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Actio negatoria in condominio: come contestarla

Ad esempio, si pensi al caso dello sgocciolamento del bucato del vicino nel cortile del residente sottostante, dove è stato necessario arrivare, persino, in Cassazione per dirimere la lite su questa servitù (Cass. civ. sent. n. 11823/2018).

Nell’ipotesi in commento, invece, il Tribunale di Monza, con la sentenza n. 1304 del 7 giugno 2022, ha dovuto valutare un’actio negatoria proposta dal nudo proprietario e dall’usufruttuario di un box. Secondo gli attori, questo bene era stato oggetto di un’indebita compressione e/o limitazione da parte del condominio.

Per l’ente, invece, non era stato commesso alcun illecito e tanto meno sarebbe stato possibile accertare il contrario in via giudiziale.

Ne è scaturita una lite in cui l’ufficio lombardo è stato chiamato ad accertare il fondamento della domanda.

Non mi resta, perciò, che approfondire il caso concreto.

Actio negatoria in condominio: come contestarla? Il caso concreto

In un condominio in Sesto San Giovanni, a seguito di una comunicazione dei Vigili del Fuoco e in ottemperanza alla medesima, nel 2017 si deliberava l’esecuzione delle opere necessarie per adeguarsi alla normativa anti incendio. In ragione di ciò, tubi e condotte dell’impianto erano fatti passare anche attraverso i box dei condòmini.

Uno di questi, però, riteneva di non aver mai autorizzato tale passaggio e che le diramazioni in oggetto limitavano, indebitamente, la proprietà interessata. Per questo motivo, non essendoci alcun accordo sulla questione, citavano in giudizio il condominio dinanzi al Tribunale di Monza. Lo scopo di quest’azione era quello di ottenere il ripristino dello status quo ante dell’immobile.

Si trattava, quindi, di un’actio negatoria a tutti gli effetti, in virtù della quale il convenuto fabbricato, per mezzo del proprio procuratore, era chiamato a dimostrare il titolo della propria iniziativa.

Ne seguiva un’istruttoria, principalmente, caratterizzata dalla produzione dei vari documenti in cui si descrivevano fatti e presupposti delle rispettive tesi.

Al termine della medesima, il Tribunale concludeva per il rigetto della domanda e la conseguente condanna degli attori al pagamento delle spese processuali, secondo il naturale principio della soccombenza.

Actio negatoria: caratteristiche ed oneri probatori

Secondo il codice civile, il proprietario di un immobile «può agire per far dichiarare l’inesistenza di diritti affermati da altri sulla cosa, quando ha motivo di temerne pregiudizio. Se sussistono anche turbative o molestie, il proprietario può chiedere che se ne ordini la cessazione, oltre la condanna al risarcimento del danno (art. 949 cod. civ.)».

Si tratta, perciò, di un rimedio di natura giudiziale con il quale, dinanzi ad una molestia che incide sulla proprietà privata e ne limita l’utilizzo, si può invoca il magistrato di turno. Lo scopo è quello di accertare che sul proprio cespite non esiste alcun valido e legittimo peso a favore di un terzo.

Nello specifico, l’azione legale in esame deve essere, semplicemente, sorretta dalla dimostrazione del diritto di proprietà. L’attore, pertanto, deve comprovare di essere il titolare del bene e lo può fare senza alcuna particolare limitazione «la parte che agisce con l’actio negatoria deve solo provare il diritto di proprietà ai limitati fini della dimostrazione del suo titolo di legittimazione processuale: la prova della proprietà ha la preminente funzione di dimostrare la sussistenza del potere, in capo all’attore, di chiedere la cessazione (e l’eliminazione delle conseguenze) dell’attività lesiva e non già l’esistenza della titolarità della proprietà.

Da tali principi discende quello secondo cui nell’azione negatoria l’attore può fornire la proprietà con qualunque mezzo, ivi compresi gli elementi di carattere presuntivo (tra le tante, Cass. n.2838/1999; Cass. n.4803/1992)».

Il convenuto, invece, deve dare prova del proprio diritto, di natura obbligatoria o reale, senza la quale dimostrazione, la domanda di controparte sarebbe accolta «al convenuto incombe l’onere di provare l’esistenza del diritto a lui spettante (in virtù di un rapporto di natura obbligatoria o reale) di compiere l’attività lamentata come lesiva dall’attore (cfr. Cass. n.14442/2006; Cass. n.4120/2001)».

Ebbene, nella vicenda in commento, il condominio ha dimostrato che il passaggio delle tubazioni nel box degli attori era legittimato dall’ordine delle autorità nonché da una delibera assembleare valida ed efficace, visto che, allo stato degli atti, non risultava nemmeno impugnata.

Ecco spiegato il motivo del rigetto della proposta actio negatoria.

Obbligo indennitario a favore del fondo servente: quali presupposti?

Con la decisione in esame, seppur incidentalmente, il Tribunale di Monza precisa che il peso imposto ad una singola proprietà, nell’interesse del condomino e per legittima decisione del medesimo, può essere indennizzato.

Si tratta, perciò, di una circostanza che prescinde dall’accoglimento di un’actio negatoria e/o dall’inesistenza di un titolo valido che giustifica il diritto sulla cosa altrui.

Tale conclusione si fonda sull’art. 1173 c.c. «Le obbligazioni derivano da contratto, da fatto illecito, o da ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformità dell’ordinamento giuridico».

Ebbene, secondo l’ufficio lombardo, al proprietario de quo spetta l’onere di dimostrare che il cespite è state, in qualche misura, limitato dal peso in discussione. Ad esempio, tornando alla vicenda in commento, sarebbe stato necessario comprovare che le condotte dell’impianto anti incendio avevano influito, negativamente, sulla superficie, sull’altezza, sulla luminosità e sulla cubatura dello spazio fruibile.

Ovviamente, non essendo avvenuto ciò, gli attori non hanno ricevuto alcun indennizzo.

Sentenza
Scarica Trib. Monza 7 giugno 2022 n. 1304

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