Azione revocatoria promossa dal condominio nei confronti del precedente amministratore
Quando un debitore non paga quanto dovuto al creditore, quest’ultimo può agire esperendo azioni di recupero dei crediti, anche ricorrendo al giudice affinché accerti il suo diritto.
Accertato in via definitiva il diritto di credito, sarà possibile procedere all’esecuzione forzata sui beni del debitore.
Preliminarmente sarà utile valutare la consistenza del patrimonio del debitore al fine di evitare che la pronuncia del Giudice si riveli inefficace per impossibilità di effettivo realizzo del credito.
Non di rado, il debitore volutamente provoca una diminuzione del proprio patrimonio compiendo atti dispositivi (vendita, cessione di beni, donazione etc.) con pregiudizio delle ragioni dei suoi creditori.
A tutela dei diritti di credito, l’ordinamento ha previsto l’istituto della revocatoria ordinaria, al fine di permettere al creditore di ottenere la conservazione della garanzia patrimoniale del debitore.
In sostanza, con l’azione revocatoria ordinaria, il creditore chiede al Tribunale che siano dichiarati inefficaci nei suoi confronti gli atti di disposizione del patrimonio (donazioni, vendite etc.) con i quali il debitore rechi pregiudizio alle sue ragioni, ove sussistano determinati requisiti stabiliti nell’art. 2901 c.c.
Situazioni debitorie possono verificarsi anche in ambito condominiale ove, non di rado, si riscontrano ammanchi di cassa tali da legittimare il Condominio ad agire nei confronti dell’amministratore per il recupero del proprio credito.
Certamente il credito vantato dal Condominio nei confronti dell’amministratore dovrà essere accertato sicché, ottenuto il titolo esecutivo, il Condominio potrà esperire nei confronti del predetto debitore tutte le opportune azioni volte a recuperare, anche coattivamente, quanto di propria legittima spettanza.
Come può agire il Condominio di fronte ad un patrimonio del debitore (nello specifico, il precedente amministratore di condominio) che si riveli incapiente per avere questi conferito in donazione ad un terzo l’unico bene in proprietà?
La risposta al quesito ci viene offerta da una recente sentenza, n. 2239/2022 del Tribunale di Bari che, chiamato a pronunciarsi sulla domanda per azione revocatoria promossa da un Condominio nei confronti del precedente amministratore, ha ritenuto la donazione, da quest’ultimo effettuata, della nuda propietà del proprio immobile, inefficace in quanto effettuata con lo scopo di pregiudicare le ragioni creditorie del Condominio.
La pronuncia in esame è interessante poiché facendo governo dei principi generali in materia di revocatoria ordinaria, il Tribunale ha accertato la sussistenza dei requisiti richiesti per l’esperimento della predetta azione, nel caso specifico a garanzia del proficuo recupero del credito del Condominio costituito dagli ammanchi di cassa nel periodo di gestione del precedente amministratore.
Azione revocatoria promossa dal Condominio nei confronti del precedente amministratore. La vicenda
Un Condominio conveniva in giudizio il precedente amministratore e sua madre affinché venisse dichiarato
inefficace nei suoi confronti, ai sensi degli artt. 2901 e ss. c.c., l’atto pubblico di donazione a mezzo del quale aveva ceduto a titolo gratuito in favore della propria madre, la nuda proprietà dell’unico immobile a lui intestato.
In particolare, lamentava che tale atto dispositivo aveva pregiudicato le ragioni di credito del Condominio derivanti dagli ammanchi di cassa nella situazione contabile ed amministrativa nel periodo in cui il convenuto era stato amministratore.
Costituitisi in giudizio i convenuti, esperite eccezioni preliminari di rito e di merito, deducevano l’infondatezza della domanda attorea insistendo per il rigetto.
Nel merito, si dava atto che tra le medesime parti era stato instaurato altro giudizio volto all’accertamento del credito vantato dal Condominio nei confronti del precedente amministratore; giudizio conclusosi in appello con conferma dell’esistenza di un credito del Condominio nei confronti del debitore predetto e statuizione circa l’entità del dovuto.
Il Tribunale, in sede di azione revocatoria, avendo accertato che l’atto di donazione posto in essere in favore della madre del debitore del Condominio era sorto successivamente alla ragione di credito, ha ritenuto che tale disposizione fosse stata effettuata al solo scopo di recare un pregiudizio agli interessi del creditore Condominio.
Vediamo i requisiti necessari affinchè possa positivamente esperirsi l’azione revocatoria dell’atto dispositivo, quale nella specie la donazione e le ragioni per le quali il Tribunale li ha ritenuti sussistenti nel caso di specie accogliendo la domanda attorea.
