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Il potere d’ufficio del giudice di disporre le indagini tributarie nella separazione: i presupposti

La Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 22616/2022 fa chiarezza circa l’individuazione dei redditi e delle consistenze economiche da valutare in un giudizio di separazione ai fini della quantificazione dell’assegno di mantenimento.

Mercoledi 31 Agosto 2022

Il caso: Il Tribunale di Milano dichiarava la separazione personale dei coniugi Tizio e Mevia, addebitandola al marito; assegnava la casa coniugale alla moglie, quale genitore convivente con il figlio maggiorenne non autosufficiente economicamente; poneva a carico del marito l’obbligo di contribuire al mantenimento del figlio, mediante il versamento alla madre della somma di Euro 1.200,00 mensili, da rivalutarsi annualmente, oltre al pagamento del 100% delle spese straordinarie; stabiliva in favore della moglie un assegno di mantenimento di Euro 1.300,00 mensili, da rivalutarsi annualmente; compensava, in parte, le spese di lite.

Mevia ricorreva in appello, contestando la statuizione di primo grado nella parte in cui, ai fini della determinazione del tenore di vita familiare e delle effettive condizioni economiche del marito, aveva escluso qualsivoglia rilevanza ai redditi derivanti dall’attivita’ libero professionale del marito asseritamente non dichiarati al fisco; insisteva quindi sia per l’accoglimento dell’ordine di esibizione, formulata in primo grado, sia sul compimento di accertamenti di polizia tributaria.

La Corte distrettuale rigettava l’appello, rilevando che:

a) l’eventuale disponibilita’ di entrate sottratte all’imposizione fiscale, di cui tutto il nucleo familiare aveva in passato beneficiato, non poteva essere preso a parametro di riferimento per determinare l’assegno spettante al coniuge separato e al figlio;

b) non erano necessari indagini di polizia tributaria e ulteriori approfondimenti istruttori mediante ordini di esibizione ex articolo 210 c.p.c., escludendo anche il ricorso alle presunzioni gravi, precise e concordanti, sul presupposto che le eventuali entrate sottratte all’imposizione fiscale non potevano costituire parametro di riferimento del tenore di vita familiare.

Mevia ricorre quindi in Cassazione, che, nell’accogliere il ricorso, osserva quanto segue:

– cio’ che rileva, ai fini della determinazione degli assegni di mantenimento del coniuge e dei figli in sede di separazione, e’ l’accertamento del tenore di vita condotto dai coniugi quando vivevano insieme, a prescindere, pertanto, dalla provenienza delle consistenze reddituali o patrimoniali da questi ultimi godute, assumendo rilievo anche i redditi occultati al fisco, in relazione ai quali l’ordinamento prevede, anzi, strumenti processuali, anche ufficiosi, che ne consentano l’emersione ai fini della decisione.

– le indagini della polizia tributaria hanno proprio tale funzione, posto che, di fronte a risultanze incomplete o inattendibili, il giudice ha la possibilita’ di fare ricorso, anche d’ufficio, a tale mezzo di ricerca della prova, poiche’ l’occultamento di risorse economiche rende per definizione estremamente difficile la dimostrazione della realta’ delle stesse in base alle regole dell’ordinario riparto dell’onere della prova, rischiando di pregiudicare il diritto di difesa di chi ha interesse alla loro emersione processuale;

– se pertanto la parte offre elementi concreti e specifici a sostegno della richiesta di indagini della polizia tributaria, il giudice di merito non puo’ rigettare la richiesta e, nel contempo, rigettare anche le domande su di essa fondate.

Da tali considerazioni discende il seguente principio di diritto: “Nei giudizi di separazione giudiziale dei coniugi, il potere di disporre indagini della polizia tributaria, derivante dall’applicazione analogica della L. n. 898 del 1970, articolo 5, comma 9, costituisce una deroga alle regole generali sul riparto dell’onere della prova, il cui esercizio e’ espressione della discrezionalita’ del giudice di merito che, pero’, incontra un limite in presenza di fatti precisi e circostanziati in ordine all’incompletezza o all’inattendibilita’ delle risultanze fiscali acquisite al processo. In tali casi, il giudice ha il dovere di disporre le indagini della polizia tributaria, non potendo rigettare le domande volte al riconoscimento o alla determinazione dell’assegno, fondate proprio sulle circostanze specifiche che avrebbero dovuto essere verificate per il tramite delle menzionate indagini”.

Allegato:

Cassazione civile ordinanza n.22616 2022

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