English EN French FR Italian IT Spanish ES

Infiltrazioni e condomino moroso

È la volta del Tribunale di Roma con la decisione n. 12616 del 25 agosto 2022.

Il caso di specie

Con atto di citazione ritualmente notificato un condomino fa opposizione contro il decreto ingiuntivo ottenuto dal Condominio con cui gli è stato ingiunto il pagamento della somma di euro 8.212,88 oltre interessi e spese di procedura per quote condominiali insolute.

I motivi di opposizione

Alla base dell’opposizione il condomino ha eccepito la nullità, inammissibilità e improcedibilità per indeterminatezza del credito perché la somma portata nel bilancio consuntivo per la gestione 2018 sarebbe stata richiesta “a saldo” senza tuttavia riportare analitica indicazione delle singole voci di credito. Rileva inoltre che le somme così genericamente indicate, si riferirebbero a quote per lavori di rifacimento del terrazzo condominiale fatte eseguire dal condominio per porre rimedio ai gravi danni subiti nel proprio alloggio – all’epoca di proprietà della propria dante causa – di derivazione dal lastrico solare.

Ha poi specificato che l’esecuzione dell’opera non fu risolutiva, anzi di fatto aveva peggiorato la situazione delle infiltrazioni. L’opponente, o meglio la propria dante causa, avviò un procedimento di urgenza che si concluse con un’ordinanza con la quale il condominio venne condannato ad eseguire i lavori indicati ed individuati nella consulenza disposta d’ufficio.

Nonostante l’esecuzione di questi lavori, le problematiche di infiltrazione di acqua continuavano a persistere tant’è che nel 2011 fece eseguire a sua cura e spese opere aggiuntive al fine di contenere i danni nel proprio appartamento, in attesa di un intervento risolutivo da parte del Condominio.

Poiché vi era inerzia da parte del Condominio l’opponente ha fatto redigere una perizia, inviata all’amministratore, dove si evidenziava che le opere della ditta incaricata dal Condominio non erano state eseguite a regola d’arte domandando il conseguente rifacimento totale dell’opera.

Nel 2013 il Condominio deliberava il rifacimento della impermeabilizzazione e pavimentazione del terrazzo.

Nelle more, il Condominio notificava all’opponente il decreto ingiuntivo con cui chiedeva il pagamento dei ratei riferiti ai detti lavori e non corrisposti a causa delle descritte problematiche. Altro decreto del medesimo tenore veniva notificato alla dante causa.

Entrambi i decreti venivano opposti e rigettati sicché l’opponente effettuava il pagamento dell’intero debito saldando l’intera pendenza.

Sostiene l’opponente che l’importo ingiunto non avrebbe alcuna ragione di esistere essendo il credito estinto per i pagamenti già eseguiti.

In ogni caso, ha contestato la debenza del saldo 2018 richiesto dal Condominio in quanto vi sarebbero addebiti per spese non dovute e derivati dalle opere fatte eseguire quando egli non era proprietario e condomino. Ha infine presentato domanda riconvenzionale per il risarcimento dei danni che avrebbe subito dalle suddette infiltrazioni di acqua piovana che ha quantificato in euro 90.000,00.

La difesa del condominio

Costituitosi il condomino convenuto, ha contestato in fatto ed in diritto le ragioni dell’opposizione e ne ha chiesto il rigetto. In particolare, ha evidenziato che i pagamenti in precedenza eseguiti dall’opponente nel 2015 si riferiscono ad altre posizioni debitorie derivanti dai decreti ingiuntivi da questo citati e correttamente conteggiati ed imputati, mentre le somme richieste a saldo fanno riferimento a crediti successivi riportati in consuntivo e correttamente ripartiti ed approvati con delibere del 2018 non impugnate.

Quanto alla domanda riconvenzionale di risarcimento del danno, ne ha eccepito l’infondatezza per la sua generica allegazione e mancanza di prova, oltre alla prescrizione in quanto relativa a fatti verificatisi in tempi remoti.

La decisione del Tribunale

Il Tribunale, nella sua decisione, esordisce dicendo che occorre in primo luogo decidere sulla richiesta reiterata dall’opponente di ammissione dei mezzi di prova (CTU diretta ad accertare verificare i danni quantificati complessivamente in euro 90.000,00) previa rimessione della causa sul ruolo.

Sul punto osserva quanto segue.

Consulenza tecnica d’ufficio: questione preliminare

È noto che la consulenza tecnica d’ufficio non è un mezzo istruttorio in senso proprio messo a disposizione delle parti bensì del giudice il quale, nell’ambito del suo potere discrezionale, compie, con prudente apprezzamento, la valutazione di nominare l’esperto avente specifiche conoscenze (c.d. consulenza percipiente) oppure quando intende verificare elementi già acquisiti nel processo (consulenza c.d. deducente). Questo mezzo d’indagine, come afferma la giurisprudenza di legittimità, avendo tali specifiche finalità “[…..] non può essere utilizzato al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume, ed è quindi legittimamente negata qualora la parte tenda con essa a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni o offerte di prova, ovvero di compiere una indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati” (cfr. Cass. 5.7.2007, n. 15219; Cass. 21.4.2010, n. 9461; Cass. 6.5.2002, n. 6479; più di recente, tra le tante 15711/2021 e Cass. n. 15521/2019); l’esercizio di tale potere, tra l’altro, non è sindacabile in sede di legittimità, ove ne sia data adeguata motivazione, immune da vizi logici e giuridici.

In assenza di tali presupposti la consulenza tecnica disposta dal Giudice sarebbe del tutto esplorativa con lesione del principio dell’onere probatorio che grava su ciascuna delle parti.

