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Un ex amministratore può proporre giudizio di appello nel caso di inerzia del condominio?

Con ordinanza emessa in data 12 agosto 2022, n. 24806, la Corte di Cassazione, Sezione VI, si è pronunciata su tre motivi di censura in virtù di ricorso di un ex amministratore di condominio, afferente una impugnativa a delibera condominiale intrapresa da un condomino relativa ad una delibera dell’1.12.2004, per mancato ricevimento dell’l’avviso di convocazione, che proponeva innanzi al Tribunale di Santa Maria Capua a Vetere; si costituiva il condominio, nonché l’ex amministratore, attraverso un intervento volontario, per sostenere l’infondatezza della domanda attorea.

Il giudice di primo grado accoglieva la domanda ed annullava la delibera impugnata, con sentenza del 25 settembre 2017, con condanna alle spese sia del condominio che dell’ex amministratore intervenuto.

Il detto interventore adesivo impugnava la sentenza innanzi alla Corte di appello di Napoli, invece il condominio rimaneva contumace.

Il giudice del gravame dichiarava inammissibile l’appello proposto dall’appellante-ex amministratore e condannava lo stesso alla soccombenza delle spese processuali, con sentenza del 16 settembre 2021, n. 3353.

Avverso la decisione del giudice del gravame, l’appellante- ex amministratore proponeva ricorso in cassazione adducendo tre motivi. Resisteva solo il condomino e non il condominio.

I motivi del ricorso

Con il primo motivo, il ricorrente deduceva la nullità della sentenza ex artt. 132, comma 1, n. 4, c.p.c. e 74 disp. att. c.p.c., per omessa valutazione delle prove documentali.

Con il secondo motivo il ricorrente eccepiva la violazione, erronea e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e omesso esame circa un fatto decisivo, non avendo la Corte d’appello valutato che il Condominio aveva mostrato col proprio comportamento processuale totale disinteresse alla vicenda, sicché l’intervento dell’ex amministratore era da ritenersi “autonomo”. Veniva contestata la soccombenza delle spese di lite.

Con il terzo motivo lamentava la violazione, erronea e/o falsa applicazione degli artt. 115, 116 e 416 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., sempre per mancato esame della documentazione depositata, che avrebbe dimostrato anche la tardività dell’impugnazione ex art. 1137 c.c.

La Suprema Corte riteneva che i tre motivi di ricorso fossero esaminati congiuntamente, in quanto connessi, però tutti da dichiararsi inammissibili.

Ragioni dell’inammissibilità del ricorso.

La Cassazione precisava che i motivi del ricorso erano sprovvisti dei caratteri di tassatività e specificità imposti dagli artt. 360 e 366, comma 1, n. 4, c.p.c., riducendo il tutto ad una critica generica della sentenza impugnata, formulata sotto una molteplicità di profili tra loro confusi e inestricabilmente combinati.

Infatti, con riferimento al vizio di violazione o falsa applicazione di norme di diritto, previsto dall’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., mancavano specifiche argomentazioni, volte a dimostrare il contrasto con ciascuna delle norme individuate dal ricorrente come regolatrici della fattispecie.

Anche il denunciato omesso esame delle risultanze probatorie documentali, ma non si specificava, nel rispetto delle previsioni degli artt. 366, comma 1, n. 6 e 369, comma 2, n. 4 c.p.c., quale fosse il fatto storico, il cui esame sia stato omesso, il dato, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il come e il quando tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua decisività.

D’altro canto il ricorrente sosteneva che avrebbe voluto dimostrare la tardività dell’impugnazione del condomino, ma la decadenza dal diritto di impugnare la deliberazione assembleare dei condomini dinanzi all’autorità giudiziaria, ai sensi dell’art. 1137 c.c., costituisce oggetto di eccezione in senso stretto che doveva far valere in sede di costituzione tempestiva ex art. 166 c.p.c. il convenuto condominio.