I requisiti necessari per l’esperimento dell’azione revocatoria. Le ragioni della decisione
I presupposti per l’esperimento dell’azione revocatoria, anche detta actio pauliana sono:
– il diritto di credito verso il debitore;
– l’atto dispositivo del debitore;
– l’eventus damni: ossia un serio pregiudizio per le ragioni creditorie derivante dal compimento dell’atto disposizione tale da influire negativamente sul patrimonio del debitore;
– la scientia fraudis ( o damni): ossia la consapevolezza del debitore del pregiudizio inferto con l’atto di disposizione alle ragioni dei creditori, ed in caso di atto anteriore al sorgere del credito, la dolosa preordinazione dell’atto al fine di pregiudicare il soddisfacimento del credito.
Nel caso di atto dispositivo a titolo oneroso, è necessario un ulteriore presupposto consistente nella:
– partecipatio fraudis del terzo: che deve essere partecipe della consapevolezza del pregiudizio arrecato dell’atto al debitore.
Nel caso in esame, il Tribunale ha ritenuto sussistenti i suddetti requisiti richiesti per l’atto di donazione partendo dal presupposto che esso è un contratto non a titolo oneroso ma che il donante esegue per mero spirito di liberalità.
Quanto all’eventus damni, era emersa in sede di trattazione, l’esistenza del pregiudizio per le ragioni del creditore Condominio costituito dall’atto di donazione posto in essere nelle more del giudizio di accertamento del credito.
Di fronte all’eccezione del debitore secondo cui il credito non era stato ancora accertato al momento della proposizione della domanda di revocatoria, il Tribunale ha rammentato l’orientamento giurisprudenziale secondo cui “ai fini dell’esperimento di un’azione revocatoria non è richiesta la sussistenza di un credito certo, liquido ed esigibile, potendo essere sufficienti anche i crediti litigiosi o comunque oggetto di contestazione” ( cfr. Cass. n. 4212/2020).
Ad ogni buon conto, nella specie, il credito era stato accertato nel corso di altro giudizio, quasi parallelo al giudizio di revocatoria, e successivamente era stato confermato in appello. Tali pronunce in primo e secondo grado avevano non solo accertato l’esistenza del credito ma anche statuito circa la sua quantificazione.
Il Tribunale di Bari ha altresì evidenziato come sia ormai pacifico in giurisprudenza che, affinché possa ravvisarsi il requisito dell’eventus damni, “è sufficiente anche solo che, con l’atto di disposizione del patrimonio, si determini il pericolo di una diminuzione del patrimonio del debitore o si limiti o si renda più difficile la possibilità, per il creditore, di ottenere coattivamente la realizzazione del proprio credito” (ex
multis, Cass., 18.10.2011, n. 21492; Cass., 18.11.2010, n. 23263).
Per quel che riguarda il requisito soggettivo, la c.d. scientia damni, nel caso di specie, il Tribunale ha ritenuto che il debitore, avendo rivestito la carica di amministratore del Condominio negli anni precedenti all’instaurazione del giudizio in revocatoria, non poteva non essere a conoscenza della somma mancante al medesimo condominio durante la sua gestione e ben poteva intendere che il Condominio avrebbe agito esecutivamente nei propri confronti.
Trattandosi di donazione, ossia di un atto dispositivo a titolo gratuito posto in essere successivamente al sorgere della “ragione di credito”, è sufficiente la prova della generica ma effettiva consapevolezza del disponente di recare un pregiudizio agli interessi del creditore.
Sicchè, il Tribunale ha ritenuto sussistente la scientia damni in capo al debitore risultando evidente che l’atto di donazione fosse stato posto in essere nella consapevolezza che, a seguito di tale atto, il suo patrimonio sarebbe divenuto incapiente.
D’altronde la giurisprudenza è unanime nel ritenere che, per evitare la presunzione di lesività ed il relativo pregiudizio, il debitore è tenuto a provare il motivo dell’atto di donazione oltre che a dimostrare che il proprio patrimonio residuo sia sufficiente a soddisfare le ragioni del creditore (Corte d’Appello Milano sent. n. 1936/2020, Trib. Potenza sent. n. 219/2022); prova che nella vicenda in esame non è stata fornita non avendo il convenuto-debitore provato di essere in grado, col suo patrimonio residuo, di soddisfare il credito vantato dal Condominio né tantomeno motivato le ragioni della donazione.
Sentenza
Scarica Trib. Bari 8 giugno 2022 n. 2239