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Aperture su muro di confine: come stabilire se sono "LUCI" o "VEDUTE"?

Le finestre o altre aperture sul fondo del vicino sono di due specie: luci, quando danno passaggio alla luce e all’aria, ma non permettono di affacciarsi sul fondo del vicino; vedute o prospetti, quando permettono di affacciarsi e di guardare di fronte, obliquamente o lateralmente. È quanto previsto e stabilito dall’art. 900 c.c. rubricato “specie di finestre”.

La principale differenza tra le due specie consiste nella possibilità di guardare o meno sul fondo del vicino. Le vedute, infatti, consentono: l’inspectio, ossia la possibilità di guardare frontalmente il fondo del vicino; la prospectio, ossia la possibilità di sporgere il capo sul fondo altrui, non solo frontalmente ma anche obliquamente e lateralmente.

Conseguetemente, in base a come avviene l’affaccio le vedute si distinguono in dirette, oblique o laterali.

Le luci che si aprono sul fondo del vicino devono avere determinate caratteristiche previste dall’art. 901 c.c. tant’è che la violazione delle regole imposte dalla disciplina sull’altezza e sicurezza delle luci comporta la possibilità per il vicino di chiedere la loro regolarizzazione.

Spetta al giudice il compito di stabilire la natura dell’apertura valutando la sussistenza dei requisiti richiesti dalla normativa nonché stabilire l’eventuale configurabilità di un diritto di veduta nel singolo caso di specie.

Un caso recentemente deciso dal Tribunale di Roma, con sentenza n. 11345 del 15 luglio 2022, costituisce un valido esempio per analizzare la disciplina relativa alla differenza tra luci e vedute nonché al diritto di veduta.

Aperture su muro di confine: come stabilire se sono “LUCI” o sono “VEDUTE”? Le caratteristiche

Le luci devono avere le seguenti caratteristiche, per come prescritto dall’art. 901 c.c.:

1) essere munite di un’inferriata idonea a garantire la sicurezza del vicino e di una grata fissa in metallo le cui maglie non siano maggiori di tre centimetri quadrati;

2) avere il lato inferiore a un’altezza non minore di due metri e mezzo dal pavimento o dal suolo del luogo al quale si vuole dare luce e aria, se esse sono al piano terreno, e non minore di due metri se sono ai piani superiori;

3) avere il lato inferiore a un’altezza non minore di due metri e mezzo dal suolo del fondo vicino, a meno che si tratti di locale che sia in tutto o in parte a livello inferiore al suolo del vicino e la condizione dei luoghi non consenta di osservare l’altezza stessa.

L’ articolo 902 c.c. consente al vicino di esigere che “le luci che si aprono sul proprio fondo siano conformi alle prescrizioni di cui all’art. 901 c.c.”.

Nel caso di specie, il Condominio ha agito a tutela della proprietà ed in forza di quanto previsto dal suddetto art. 902 c.c. affinchè venissero accertate le caratteristiche delle aperture site sul muro di confine tra la proprietà condominiale e la proprietà dell’appartamento confinante nonché venisse accertato il mutamento della natura delle aperture, da “luci” a “vedute”.

L’espletato accertamento tecnico svolto in sede giudiziale ha consentito di verificare che le aperture sul prospetto confinante con il cortile del Condominio istante non potessero considerarsi “luci” ma piuttosto “vedute” in quanto aventi caratteristiche idonee a consentire l’affaccio e di guardare di fronte, obliquamente e lateralmente verso il cortile del Condominio.

In particolare, le aperture confinanti con il cortile del Condominio istante si trovavano:

– con il lato inferiore ad un’altezza pari a circa 2 metri rispetto al piano di calpestio del cortile del condominio (la “luce”, invece, deve avere il lato inferiore a un’altezza non minore di due metri e mezzo dal suolo del fondo vicino (…) secondo quanto previsto dall’ art. 901 n. 3 c.c.);

– a 1 metro di altezza rispetto al pavimento del locale dell’immobile stesso (la “luce” deve, invece, avere il lato inferiore a un’altezza non minore di due metri e mezzo dal pavimento o dal suolo del luogo al quale si vuole dare luce e aria, se esse sono al piano terreno, e non minore di due metri se sono ai piani superiori; per come prescritto dall’art. 901 n. 2 c.c.).

Il consulente, dunque, ha individuato con certezza le caratteristiche delle aperture con affaccio sul cortile del Condominio confermando la natura di vedute e non di luci.

Conseguentemente, il ctu ha dovuto verificare se tali aperture fossero vedute sin dalla costituzione del condominio o se, invece, come sostenuto dal Condominio, fossero inizialmente “luci” poi modificate dal nuovo proprietario dell’appartamento confinante.

Invero, secondo quanto sostenuto dal Condominio ricorrente, il proprietario dell’appartamento confinante con il cortile condominiale, dopo aver acquistato l’immobile dal precedente proprietario, aveva effettuato dei lavori di ristrutturazione a seguito dei quali aveva rimosso le inferriate presenti sulle aperture site sul muro di confine sostituendo i vetri martellati con vetrate completamente trasparenti ed installato finestre completamente apribili, in tal modo alterando la natura delle aperture da mere luci a vere e proprie vedute, secondo la definizione di veduta contenuta nell’art. 900 c.c.

Secondo il proprietario dell’appartamento confinante, invece, le aperture sin dall’origine costituivano vedute e non luci poiché, a suo dire, sin dalla costruzione nel manufatto originario consentivano sia la inspectio che la prospectio sul fondo di proprietà del condominio.

Pare lecita, a questo punto, la successiva domanda: quando può dirsi acquistato il diritto di servitù di veduta sul fondo del vicino?

Aperture su muro di confine: come stabilire se sono “LUCI” o sono “VEDUTE”? Il diritto di servitù di veduta

Affinché sussista una veduta, a norma dell’art. 900 cod. civ., è necessario, oltre al requisito della inspectio anche quello della prospectio nel fondo del vicino, dovendo detta apertura non solo consentire di vedere e guardare frontalmente, ma anche di affacciarsi, vale a dire di guardare non solo di fronte, ma anche obliquamente e lateralmente, così assoggettando il fondo alieno a una visione mobile e globale (Cass. SS UU 10615/96 e nello stesso senso Cass. n. 480 del 17/01/2002; n. 22844 del 25/10/2006).

Nel caso in esame, grazie alla documentazione acquisita dal ctu nonché agli esiti della prova testimoniale, è emerso che le aperture site sul muro di confine con il cortile interno al Condominio erano dotate di inferriate già in epoca antecedente l’acquisto dell’immobile confinante con il cortile condominiale.

La presenza delle grate non permetteva sicuramente al proprietario confinante un comodo affaccio con conseguente esclusione di un diritto di veduta.

La servitù di veduta consiste nel diritto per il proprietario del fondo dominante di osservare e affacciarsi sul fondo del vicino a distanza inferiore di quella prescritta dagli artt. 905-907 c.c.

Si tratta di una “visione mobile e globale sul fondo alieno” (Cass. SS. UU. n. 10615/1996); ne consegue, pertanto, che la servitù di veduta non può essere esercitata per mezzo di un’inferriata posta a separazione tra due fondi, anche urbani (Cass. n. 10181/2014).

Sentenza
Scarica Trib. 15 luglio 2022 n. 11345

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