Guest home e affittacamere in condominio? Attenzione al regolamento
Il regolamento di condominio, come è noto, stabilisce le regole di convivenza comune che tutti i singoli proprietari delle unità immobiliari devono rispettare con riferimento alla gestione delle parti comuni.
In alcuni casi, il regolamento contiene norme che pongono limitazioni alla proprietà privata, come ad esempio il divieto di destinare gli appartamenti ad attività commerciale e professionale.
Ed allora ci si chiede se le limitazioni alla proprietà privata contenute nel regolamento di condominio siano legittime.
Può il regolamento di condominio imporre limiti all’uso degli immobili di proprietà esclusiva? La differenza tra regolamento contrattuale e regolamento assembleare
Per rispondere al quesito occorre preliminarmente rammentare l’importante distinzione tra regolamento contrattuale e regolamento assembleare posto che soltanto il primo può imporre limiti alle destinazioni d’uso dei singoli immobili.
Mentre il regolamento assembleare – quello previsto dall’art. 1138 c.c. ed approvato dal consesso condominiale con le maggioranze di cui all’art. 1136 c.c. – non può disporre limitazioni all’uso dei singoli immobili di proprietà esclusiva, al contrario il regolamento contrattuale – che è quello predisposto dal costruttore e allegato o citato nei successivi atti di vendita dei singoli immobili, o quello approvato dall’assemblea dei condòmini all’unanimità – può limitare le facoltà d’uso non solo in relazione alle parti comuni ma anche con riferimento alle singole proprietà private.
Per quel che ci occupa, la differenza sostanziale tra regolamento contrattuale e regolamento assembleare sta nel fatto che quest’ultimo non può imporre limitazioni ai diritti dominicali dei singoli condomini salvo il caso in cui non si tratti di regolamento approvato dall’assemblea all’ unanimità, trattandosi anche in questo caso di regolamento contrattuale.
Norme limitative del diritto di proprietà: la trascrizione del regolamento
Il regolamento contrattuale è per l’appunto un contratto e come tale vincola le parti che lo hanno stipulato ed è opponibile ai condòmini che hanno acquistato accettando il regolamento.
Con riferimento alle norme limitative del diritto di proprietà esclusiva contenute nel regolamento, affinché siano opponibili ai terzi – successori a titolo particolare dei condòmini stessi o terzo acquirente – è necessario che il regolamento venga trascritto nei registri immobiliari.
La trascrizione ha funzione pubblicitaria ossia di informare i successivi acquirenti dell’esistenza di vincoli sull’immobile.
Ne deriva, che le clausole limitative se non trascritte sono sempre opponibili ai condòmini che hanno accettato il regolamento, ma non sono opponibili ai terzi almeno che non siano esplicitamente riportate nell’atto d’acquisto o risulti provata la dichiarazione del terzo stesso di essere a conoscenza di tali limiti.
Qual è la natura giuridica delle clausole limitative dei diritti dominicali dei singoli condomini e quali caratteristiche deve avere la trascrizione affinché le stesse siano opponibili ai terzi?
Sul punto si è pronunciato di recente, con sentenza n. 14050/2022, il Tribunale di Roma che, chiamato a decidere sulla domanda promossa da alcuni condòmini contro il proprietario ed il conduttore di un’unità immobiliare adibita ad attività di Guest House ed affittacamere, in violazione del divieto contenuto nel Regolamento di condominio, ha ribadito l’orientamento giurisprudenziale secondo cui i limiti all’utilizzo delle singole proprietà private, costituendo servitù prediali, devono essere specificamente menzionati nella nota di trascrizione.
Norme limitative del diritto di proprietà: la natura giuridica e caratteristiche della nota di trascrizione
Sono clausole limitative dei diritti dominicali dei singoli condomini sulle loro proprietà esclusive quelle che pongono il divieto di destinare l’immobile a locale commerciale, di trasformare una cantina in abitazione, di adibire l’immobile a studio professionale ecc.
Nella specie, il regolamento di condominio conteneva una clausola limitativa dal seguente tenore: “È vietato destinare gli appartamenti ad una qualsiasi industria o di ambulanza, sanatori, gabinetti per la cura di malattie infettive o contagiose, agenzie di pegni, case d’alloggio come pure di concedere in affitto camere vuote o mobiliate da farne comunque uso contrario alla tranquillità, al decoro e al buon nome del caseggiato”.
Secondo costante orientamento della Corte di Cassazione, le clausole limitative dei diritti dominicali danno luogo a servitù reciproche atipiche poiché consistono nell’assoggettare al peso della non modificabilità della destinazione tutti i piani o le porzioni di piano di proprietà esclusiva, a vantaggio delle altre proprietà immobiliari (Cass. n. 21024/2016).
Le servitù prediali, infatti, ai sensi dell’art. 1027 c.c., consistono nel peso imposto sopra un fondo per l’utilità di un altro fondo appartenente a diverso proprietario (la necessità di fondi appartenenti a diversi proprietari, di cui al brocardo latino nemini res sua servit, è pienamente realizzata nell’ambito dei diversi appartamenti che compongono il caseggiato condominiale).
Orbene, l’art. 2643 n. 4 c.c. richiede la trascrizione dei “contratti che costituiscono o modificano servitù prediali” al fine di renderli opponibili ai terzi acquirenti di un diritto reale incompatibile con la servitù medesima.
Conseguentemente, non è sufficiente la trascrizione del regolamento contenente i suddetti limiti negoziali, ma è necessario altresì, ove il regolamento di condominio non sia richiamato nell’atto di acquisto dell’immobile o non sia espressamente oggetto di approvazione da parte del soggetto acquirente, che le relative clausole regolamentari costitutive di servitù reciproche sulle singole proprietà vengano espressamente menzionate nella nota di trascrizione.
In tal senso, vale il principio generale secondo cui la nota di trascrizione deve indicare con certezza le informazioni prescritte dalla legge per come elencati nell’art. 2659 c.c. tra cui la natura e la situazione dei beni a cui si riferisce il titolo. L’art. 2265 c.c. dispone, infatti, che l’omissione o inesattezza di alcune delle indicazioni richieste nella nota, non comporta l’invalidità della trascrizione tranne nel caso in cui induca incertezza sulle persone, sul bene o sul rapporto a cui l’atto si riferisce.
La giurisprudenza è, pertanto, concorde nel ritenere che non basti un semplice richiamo al regolamento contrattuale contenente le limitazioni della destinazione delle unità immobiliari di proprietà esclusiva occorrendo l’esplicita menzione nella nota di trascrizione ai fini della funzione di pubblicità della trascrizione.
Nella fattispecie, non solo il regolamento di condominio non risultava trascritto ma non vi era nemmeno prova della necessaria nota di trascrizione con l’inserimento delle clausole limitative dei diritti dei condòmini ex art. 2659 comma 1 n. 2 e art. 2665 c.c. Non vi era nemmeno prova che il regolamento di condominio e la clausola invocata fossero stati oggetto di accettazione al momento dell’acquisto da parte del proprietario.
Sentenza
Scarica Trib. Roma 29 settembre 2022 n. 14050