini, infatti, è assimilabile all’istituto del mandato con rappresentanza sicché le obbligazioni assunte dall’amministratore producono direttamente effetti nei confronti dei rappresentati.

Il Condominio è sprovvisto di patrimonio autonomo e non costituisce autonomo centro di imputabile di diritti ed obblighi giuridici poiché la titolarità dei diritti sulle cose comuni fa capo ai singoli condòmini.

Considerato, dunque, che la titolarità dei diritti, così come le obbligazioni validamente assunte dall’Amministratore, si incardina direttamente e parzialmente (in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno) in capo ai singoli condòmini, il Condominio nella persona dell’Amministratore pro tempore non può essere considerato effettivo titolare passivo del rapporto sostanziale dedotto.

È pur vero però, come chiarito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, che il Condominio agisce o è convenuto in giudizio per mezzo della persona dell’Amministratore che lo rappresenta, legittimato ad agire o difendersi in giudizio in vece del singolo condòmino nei limiti del suo potere di rappresentanza e della relativa quota del singolo.

Fatte queste necessarie premesse, ciò che giova chiedersi – di fronte alla domanda svolta dal terzo creditore diretta ad ottenere il conseguimento del corrispettivo dovuto (si pensi ad una ditta che ha eseguito lavori di edilizia nel fabbricato condominiale) – è se legittimato passivo sia l’Amministratore di condominio o i singoli condòmini.

In altri termini, il terzo creditore che agisce in giudizio per l’ottenimento del compenso a lui dovuto per i lavori eseguiti o i servizi forniti al Condominio, chi deve chiamare in causa: l’Amministratore di Condominio, i singoli condòmini o entrambi?

Per rispondere a tali quesiti, facciamo riferimento ad una recente sentenza n. 1085/2022 del Tribunale di Firenze chiamato ad accertare la legittimazione passiva di un Condominio in persona dell’Amministratore nonché di due condòmini in merito alla domanda promossa da un terzo creditore sia nei confronti del Condominio per il pagamento dell’intero importo dovuto, sia, in via subordinata, nei confronti dei due condòmini per il pagamento della rispettiva e parziaria somma dovuta.

Obbligazioni assunte dall’amministratore di condominio: la legittimazione passiva del CONDOMINIO

Consolidata giurisprudenza è concorde nel ritenere che nell’ipotesi in cui l’Amministratore abbia assunto obbligazioni in nome e per conto del condominio nei limiti delle sue attribuzioni o eseguendo deliberazioni dell’assemblea, tali obbligazioni sono riferibili ai singoli condòmini, il cui nome ha implicitamente speso declinando la propria qualità.

Ne deriva che nel caso di obbligo assunto dall’Amministratore per l’esecuzione di lavori alle parti comuni dell’edificio, il terzo contraente -estraneo al compagine condominiale – può agire per il conseguimento del corrispettivo integralmente o parzialmente insoluto, sia nei confronti dell’Amministratore, in ragione della rappresentanza passiva attribuitagli dalla legge, che è illimitata per quanto concerne le domande giudiziarie relative a parti o a servizi comuni dell’edificio, sia nei confronti dei singoli condòmini, quali obbligati diretti verso di lui. La relativa sentenza di condanna, ottenuta dal terzo contro l’Amministratore del condominio, costituisce titolo esecutivo nei confronti dei singoli condomini – dal primo rappresentati – anche se nominativamente non indicati nella sentenza stessa (Cass. n. 3235/71, n 1626/79; n. 6866/82).

Tale affermazione giurisprudenziale non sta a significare che la legittimazione passiva dei singoli condòmini sia esclusa, bensì chiarisce che accanto alla legittimazione passiva dell’Amministratore vi è la concorrente legittimazione processuale dei singoli condòmini obbligati pro quota (Cass. n. 23621/17), laddove intervenuti spontaneamente, o convenuti in giudizio direttamente dal terzo asserito creditore.

Sul fondamento di tali principi giurisprudenziali, il Tribunale di Firenze, nel caso in esame, ha ritenuto sussistente la legittimazione del Condominio, nella qualità di rappresentante ex lege dei due condòmini morosi pure citati in giudizio.

Da qui la possibilità di emettere sentenza di condanna nominalmente rivolta al Condominio; sentenza spendibile quale titolo esecutivo solamente nei confronti dei due condòmini morosi, nei limiti delle obbligazioni pro-quota di rispettiva spettanza.

Il Tribunale ha, però, chiarito, che nel caso in cui, come nella specie, vengano citati in giudizio oltre al Condominio in persona dell’Amministratore, anche i singoli condòmini morosi, la pronuncia di condanna nei confronti del Condominio diventa superflua ben potendo il giudicante sostituirla con quella direttamente rivolta ai singoli condòmini morosi evocati in giudizio nei limiti delle loro rispettive quote.

