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Negatoria servitutis e legittimazione ad agire: quale prova

Sappiamo che il condominio è proprietario dei beni comuni e che in quanto tale è legittimato a tutelare i medesimi. In quest’ottica, ad esempio, non può tollerare che un terzo possa esercitare una facoltà in contrasto con il predetto diritto. Se ciò dovesse accadere, l’ente potrebbe agire, giudizialmente, a protezione della propria posizione mediante la cosiddetta actio negatoria servitutis.

Nel caso sottoposto al vaglio del Tribunale di Roma e culminato, recentemente, con la sentenza n. 15585 del 28 luglio 2022, questa causa particolare era stata introdotta allo scopo di ripristinare lo stato dei luoghi del confine di un fabbricato con un’altra proprietà.

Secondo la tesi del condominio, il muro, la recinzione, il marciapiede e persino alcuni alberi dell’ente erano stati, indebitamente, modificati, danneggiati ed estirpati da un terzo confinante senza alcun permesso.

Da ciò ne è scaturita una lite, in occasione della quale l’ufficio capitolino è stato chiamato a rispondere ad un quesito ben preciso: nel caso di un’actio negatoria servitutis, quale prova bisogna fornire per dimostrare la propria legittimazione ad agire?

Procediamo, però, con ordine, e vediamo cosa è successo in questo supercondominio romano.

Negatoria servitutis e legittimazione ad agire: quale prova? Il caso concreto.

Tra il 2013 e il 2014, una società immobiliare, titolare di un capannone industriale, creava degli accessi alla suddetta proprietà “smantellando parte del muro e della rete di confine nonché abbattendo alcuni alberi ed eliminando parte del marciapiede” presenti in loco.

La descritta iniziativa non era tollerata dal confinante fabbricato, nello specifico facente parte di un supercondominio. Secondo questo, assumendosi proprietario dei beni coinvolti, ogni modifica doveva essere preceduta da una sua specifica autorizzazione, nell’occasione del tutto mancante. Non essendo intervenuta alcuna conciliazione sulla domanda di ripristino dello status quo ante, la lite era stata inevitabile.

Dinanzi al competente Tribunale di Roma, il condominio chiedeva, quindi, la chiusura degli accessi, indebitamente, aperti e il ripristino, a prefetta regola d’arte, dei beni intaccati dalla contestata iniziativa.

Il terzo convenuto, costituitosi regolarmente, sollevava, invece, un’eccezione particolare. Secondo il suo parere, l’attore non era legittimato a proporre l’azione de quo. I cespiti in questione, infatti, non appartenevano al condominio, bensì al comune di Roma.

Al termine del procedimento, il Tribunale adito, valutata anche una CTU sulla questione appena descritta, ha rigettato la domanda. L’ufficio ha, infatti, escluso che l’istante fosse titolare dei beni modificati dagli accessi e che perciò fosse legittimato a proporre l’actio negatoria servitutis.

Legittimazione ad agire: brevi cenni

Come, giustamente, precisa il Tribunale di Roma in occasione della sentenza in commento, per ottenere tutela di un diritto non è sufficiente che lo stesso esista. È necessario, piuttosto, che l’attore provi che gli appartenga.

Si tratta di dimostrare la cosiddetta legittimazione ad agire, evidentemente, fondamentale in ogni procedimento giudiziale e che va accertata, rigorosamente, prima ancora di approfondire la questione di diritto azionata «la legittimazione ad agire attiene al diritto di azione, che spetta a chiunque faccia valere in giudizio un diritto assumendo di esserne titolare.

La titolarità della posizione soggettiva vantata in giudizio attiene, invece, al merito della causa in quanto elemento costitutivo del diritto fatto valere, titolarità che l’attore ha l’onere di allegare e di provare (Cass. n. 2951/2016)».

L’importanza della legittimazione ad agire è comprovata anche dal fatto che la stessa può essere eccepita in ogni stato e grado di una causa e che può essere rilevata anche d’ufficio dal giudice nell’esercizio del proprio potere dispositivo «La legittimazione ad agire attiene al diritto di azione, che spetta a chiunque faccia valere in giudizio un diritto assumendo di esserne titolare.

La sua carenza può essere eccepita in ogni stato e grado del giudizio e può essere rilevata d’ufficio dal giudice (Cass. n. 2951/2016)».

Actio negatoria servitutis del proprietario: quale prova per legittimare l’azione?

Nel caso di un’actio negatoria servitutis, il titolare di un immobile si tutela dal terzo che sta esercitando un diritto in contrasto con le sue facoltà. Per questa ragione, si rivolge al magistrato affinché accerti che tale pretesa è del tutto indebita e priva di qualsivoglia autorizzazione.

Ovviamente, prima ancora di approfondire la questione di merito, l’attore ha l’onere di comprovare di essere il proprietario del bene. Per farlo non necessita di una prova rigorosa come quella richiesta per un’azione di rivendicazione, in cui «deve fornire la piena prova della proprietà, dimostrando il suo titolo di acquisto e quello dei suoi danti causa fino ad un acquisto a titolo originario».

Per legittimare l’actio negatoria servitutis, è, infatti, sufficiente «dimostrare, con ogni mezzo ed anche in via presuntiva, di possedere il fondo in forza di un titolo valido» e ancora «In tema di azione negatoria, poiché la titolarità del bene si pone come requisito di legittimazione attiva e non come oggetto della controversia, la parte che agisce in giudizio non ha l’onere di fornire la prova rigorosa della proprietà, come accade nell’azione di rivendica, essendo sufficiente la dimostrazione con ogni mezzo, anche in via presuntiva, del possesso del fondo in forza di un titolo valido, mentre incombe sul convenuto l’onere di provare l’esistenza del diritto di compiere l’attività lamentata come lesiva dall’attore» (Cass. civ. n. 21851/2014).

Tornando al caso in commento, l’istante condominio non ha dimostrato, nemmeno in via presuntiva, di essere il proprietario dei cespiti modificati e/o danneggiati a seguito della creazione degli accessi al capannone industriale. Anche l’espletata CTU ha confermato che si trattava di una strada comunale. La conseguente assenza di ogni legittimazione ad agire ha, quindi, giustificato il rigetto della domanda.

Sentenza
Scarica Trib. Roma 28 luglio 2022 n. 12074

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