Revoca dell’assegnazione della casa coniugale all’ex moglie e azione personale di rilascio del bene
A cura della Redazione.
Si segnala la sentenza n.1650 del 13 aprile 2022 del Tribunale di Torino, in cui si riconosce all’ex coniuge proprietario della casa coniugale il diritto di agire per il rilascio dell’immobile detenuto sine titulo dall’ex moglie, a cui è stata revocata l’assegnazione per venire meno dei presupposti di legge.
Martedi 10 Maggio 2022 |
Il caso: Tizio conveniva in giudizio la sua ex moglie, Mevia, affinchè il Tribunale accertasse nei suoi confronti la revoca dell’assegnazione della casa coniugale in forza del decreto emesso dal Tribunale di Torino, Sezione Settima, in sede di giudizio di modifica delle condizioni di divorzio e, per l’effetto, che condannasse la convenuta al rilascio immediato dell’immobile medesimo, occupato senza titolo, oltre al pagamento della somma di Euro. 450,00 per ogni mese di occupazione, a titolo di indennità.
Per il Tribunale adito la domanda attorea deve essere accolta: sul punto viene precisato quanto segue:
a) la domanda è qualificata dallo stesso attore come azione personale di rilascio del bene nei confronti dell’ex moglie, per illegittima detenzione conseguente alla revoca dell’assegnazione della casa coniugale da cui sorge l’obbligo di restituzione (vd. Cass. n. 17491/2013: “L’attore che non chiede l’accertamento del suo diritto di proprietà e non agisce affermando che il convenuto è possessore del suo bene, ma che lo detiene senza titolo, esercita un’azione personale di restituzione per mancanza originaria o sopravvenuta del titolo ” );
b) la domanda volta ad ottenere il rilascio dell’immobile deve essere accolta non risultando che Mevia abbia un titolo in forza del quale possa detenere l’alloggi: parte convenuta, infatti, non si è costituita nel presente giudizio, così da non consentire una valutazione sulle ragioni che potrebbero legittimare la detenzione del bene discusso;
c) la richiesta di restituzione della casa coniugale da parte dell’attore risulta provata per documenti con le diffide regolarmente inviate alla parte convenuta a cui è seguito il rifiuto di Mevia di restituire l’immobile, come si desume dalla mancata risposta ad entrambe le missive, nonché dal contegno processuale della convenuta, la quale non costituendosi non ha contestato le allegazioni avversarie, abdicando quindi al proprio diritto di provare la sussistenza di un titolo legittimante la detenzione e la permanenza nell’immobile assegnato.;
d) analogamente, merita accoglimento la domanda volta ad ottenere la condanna al pagamento di una indennità di occupazione; infatti secondo un costante indirizzo della Suprema Corte di Cassazione “Nel caso di occupazione illegittima di un immobile, il danno subito dal proprietario, essendo collegato all’indisponibilità di un bene normalmente fruttifero, è oggetto di una presunzione relativa, che onera l’occupante della prova contraria dell’anomala infruttuosità di quello specifico immobile”;
e) l’ammontare del pregiudizio derivante dall’indisponibilità dell’unità immobiliare da parte dell’attore può essere determinato, sulla scorta di presunzioni semplici, utilizzando i valori immobiliari stabiliti per i contratti transitori nel medesimo comune e appare adeguato nella misura di Euro 400,00 al mese.