Danno da occupazione sine titulo: la natura fruttifera del bene è rilevante?
Nel caso sottoposto al vaglio del Tribunale di Busto Arsizio, si è discusso di un’occupazione di un immobile senza titolo. In particolare, nella circostanza oggetto della decisione in commento, l’appropriazione è emersa a seguito di un’azione per regolamento di confini e l’illecito ha riguardato solo una piccola porzione di un cespite.
Sta di fatto che anche in tale occasione è stato chiesto il risarcimento del danno. Perciò, anche in questa lite giudiziaria, il magistrato adito è stato chiamato a stabilire se il pregiudizio da occupazione sine titulo doveva essere riconosciuto, automaticamente, o se, invece, sarebbe stato necessario dimostrare in concreto il danno subito.
Sto parlando della sentenza n. 1186 del 2 agosto 2022.
Pertanto, non mi resta che illustrare il caso concreto prima di approfondire la questione di merito che ha caratterizzato questa lite.
Danno da occupazione sine titulo: la natura fruttifera del bene è rilevante? Il caso concreto
Secondo la tesi del proprietario di un’abitazione con annesso giardino, il confinante condominio si era, indebitamente, appropriato di una parte dell’immobile.
In particolare, ciò era avvenuto mediante recinzione dell’area de quo che era, quindi, stata inglobata nel passaggio comune e nella rampa di accesso ai box del fabbricato.
Nello specifico, la descritta circostanza emergeva confrontando lo stato dei luoghi con le risultanze catastali delle aree interessate.
Non essendo intervenuta alcuna conciliazione sulla questione, la lite si spostava dinanzi al competente Tribunale di Busto Arsizio, dove l’attore esperiva un’azione per regolamento di confini. Lo scopo era quello di ottenere il ripristino dello status quo ante all’occupazione sine titulo, a cura e spese del convenuto condominio.
Inoltre, l’istante proprietario chiedeva un risarcimento del danno, secondo lui causato, inevitabilmente, dalla descritta appropriazione.
Egli, però, quantificava il pregiudizio in forma del tutto sommaria e senza ancorarlo ad una concreta ed effettiva perdita patrimoniale.
La lite così incardinata si caratterizzava dell’inevitabile CTU, alla quale era affidato il compito di verificare l’esatta linea di confine tra le due proprietà e, perciò se e in che misura la parte convenuta avesse occupato, seppur parzialmente, l’immobile altrui.
Al termine dell’istruttoria, il Tribunale ha accolto la domanda, poiché il condominio si era, effettivamente, appropriato di un pezzettino del giardino dell’attore. Perciò, ha disposto che fossero ripristinati gli esatti confini tra i due cespiti e che fosse recuperata l’area interessata, a cura e spese del convenuto. L’ufficio lombardo ha, invece, negato ogni risarcimento del danno.
Azione di regolamento di confini e il potere dispositivo del giudice
Il codice civile sancisce, chiaramente, il diritto per ciascuno dei proprietari dei fondi limitrofi di risolvere, giudizialmente, l’incertezza sui confini «Quando il confine tra due fondi è incerto, ciascuno dei proprietari può chiedere che sia stabilito giudizialmente (art. 950 co. 1 cod. civ.)».
Si afferma, quindi, che tale azione sia una vindicatio incertae partis, poiché su entrambe le parti del procedimento incombe l’onere di provare l’esatto confine.
Tali prerogative, come precisato dalla sentenza in commento, condizionano anche il potere dispositivo e di accertamento del giudice. In tal caso, esso è molto più ampio del solito, visto che «l’azione di regolamento di confini si configura come vindicatio incertae partis, nella quale incombe su entrambe le parti l’onere di allegare e fornire qualsiasi mezzo di prova idoneo all’individuazione dell’esatta linea di confine.
Il giudice, quanto agli elementi di prova utilizzabili, dispone di poteri più ampi di quelli normalmente spettanti nelle controversie di rivendica e di accertamento della proprietà, essendo svincolato dall’osservanza del principio “actore non probante reus absolvitor”, poiché come detto l’onere di provare grava su entrambi le parti»
In particolare, come si legge nella decisione del Tribunale di Busto Arsizio, nella presente azione, il giudice, tra gli elementi che emergono durante l’istruttoria, può scegliere quelli più decisivi e concordanti, valutando le risultanze delle mappe ed avvalendosi di una CTU per ricostruire lo stato dei luoghi in conformità a quanto emerge dal catasto.
Infine, il magistrato, nel giudizio complessivo, non può ignorare i titoli di provenienza delle parti e le misure riportate nelle planimetrie allegate alle compravendite e/o agli atti di frazionamento.
Danno da occupazione sine titulo: irriconoscibile se il bene è infruttfero
In occasione del procedimento in esame, l’ufficio lombardo, nel richiamare la giurisprudenza della Cassazione sull’argomento, ricorda che le decisioni che riconoscono, automaticamente, il danno da occupazione sine titulo, fondano tale conclusione su un assunto ben preciso: l’immobile deve essere, intrinsecamente, idoneo a produrre un reddito e/o un’utilità, anche attraverso la concessione del suo godimento a terzi in cambio di un corrispettivo (Cass. n. 24948/2018).
Nel caso concreto, invece, si è visto che il cespite oggetto del regolamento di confini, era stato occupato dal convenuto condominio, soltanto in minima parte, cioè per pochi metri quadri di giardino.
Insomma, l’indebita sottrazione aveva riguardato una porzione di immobile che, per caratteristiche e dimensioni, mai avrebbe potuto essere sfruttata, economicamente, dal proprietario. Per questo motivo, nel caso de quo, nemmeno aderendo alla tesi del danno in re ipsa da occupazione abusiva, era possibile riconoscere un qualsivoglia pregiudizio.
Ecco spiegata la ragione del rigetto di una domanda risarcitoria ingiustificata sia nell’an che nel quantum.
Sentenza
Scarica Trib. Busto Arsizio 2 agosto 2022 n. 1186