Obbligazioni assunte dall’amministratore di condominio: la legittimazione passiva del nuovo proprietario (acquirente) in caso di patto d’accollo del debito da parte del precedente proprietario dell’immobile (venditore).

Nel caso in esame, uno dei due condòmini citati in giudizio dal terzo creditore per il pagamento della somma di rispettiva spettanza eccepiva il difetto di legittimazione passiva in virtù di un asserito accordo – inquadrabile nella figura dell’accollo di cui agli artt. 1273, ss. c.c. – intercorrente tra lo stesso (in qualità di accollato) e la propria dante causa (in qualità di accollante), terza rispetto al giudizio.

Il condòmino moroso, convenuto in giudizio, infatti, rappresentava che in sede di stipula del rogito di vendita dell’unità immobiliare posta nel Condominio, la venditrice (accollante) si era impegnata verso di lui, acquirente, ad adempiere all’obbligazione di pagamento degli oneri condominiali relativi alle spese straordinarie per il rifacimento del tetto.

L’eccezione sollevata dal condòmino convenuto non trovava accoglimento, non solo per incompletezze probatorie in merito alla allegazione del patto di accollo – non potendo all’uopo valere la mancata contestazione dello stesso da parte dell’attore (si rammenta che “l’onere di contestazione riguarda le allegazioni delle parti e non i documenti prodotti”) – ma anche perché il patto d’accollo non potrebbe, in ogni caso, essere in alcun modo opponibile nei confronti di parte attrice, creditrice.

Con riferimento a quest’ultimo aspetto, va ricordato che l’accollante assolve il proprio obbligo di tenere indenne l’accollato o adempiendo direttamente in veste di terzo, od altrimenti estinguendo l’obbligazione originaria verso il creditore, mentre, nel caso di mancata osservanza dell’obbligo assunto, risponde dell’inadempimento nei confronti del solo accollato e non anche verso il creditore, terzo rimasto del tutto estraneo cui l’accordo tra accollante e accollato neque nocet neque prodest” (Cass. n. 13746/02).

Nel caso in esame, dunque, non avendo il terzo estraneo al giudizio (accollante) adempiuto alla propria obbligazione mediante pagamento della somma spettante al creditore, lo stesso accollante risponde solo nei confronti dell’accollato (il condòmino moroso) e non anche nei confronti del creditore.

In ogni caso, come giustamente osservato dal Tribunale, il condòmino moroso non ha fornito prova della trascrizione del patto di accollo ai sensi degli artt. 2643 e ss.; trascrizione necessaria per potersi giovare dell’eventuale efficacia erga omnes dell’accordo.

Vi è più che il rapporto di accollo interno tra venditore ed acquirente non è in alcun modo pregiudicato dall’accoglimento della domanda di pagamento dispiegata nei confronti del citato condòmino moroso ben potendo questi far valere le proprie ragioni nei confronti della propria dante causa, venditrice, accollante, instaurando un successivo e separato giudizio.

Non solo, ma il Tribunale ha altresì evidenziato, in base a quanto statuito da costante giurisprudenza e in virtù del principio “ubi eadem ratio ibi eadem legis dispositio” che l’accordo di ripartizione degli oneri condominiali tra alienante ed acquirente a seguito della compravendita di una porzione immobiliare posta nel condominio non possa neppure opporsi al terzo che ha eseguito i lavori di straordinaria amministrazione in favore del condominio stesso, in quanto soggetto estraneo alle vicende negoziali intercorrenti tra i condòmini cedenti e quelli cessionari.

Pertanto, alla luce di tali argomentazioni, il condòmino moroso convenuto in giudizio è stato ritenuto l’effettivo titolare passivo dell’obbligazione, azionata nei suoi confronti da parte attrice, di pagamento della somma relativa alle opere di restauro del tetto, anche sulla base del fatto che la delibera assembleare con cui era stato disposto l’intervento di ristrutturazione era stata approvata quando lui stesso era già subentrato nella proprietà dell’unità immobiliare posta nel Condominio.

Come costantemente affermato dalla giurisprudenza della Suprema Corte, “in caso di vendita di una unità immobiliare in condominio, qualora l’approvazione della delibera di esecuzione dei lavori di straordinaria manutenzione sopravvenga soltanto successivamente alla stipula della vendita, l’obbligo del pagamento delle relative quote condominiali incombe sull’acquirente, non rilevando l’esistenza di una deliberazione programmatica e preparatoria adottata anteriormente a tale stipula” (Cass. n. 10235/13).

Sentenza
Scarica Trib. Firenze 13 aprile 2022 n. 1085

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