Amministratore: può agire per i vizi del fabbricato?
La Corte d’Appello di Milano, con sentenza n. 2703 del 5 agosto 2022, si è espressa su un caso di responsabilità per rovina e difetti di cose immobili ex art. 1669 cod. civ. La vicenda, particolarmente complessa per via dei tanti soggetti coinvolti e della riunione di due procedimenti inizialmente distinti, può essere così riassunta: un condominio cita in giudizio il costruttore dell’edificio per ottenere il risarcimento dei danni causati dai vizi di edificazione dell’immobile stesso.
Costituitasi in giudizio, la società eccepisce, tra le altre cose, il difetto di legittimazione attiva del condominio, il quale avrebbe conferito incarico al proprio avvocato senza una preventiva deliberazione assembleare.
Insomma, l’amministratore avrebbe agito esorbitando dai propri poteri, con conseguente improcedibilità dell’azione legale intrapresa.
Il quesito di fondo che si pone alla nostra attenzione è quindi il seguente: l’amministratore può agire per i vizi del fabbricato? Oppure ha bisogno di una previa autorizzazione da parte dell’assemblea?
Vizi del fabbricato: il primo grado di giudizio
Un condominio conveniva in giudizio la società venditrice e costruttrice dell’edificio chiedendo accertarsi la sua responsabilità ex art. 1669 cod. civ. per i vizi e i difetti riscontrati nel fabbricato condominiale, così come descritti nella relazione tecnica redatta dal Ctu all’esito del procedimento di accertamento tecnico preventivo, al fine di condannarla a pagare la somma necessaria per l’eliminazione dei vizi, oltre al risarcimento dei danni.
Si costituiva in giudizio la società costruttrice eccependo, in via preliminare, la nullità della citazione per difetto di rappresentanza del condominio e, nel merito, l’infondatezza della domanda spiegata dal condominio, chiedendo estendersi il contraddittorio nei confronti delle imprese esecutrici delle opere e della propria compagnia assicurativa.
Il giudizio di primo grado terminava con la condanna della società convenuta.
Vizi del fabbricato: i motivi dell’appello
La sentenza del giudice di prime cure veniva tempestivamente impugnata. Nello specifico, la società soccombente, nel reiterare le eccezioni preliminari proposte e rigettate in primo grado, deduceva la carenza di legittimazione attiva dell’amministratore, posto che la legittimazione dell’amministratore prevista dall’art. 1130, n. 4, cod. civ. per gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio non avrebbe compreso la domanda risarcitoria che, non essendo diretta alla conservazione dell’immobile, resterebbe nell’esclusiva disponibilità dei singoli condòmini.
Infine, la società costruttrice deduceva l’inidoneità, per difetto del quorum deliberativo, della ratifica e della delibera assembleare tesa ad autorizzare il giudizio di merito di primo grado.
Amministratore: può agire in giudizio per i vizi del condominio?
La Corte d’Appello di Milano, con sentenza n. 2703 del 5 agosto 2022, conferma la sentenza di primo grado, laddove la stessa aveva ritenuto pienamente legittimato l’amministratore ad agire contro il costruttore per far valere la sua responsabilità per rovina e difetti dell’immobile ex art. 1669 cod. civ.
È pacifico infatti in Cassazione il principio secondo cui «la legittimazione dell’amministratore derivante dall’art. 1130, primo comma, n. 4, cod. civ. – a compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio – gli consente di promuovere azione di responsabilità, ai sensi dell’art. 1669 cod. civ. nei confronti del costruttore a tutela dell’edificio nella sua unitarietà» (Cass., 8.11.2010 n. 22656).
Come ha ricordato la più accorta giurisprudenza, inoltre, la legittimazione dell’amministratore a proporre azione contro il costruttore responsabile dei vizi o della rovina dell’edificio si estende anche a quei difetti “minori” che non intaccano la stabilità dell’intero fabbricato.
In questo senso la Corte di Cassazione: «In tema di appalto, i gravi difetti di costruzione che danno luogo alla garanzia prevista dall’art. 1669 c.c. non si identificano necessariamente con vizi influenti sulla staticità dell’edificio ma possono consistere in qualsiasi alterazione che, pur riguardando soltanto una parte condominiale, incida sulla struttura e funzionalità globale dell’edificio, menomandone il godimento in misura apprezzabile, come nell’ipotesi di infiltrazioni d’acqua e umidità nelle murature» (Cass., ord. n. 27315 del 17/11/2017, richiamata anche da Trib. Barcellona Pozzo di Gotto, sent. n. 1022 del 5 agosto 2022).
La Corte d’Appello di Milano, con la sentenza in commento, rileva quindi la legittimazione ad agire dell’amministratore del condominio, rientrando l’azione esperita ex art. 1669 cod. civ., volta alla rimozione dei gravi difetti di costruzione, nel novero degli atti conservativi di cui all’art. 1130, n. 4, cod. civ., nell’ipotesi in cui i medesimi riguardino l’intero edificio ed i singoli appartamenti, trattandosi di ipotesi di causa comune di danno che abilita alternativamente l’amministratore del condominio ed i singoli condòmini ad agire per il risarcimento, senza che rilevi la distinzione tra parti comuni e singoli appartamenti (in questo senso, ex multis, anche Cass. 31 gennaio 2018, n. 2436, e Cass. 24 ottobre 2017, n. 25216).
La ratifica assembleare
In ogni caso, la decisione dell’amministratore di conferire incarico a un avvocato per citare in giudizio il costruttore ex art. 1669 cod. civ. era stata successivamente ratificata dall’assemblea di condominio.
A tal proposito, erra l’appellante a ritenere che la decisione fosse viziata per via del mancato rispetto dei quorum di legge: nel caso di specie trovano infatti applicazione le maggioranze di cui all’art. 1136, comma 3, cod. civ., e non, come pretende l’appellante, quella di cui all’art. 1136, comma 4, cod. civ. (che rimanda alle maggioranze previste dall’art. 1136, comma 2, cod. civ.).
In altre parole, se l’assemblea vuole ratificare ex post la decisione dell’amministratore di agire contro il costruttore, in seconda convocazione la deliberazione è valida se approvata dalla maggioranza degli intervenuti con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio.
Ne consegue che la delibera è stata validamente assunta dal momento che è stata approvata da 405,5 millesimi/su 530,80 presenti su un totale di 875,68 mm.
In ogni caso, anche a voler in ipotesi ritenere che, nel caso in esame, venga in rilievo una deliberazione avente ad oggetto liti attive e passive in materie che esorbitano le attribuzioni dell’amministratore con applicazione delle maggioranze di cui all’art. 1136, comma 2, cod. civ., deve, in ogni caso, rilevarsi la validità della delibera per la sua definitività, non essendo stata impugnata.
Sentenza
Scarica App. Milano 5 agosto 2022 n. 2703