Violazione degli obblighi ex art. 570 bis cpc: impossibilità assoluta non significa indigenza totale.
Con la sentenza n. 32576/2022 la Sesta Sezione penale della Corte di Cassazione si occupa nuovamente dei presupposti in presenza dei quali si integra il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare, introducendo il criterio della “sopravvivenza dignitosa” dell’obbligato come elemento di bilanciamento.
Martedi 13 Settembre 2022 |
Il caso: la Corte di appello confermava la condanna di Tizio alla pena di tre mesi di reclusione per il delitto di cui all’art. 570-bis, cod. pen., nonché al risarcimento dei danni non patrimoniali in favore della parte civile come disposta dal Tribunale in primo grado.
Tizio, tramite il proprio difensore, ricorre in Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Venezia che ha confermato la condanna di Tizio alla pena di tre mesi di reclusione per il delitto di cui all’art. 570-bis, cod. pen., nonché al risarcimento dei danni non patrimoniali in favore della parte civile.
Tra i motivi di impugnazione, si lamenta che la Corte d’Appello non ha dato valutato la circostanza che l’imputato aveva dato dimostrazione di essersi incolpevolmente trovato in situazione d’indigenza e, quindi, nell’impossibilità assoluta di adempiere agli obblighi impostigli dal giudice civile, essendo stato nelle more licenziato ed avendo intrapreso senza fortuna varie attività lavorative, tanto da essersi trovato costretto a chiedere numerosi prestiti a parenti ed amici per sopravvivere.
Per la Suprema Corte la doglianza è fondata; sul punto osserva che:
a) correttamente giudici d’appello hanno richiamato il principio costantemente affermato da questa Corte, secondo cui l’impossibilità di adempiere agli obblighi di mantenimento verso i familiari imposti dal giudice civile debba essere assoluta, non potendo desumersi automaticamente neppure da un condizione di disoccupazione dell’obbligato (nella potendo escludere, in ipotesi, che questi possa godere di rendite finanziarie, dominicali o comunque di introiti diversi dai redditi da lavoro);
b) ma il predicato di “assolutezza” non può nemmeno essere calibrato al livello dell’indigenza totale, dovendo essere inteso, piuttosto, secondo un’accezione di tipo assiologico, in coerenza con il generale principio di offensività del diritto penale;
c) è necessario pertanto tenere in considerazione beni giuridici in conflitto, assegnando certamente prevalenza alla tutela della prole e, comunque, del familiare c.d. “debole”, in ragione dei doveri di solidarietà imposti dalla legge civile, ma individuando il punto di equilibrio tra i medesimi, secondo il canone generale della proporzione e tenendo conto di tutte le peculiarità del caso specifico:
– importo delle prestazioni imposte,
– necessità per lo stesso di provvedere a proprie esigenze di vita egualmente indispensabili (vitto, alloggio, spese inevitabili per la propria attività lavorativa),
– solerzia, da parte sua, nel reperimento di possibili fonti di reddito (eventualmente ulteriori, se necessario, rispetto a quelle di cui già disponga),
– contesto socio-economico di riferimento e quant’altro sia in condizione d’influire significativamente sulla effettiva possibilità di assolvere al proprio obbligo, se non a prezzo di non poter provvedere a quanto indispensabile per la propria sopravvivenza dignitosa.