Nella specie, parte opponente ha avanzato domanda riconvenzionale per il riconoscimento dei danni subiti nel proprio appartamento in conseguenza di infiltrazioni la cui responsabilità è stata imputata al condominio opposto e che si sono verificate nel lontano 2007 e poi ancora nel 2013 e per le quali il Condominio, come evidenziato da parte opponente, ha posto in essere opere di rifacimento.

Tuttavia, nel dedurre i fatti (infiltrazioni) ha omesso ogni allegazione in ordine alla descrizione dei danni che in concreto sarebbero derivati da tali infiltrazioni alle strutture, agli immobili ed agli arredi mentre ha dedotto un generico mancato e/o limitato godimento delle proprietà senza produrre alcuna documentazione a sostegno.

In forza dell’insufficienza allegatoria e probatoria dei suddetti elementi non è stata disposta la CTU più volte sollecitata che, in ogni caso, non avrebbe consentito di pervenire ad alcun accertamento tenuto conto della già avvenuta esecuzione dei lavori nonché del tempo trascorso.

Quanto detto è in via preliminare.

La decisione nel merito

Per quanto concerne il merito, il Tribunale osserva che l’opposizione è infondata e va rigettata.

In primo luogo, va chiarito che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo concernente il pagamento di oneri condominiali, il condominio soddisfa l’onere probatorio su esso gravante con la produzione del verbale dell’assemblea condominiale in cui sono state approvate le spese, nonché dei relativi documenti (Cass. Sez. 2, 29 agosto 1994, n. 7569).

Nella specie, gli oneri condominiali richiesti in via monitoria riguardano importi regolarmente deliberati e ripartiti, come emerge dalla documentazione in atti. Inoltre, la delibera del 10.9.2019 – che costituisce titolo valido per il recupero di quanto dovuto dal condomino opponente – fa espressa indicazione dell’importo posto a carico dell’opponente, delibera non impugnata, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1137 c.c. né sospesa e/o revocata dall’assemblea con la conseguenza che con la sua definitività l’opponente è obbligato a corrispondere la relativa quota di spesa, potendo solo l’annullamento delle stesse far cessare tale obbligo.

Stante, dunque, la validità, l’efficacia e la vincolatività del deliberato devono ritenersi dovute le somme di cui al decreto ingiuntivo opposto.

A fronte di questo accertato credito, l’opponente per superare la pretesa creditoria del condominio, aveva l’onere di dimostrare l’efficacia estintiva di essa mediante prova di avvenuto pagamento. Viceversa, le somme che parte opponente asserisce di aver corrisposto ad estinzione del proprio debito si riferiscono a voci di spesa precedentemente maturate in virtù di due sentenze di rigetto di due giudizi di opposizione a d.i. che l’opponente ha corrisposto nel 2015 e che sono state correttamente imputate dal Codominio come emerge anche dal rendiconto e stato di ripartizione approvati dall’assemblea dei condomini all’epoca tenutasi, anch’essa non impugnata.

Il credito del condominio si riferisce a voci di spesa (gestione 2018 e saldo gestione precedente) maturate successivamente ai pagamenti effettuati dall’opponente. Quanto alla domanda riconvenzionale spiegata, il condominio opposto, oltre a censurare la genericità ed indeterminatezza nonché la mancanza di prova della domanda, ha eccepito preliminarmente la prescrizione del credito in considerazione del fatto che si tratta di fatti che hanno interessato il lastrico solare nel 2008 e nel 2011.

Il Tribunale ritiene l’eccezione fondata.

In atti si rinviene una richiesta risarcitoria datata 7.5.2013 alla dante causa dell’opponente.

Volendo ricollegare, come prospettato dall’opponente il termine di decorrenza al più tardi al24.12.2013, giorno del termine dei lavori fatti eseguire sul terrazzo condominiale, vi è che la citazione in opposizione è stata notificata a marzo 2020 con inevitabile spirare del termine di prescrizione quinquennale previsto per gli illeciti di origine extracontrattuale.

Erra l’opponente nel ritenere che le convocazioni delle assemblee avvenute nel frattempo nelle quali veniva posto all’o.d.g. la discussione sulla richiesta di risarcimento del danno derivanti dalle infiltrazioni possa costituire valido esercizio di atto interruttivo del termine di prescrizione.

Invero, tali atti non sono sufficienti a provare che il condominio convenuto, ai sensi dell’articolo 2944 c.c., abbia riconosciuto la pretesa attorea, posto che in nessuna delle suddette riunioni l’assemblea ha deliberato sul punto.

È noto che il riconoscimento del debito, quale atto interruttivo della prescrizione, pur non avendo natura negoziale né carattere recettizio, deve non soltanto provenire dal soggetto che abbia i poteri dispositivi del diritto ma richiede in chi lo compie una specifica intenzione ricognitiva nel senso di un consapevole riconoscimento desunto da una dichiarazione univoca e tale da escludere che abbia finalità diverse o che esso resti condizionato da elementi estranei alla volontà del debitore.

Non vi è pertanto alcun riconoscimento dei diritti risarcitori azionati in questo giudizio da parte opponente con riferimento alle voci risarcitorie pretese diritti che, pertanto, devono ritenersi prescritti non essendo intervenuto idoneo atto interruttivo tra la lettera inviata nel 2013 e la notifica del presente atto di opposizione con il quale è stata avanzata la domanda riconvenzionale. Essendo decorsi più di cinque anni, deve ritenersi prescritto il diritto risarcitorio azionato.

Sentenza
Scarica Trib. Roma 25 agosto 2022 n. 12616

Condividi