Perciò la pronuncia della Corte d’appello di Napoli contiene le argomentazioni rilevanti per individuare e comprendere le ragioni, in fatto e diritto, della decisione adottata.

In altri termini, i tre motivi di ricorso non superano nemmeno lo scrutinio dell’art. 360 bis, n. 1 c.p.c., atteso che la Corte territoriale partenopea aveva deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Suprema Corte e la disamina delle citate censure non offre e elementi per mutare tale orientamento.

La legittimazione passiva del condominio.

Va analizzato l’aspetto precisato dagli ermellini che all’amministratore di condominio spetta, in via esclusiva, la legittimazione passiva a resistere in giudizi promossi dai condomini per l’annullamento delle delibere assembleari, ove queste non attengono a diritti sulle cose comuni (Cass. civ. sez. II, 20 aprile 2005, n. 8286; Cass. civ. sez. II, 14 dicembre 1999, n. 14037; Cass. civ. sez. II, 19 novembre 1992, n. 12379).

Sicché, la legittimazione esclusiva dell’amministratore di condominio nei giudizi promossi dal condomino dissenziente, assente o astenutosi rispetto alla relativa deliberazione assembleare discende dal fatto che la controversia ha per oggetto un interesse comune dei condomini, ancorché in opposizione all’interesse particolare di uno di essi. Da ciò, consegue che, nelle controversie concernenti impugnativa ex art. 1137 c.c. delle deliberazioni dell’assemblea, nelle quali è unico legittimato passivo l’amministratore di condominio, non è ammissibile il gravame avanzato da un soggetto, nella specie l’ex amministratore condominiale, intervenuto adesivamente alle posizioni del condominio, nel senso di richiedere il rigetto della declaratoria di invalidità della delibera invece pretesa dall’attore, avverso la sentenza che abbia visto soccombente il condomino stesso.

Limiti alla legittimazione passiva dell’amministratore

L’interventore adesivo dipendente non può proporre alcuna impugnativa a delibera

Dunque la Corte d’appello di Napoli ha giustamente deciso che l’intervento operato dall’ex amministratore nel giudizio di impugnazione della deliberazione assembleare dell’1.12.2004, per sostenere la validità della deliberazione impugnata, si connota come intervento adesivo dipendente, in applicazione dell’art.105, comma 2, c.p.c., dove . poteri dell’intervenuto sono poi limitati all’espletamento di una attività accessoria e subordinata a quella svolta dalla parte adiuvante.

In particolare, in caso di acquiescenza del condominio, interventore adesivo dipendente non può proporre alcuna autonoma impugnazione, né in via principale né in via incidentale (cfr. Cass civ. sez. II, 4 febbraio 2021, n. 2636; Cass civ. S.U. 17 aprile 2012, n. 5992). Né, tantomeno, vale a costituire un’autonoma posizione processuale di parte nel giudizio ex art. 1137 c.c. in capo all’interventore, la circostanza che il condominio fosse rimasto inizialmente contumace e si fosse poi costituito rimettendosi alle determinazioni del giudice, senza proporre eccezioni e senza avanzare difese alla domanda proposta.

In sostanza, l’intervento volontario in causa si qualifica si qualifica come principale o come adesivo in relazione al diritto relativo all’oggetto del processo ed al titolo in questo dedotto, non in ragione del comportamento processuale assunto dalle parti originarie del giudizio.

Pertanto, all’interventore adesivo si applicano gli artt. 91 e 92 c.p.c., potendo essere anche condannato alle spese in caso di soccombenza della parte adiuvata (Cass. civ. S.U. 30 ottobre 2019, n. 27846).

Per la Suprema Corte il ricorso andava dichiarato inammissibile, non dovendosi regolare le spese del giudizio di cassazione in quanto gli intimati non avevano svolto attività difensiva.

In conclusione, la Suprema Corte dichiarava il ricorso inammissibile.

Sentenza
Scarica Cass. 12 agosto 2022 n. 24806

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