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Opposizione a decreto ingiuntivo: ammissibile l’intervento volontario di un terzo

Con la sentenza 29406, pubblicata il 10 ottobre 2022, la Corte di Cassazione si è pronunciata sulla questione relativa all’ammissibilità o meno dell’intervento volontario di un terzo nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo.

Mercoledi 19 Ottobre 2022

IL CASO: Una società destinataria di un decreto ingiuntivo per il pagamento di compensi professionali derivanti dall’attività professionale svolta in suo favore da un dottore commercialista proponeva opposizione avverso la suddetta ingiunzione.

Nel giudizio di opposizione si costituivano il creditore opposto e la società semplice dello studio del professionista, precisando che il decreto ingiuntivo era stato richiesto dal professionista nella sua qualità di socio della predetta società.

Nel corso del giudizio interveniva volontariamente un altro professionista sia in proprio che nella qualità di socio dello studio professionale.

Con la memoria di cui al sesto comma dell’art. 183 c.p.c., la società opponente eccepiva il difetto della titolarità in capo all’originario creditore della situazione giuridica sostanziale dedotta in giudizio e modificava la propria domanda chiedendo, oltre alla revoca del decreto opposto, di accertare l’inammissibilità delle domande di parte convenuta e l’inammissibilità dell’intervento adesivo promosso dal socio dello studio professionale.

Il Tribunale accoglieva parzialmente l’opposizione e revocava il decreto ingiuntivo, condannando la società opponente al pagamento in favore dell’opposto di una somma molto contenuta rispetto a quella ingiunta e rigettando l’eccezione relativa all’inammissibilità dell’intervento depositato dal socio dello studio.

La Corte di Appello, chiamata a pronunciarsi sul gravame promosso dall’opposto, in proprio e nella sua qualità di socio e rappresentante legale dello studio professionale, nel quale si costituiva, aderendo all’appello principale, il professionista intervenuto volontariamente nel giudizio di primo grado, riformava parzialmente la sentenza impugnata, qualificando la costituzione in giudizio dello studio professionale quale intervento volontario, che avrebbe “di fatto eluso le limitazioni alla partecipazione ai procedimenti di opposizione a decreto ingiuntivo da tempo affermati in modo consolidato dalla Suprema Corte in tema di chiamata del terzo”, dichiarando inammissibili entrambi gli interventi.

La questione giungeva così all’esame della Cassazione a seguito del ricorso promosso dall’originario creditore della società dei professionisti, deducendo, fra i vari motivi, la violazione degli artt. 105 e 112 c.p.c., avendo i giudici della Corte territoriale, erroneamente qualificato la costituzione nel giudizio di primo grado dello studio professionale quale intervento volontario con conseguente dichiarazione di inammissibilità.

LA DECISIONE: Il motivo del ricorso è stato ritenuto fondato dalla Corte di Cassazione la quale nell’accoglierlo con rinvio alla Corte di Appello di provenienza, in diversa composizione per un nuovo esame, ha ritenuto ammissibile l’intervento di un terzo nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, evidenziando che nel nostro ordinamento non si rinviene nessuna norma che limiti l’intervento volontario del terzo nel predetto giudizio. Una volta superata la fase monitoria e introdotta l’opposizione da parte dell’ingiunto, hanno osservato, il giudizio riveste i caratteri del processo ordinario, con applicazione di tutte le norme che lo regolano, ivi compreso l’articolo 105 c.p.c.

Nel decidere il ricorso, gli Ermellini, hanno richiamato l’opinione contraria esistente all’interno della giurisprudenza di merito secondo la quale l’inammissibilità dell’intervento volontario di terzi discenderebbe da un orientamento della Cassazione secondo cui le parti del giudizio di opposizione “possono essere soltanto colui il quale ha proposto la domanda di ingiunzione e colui contro cui tale domanda è diretta”.

Tale orientamento si riferisce, però, hanno sottolineato, alla legittimazione a proporre l’opposizione al decreto ingiuntivo, potendo essa essere proposta unicamente dall’ingiunto nei confronti della parte che ha richiesto ed ottenuto l’ingiunzione. Nulla viene detto, però, in merito all’ammissibilità del terzo.

Come hanno osservato i ricorrenti, hanno concluso, nessuna norma limita l’intervento del terzo nel giudizio di opposizione e tale divieto potrebbe quindi trovare la sua fonte solo in sede di ricostruzione sistematica dell’istituto dell’opposizione a decreto ingiuntivo e trovare una sua giustificazione solo se si riconoscesse carattere impugnatorio alla opposizione come ha fatto la più risalente dottrina (che di recente talvolta parla di natura mista), ma le sezioni unite della Cassazione hanno più volte avuto occasione di soffermarsi sulla natura di tale giudizio negando che esso dia vita a un procedimento di impugnazione (da ultimo Cass., sez. un., n. 927/2022).

Avendo natura di giudizio di cognizione piena che devolve al giudice il completo esame del rapporto giuridico controverso e non il semplice controllo della legittimità del decreto di ingiunzione, l’opposizione deve infatti “considerarsi un ordinario processo di cognizione” (Cass., sez. un. n. 20604/2008).

Si tratta di un giudizio di primo grado bifasico e le due fasi “fanno parte di un medesimo giudizio che si svolge nel medesimo ufficio” (Cass., sez. un., n. 14475/2015).

Allegato:

Cassazione civile sentenza n.29406 2022

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