Cavillature, esfoliazioni e fessurazioni dell’intonaco della facciata: un grave difetto
In tali casi bisogna intervenire con urgenza ma il condominio potrebbe ancora rivalersi sul costruttore. Molto spesso tali problemi dipendono dall’utilizzo di materiali non appropriati o comunque da lavori non eseguiti a regola d’arte.
Merita di essere ricordato che secondo l’articolo 1669 c.c. se, nel corso di dieci anni dalla realizzazione, il caseggiato, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti, l’appaltatore è responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, purché sia fatta la denunzia entro un anno dalla scoperta e il diritto del committente si prescrive in un anno dalla denunzia stessa.
La responsabilità del costruttore ex art. 1669 c.c., ricorre non solo nel caso di avvenuta rovina totale o parziale dell’edificio o di attuale pericolo certo ed effettivo che in un futuro più o meno prossimo possa verificarsi la rovina totale o parziale, ma anche nei casi di “gravi difetti” della costruzione, che può anche consistere in un’alterazione che, pur non interessando direttamente le strutture portanti dell’edificio, incida notevolmente sulla sua funzionalità, menomandone sensibilmente il godimento e la funzione economica, ovvero impedendo che essa fornisca l’utilità a cui è destinato (Cass. civ., sez. II, 29/11/1996, n. 10624: fattispecie inerente il distacco di una notevole parte dell’intonaco esterno del fabbricato).
Sul tema merita di essere segnalata una decisione della Cassazione (sentenza n. 22788 del 12 settembre 2019).
Cavillature, esfoliazioni e fessurazioni dell’intonato della facciata e gravi difetti: la vicenda
Un condominio citava a comparire dinanzi al tribunale il costruttore del caseggiato, lamentando che il palazzo, a causa della scarsa qualità dei materiali impiegati e dell’imperfetta posa in opera degli stessi, presentava evidenti segni di disfacimento del rivestimento plastico esterno; di conseguenza richiedeva che si accertasse la responsabilità ex art. 1669 c.c. del costruttore, con condanna al risarcimento dei danni.
Il Tribunale, alla luce della c.t.u., che dava piena ragione ai condomini, condannava il costruttore a risarcire il condominio, con rivalutazione, interessi e spese di lite.
La Corte d’Appello confermava la decisione di primo grado, notando come il disfacimento del rivestimento esterno, esteso ad ampia porzione della facciata dello stabile condominiale, fosse da attribuire alla circolazione d’acqua all’interno della muratura dovuta a difetti costruttivi, vizio che dava senz’altro luogo all’operatività della garanzia ex art. 1669 c.c.; il costruttore ricorreva in cassazione facendo presente che i pretesi vizi interessavano esigue porzioni della facciata dello stabile o comunque parti decorative non strutturali.
Inoltre aggiungeva che i distacchi erano soprattutto dovuti all’incuria ed all’ordinaria usura, accentuata dalla vicinanza del mare e all’inidoneità dei pluviali che i condomini avrebbero dovuto sostituire.
La decisione: il ruolo dell’amministratore
La Cassazione ha ritenuto condivisibili le motivazioni della Corte d’Appello.
I giudici supremi infatti sottolineano che ai fini della responsabilità dell’appaltatore ex art. 1669 c.c., costituiscono gravi difetti dell’edificio non solo quelli incidenti sulla struttura e sulla funzionalità dell’opus, ma anche i vizi costruttivi che incidono apprezzabilmente il normale godimento della cosa o impediscono che questa fornisca l’utilità cui è destinata, come il crollo o il disfacimento del rivestimento esterno dell’edificio.
A fronte di tali problemi si impone un’azione di responsabilità per gravi difetti nei confronti del costruttore o appaltatore, per cui è abilitato, oltre ai condomini, l’amministratore del condominio, a norma degli artt.1130, n.4, e 1131, comma 1, c.c., non essendo, pertanto, necessaria una delibera autorizzativa della collettività condominiale.
Infatti, la disposizione del n. 4 dell’art.1130 c.c. non va interpretata nel senso che l’amministratore possa chiedere soltanto misure cautelari, bensì si riferisce a tutti gli atti diretti a conservare l’esistenza delle parti comuni e, quindi, legittima l’amministratore a proporre l’azione di cui all’art.1669 c.c. contro l’appaltatore, diretta a rimuovere i gravi difetti della costruzione che possano porre in pericolo la sicurezza dell’edificio condominiale, senza la preventiva autorizzazione dell’assemblea dei condomini (Cass. civ., sez. II, 31/1/2018, n. 2436).
Merita di essere precisato che l’amministratore è legittimato a promuovere l’azione di responsabilità, ai sensi dell’art. 1669 c.c., nei confronti del costruttore a tutela dell’edificio nella sua unitarietà, in un contesto nel quale i pregiudizi derivano da vizi relativi alle parti comuni dell’immobile, ancorché interessanti di riflesso anche quelle costituenti proprietà esclusive di condomini, ed a chiederne la relativa rimozione, eliminandone radicalmente le comuni cause o condannando il costruttore alle relative spese (Cass. civ., sez. II, 08/11/2010, n. 22656).
Sentenza
Scarica Cass 12 settembre 2019 n. 22788