Per i cupi ululati e continui e fastidiosi guaiti il condomino risarcisce il vicino
La presenza di cani in condominio può generare conflitti anche in relazione all’utilizzo delle parti comuni.
A tale proposito si deve precisare che il diritto di cui è titolare ciascun condomino di usare e godere delle cose di proprietà comune a suo piacimento trova limite nel pari diritto di uso e di godimento degli altri condomini.
Pertanto, l’usare gli spazi comuni di un edificio in condominio, facendovi circolare il proprio cane senza le cautele richieste dall’ordinario criterio di prudenza, può costituire una limitazione non consentita del pari diritto che gli altri condomini hanno sui medesimi spazi, se risulti che la mancata adozione delle suddette cautele impedisce loro di usare e godere liberamente di tali spazi comuni.
Cani e cupi ululati e continui e fastidiosi guaiti
Appena il padrone lascia l’abitazione non è raro che i guaiti di un cane disturbino gli altri condomini.
Naturalmente bisogna ridurre al minimo le occasioni di disturbo, anche se la natura del cane non può essere coartata al punto da impedirgli del tutto di abbaiare e che episodi saltuari di disturbo da parte dell’animale possono e devono essere tollerati dai vicini, in nome dei principi del vivere civile.
Al contrario le immissioni di rumore provocate dall’abbaiare continuo del cane non occasionale, ma continuo sia di giorno che di notte, anche fino a tarda ora, non può che risultare intollerabile.
Sul piano probatorio l’entità delle immissioni rumorose e il superamento del limite della normale tollerabilità può essere oggetto di consulenza tecnica o di deposizione testimoniale (anche in relazione agli orari e alle caratteristiche delle immissioni stesse), spettando poi al giudice valutare, oltre l’attendibilità, anche la congruità delle dichiarazioni rese dai testimoni).
Il risarcimento del danno: la sentenza n. 23408/22
Se l’esistenza delle immissioni illegittime risulterà accertata, il giudice ordinerà al responsabile di adottare le necessarie misure per far cessare i rumori molesti, condannandolo al risarcimento degli eventuali danni anche non patrimoniali (che risultano sempre sussistenti e non abbisognano di specifica prova).
In ogni caso non si possono escludere danni alla salute giacché l’esposizione prolungata ai latrati del cane, soprattutto se questi si avvertono nelle ore notturne, può anche creare dei danni permanenti alla salute psicofisica.
Recentemente un condomino è stato condannato prima dal Tribunale e poi dalla Corte di Appello a risarcire il danno alla salute procurato al vicino disturbato da “cupi ululati e continui e fastidiosi guaiti specie nelle ore notturne emessi dai cani dei vicini collocati sul terrazzo dell’abitazione e sul terreno comune del fabbricato”.
Per i giudici di merito era provato che il vicino avesse perso la capacità lavorativa tanto da essere stato licenziato. La Cassazione ha confermato le decisioni di primo e secondo grado.
Del resto i giudici supremi hanno notato come il proprietario dei cani non fosse riuscito a dimostrare che il licenziamento era avvenuto a causa del superamento del periodo di comporto (Cass. civ., Sez. III, 27/07/2022, n. 23408).
Non è stata accolta perciò la richiesta del vicino che chiedeva una rivalutazione integrale della vicenda (che in sede di legittimità non è possibile).
In ogni caso bisogna ricordare che il proprietario di un animale o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso, è responsabile dei danni cagionati dall’animale, sia che fosse sotto la sua custodia, che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito (2052 c.c.).
Il disturbo della quiete pubblica
L’art. 659 c.p., prevede che chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche, ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturbi le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, sia punito con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a euro 309.
Per affermare la sussistenza di questo reato è necessario procedere all’accertamento della natura dei rumori prodotti dal soggetto agente e alla loro diffusività, che deve essere tale da far risultare gli stessi rumori idonei ad arrecare disturbo ad un numero rilevante di persone e non soltanto a chi ne lamenta il fastidio.
ll reato di cui all’articolo 659 del c.p. è possibile anche in relazione all’abbaiare dei cani, poiché la norma incriminatrice impone ai padroni degli animali di impedirne lo strepito, senza che possa essere invocato, in senso contrario, un “istinto insopprimibile” ad abbaiare dell’animale per sostenere l’insussistenza del reato.
Pertanto, se si decide di tenere degli animali, è necessario non solo accudirli, ma anche porre in essere tutta una serie di accorgimenti tali da impedire che “il normale essere degli animali” rechi disturbo alla vita delle altre persone che vivono e lavorano nelle vicinanze.
Sentenza
Scarica Cass. 27 luglio 2022 n. 23408