Esente da tasse la cessione di quote sociali contenuta nell’accordo di separazione
La cessione di quote sociali attuata da un coniuge all’altro nell’ambito dell’accordo di separazione consensuale omologata dal Tribunale è esente da imposte.
Lunedi 12 Settembre 2022 |
Lo ha precisato la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 26363/2022, pubblicata il 7 settembre 2022.
IL CASO: La vicenda esaminata dai giudici di legittimità origina dal ricorso promosso da un contribuente innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale avverso l’avviso di accertamento notificatole dall’Agenzia delle Entrate avente ad oggetto l’imposta sostitutiva relativa ad una cessione di quote societarie in relazione ad un atto regolarmente registrato che aveva generato una plusvalenza.
Il ricorso veniva accolto dalla Commissione Tributaria Provinciale che annullava l’atto impugnato. Anche la Commissione Tributaria Regionale dava ragione al contribuente rigettando il gravame interposto dall’amministrazione finanziaria contro la decisione di primo grado.
I giudici di secondo grado rilevavano che, conformemente a quanto accertato dalla Commissione Tributaria Provinciale, nella fattispecie era applicabile la causa di esenzione prevista dall’articolo 19 della legge n. 74/87, in quanto l’atto di cessione delle quote sociali era stato stipulato nell’ambito di una separazione personale tra coniugi.
Pertanto, l’Agenzia Delle Entrate, ritenendo errata la decisione dei giudici tributari di merito, sottoponeva la questione all’esame della Corte di Cassazione denunciando la violazione dell’art. 19 della legge n. 74/87, avendo i predetti giudici applicato la suddetta disposizione sul presupposto che la cessione delle quote sociali costituisse segmento attuativo della separazione personale tra coniugi, senza considerare che tale regolamentazione degli interessi patrimoniali doveva ritenersi solo occasionalmente correlata alla separazione e non annoverabile tra gli atti esenti da tasse.
LA DECISIONE: Il motivo del ricorso è stato ritenuto infondato dalla Cassazione che nel rigettarlo ha richiamato l’orientamento giurisprudenziale di legittimità con il quale, sottoponendo a critica la distinzione tra accordi di separazione propriamente detti e accordi stipulati in sede di separazione, ha affermato che anche gli accordi che prevedano, nel contesto di una separazione tra coniugi, atti comportanti trasferimenti patrimoniali dall’uno all’altro coniuge o in favore dei figli debbano essere ricondotti nell’ambito delle “condizioni della separazione” di cui all’art. 711, comma 4, c.p.c.; in considerazione del carattere di “negoziazione globale” che la coppia in crisi attribuisce al momento della “liquidazione” del rapporto coniugale; attribuendo quindi a detti accordi la qualificazione di contratti tipici, denominati “contratti della crisi coniugale”, la cui causa è proprio quella di definire in modo non contenzioso e tendenzialmente definitivo la crisi.
Di conseguenza, l’esenzione di cui alla legge n. 74/1987 va applicata a tutti gli atti e a tutte le convenzioni che i coniugi pongono in essere nell’intento di regolare sotto il controllo del giudice i loro rapporti patrimoniali conseguenti allo scioglimento del matrimonio o alla separazione personale, ivi compresi gli accordi che contengono il riconoscimento o il trasferimento della proprietà esclusiva di beni mobili ed immobili all’uno o all’altro coniuge.
Poiché l’articolo 19 della legge 74/1987 non opera alcuna distinzione tra atti aventi ad oggetto beni immobili e atti riferiti a beni mobili, né contiene una limitazione dell’ambito di operatività del regime di esenzione alle sole imposte indirette, ai fini della sua applicazione, hanno concluso gli Ermellini, è irrilevante che l’accordo patrimoniale concluso in sede di separazione abbia ad oggetto la cessione di quote sociali, piuttosto che il trasferimento di beni immobili, con applicazione di tributi indiretti.