La rappresentanza della comunione nell’assemblea condominiale
Abbiamo scritto molte volte, nel corso degli ultimi anni, circa il meccanismo della partecipazione indiretta del condòmino tramite delega ad altri soggetti, ma la pronuncia che esamineremo oggi prende posizione circa gli adempimenti cui si deve attenere l’Assemblea ed il suo Presidente, figura tutt’ora ambigua, dinnanzi alla partecipazione di un condòmino ‘particolare’, quale è la comproprietà di uno o più immobili, quindi la comunione.
La rappresentanza della comunione nell’assemblea condominiale. La pronuncia
La vicenda da cui origina la pronuncia viene avviata con citazione in giudizio, notificata dalla Comunione, costituita da un ente religioso, insieme a Tizia e Caio, nei confronti di Sempronio, nella qualità di Amministratore del Condominio, allo scopo di vedere annullate le delibere adottate durante un’Assemblea del 2021.
L’ente religioso insieme a Tizia e Caio costituivano una comproprietà pro indiviso su alcuni immobili facenti parte del Condominio convenuto, in particolare un appartamento, un locale e due magazzini.
L’ente religioso era divenuto proprietario di 2/3 dei suddetti immobili in virtù dell’istituzione ad erede universale recata dal testamento di Mevia, che l’ente aveva accettato con beneficio di inventario, mentre Tizia e Caio erano in possesso del rimanente 1/3 in quanto eredi universali di Filano.
La Comunione così formatasi decideva di affidare la gestione degli immobili che la costituivano al Sig. Rossi con delibera (della Comunione) del 26 gennaio 2021, con la quale la stessa autorizzava il Sig. Rossi a partecipare alle Assemblee del Condominio.
Il 18 gennaio 2021 Sempronio, Amministratore del Condominio, aveva convocato l’Assemblea da tenersi nei giorni 8 e 9 febbraio 2021.
Nel corso dell’Assemblea, l’Amministratore Sempronio, riferendo di doglianze a lui inoltrate da un altro condòmino, il Sig. Bianchi, che rivendicava la proprietà degli immobili della Comunione, dapprima contestava la delega rilasciata dalla Comunione medesima al Sig. Rossi e successivamente respingeva la delega dei comunisti Tizia e Caio affermando di non ritenerla valida in quanto espressa senza il concorso del Sig. Bianchi, proprietario di 2/3 all’interno della Comunione Sig. Bianchi – Tizia – Caio.
Sull’assunto che tale esclusione della Comunione, dovuta all’esclusione dei suoi rappresentanti, fosse illegittima e, pertanto, che avesse viziato il voto adottato dal Condominio, la Comunione domandava l’annullamento della delibera adottata.
Nel giudizio si costituivano Sempronio (apparentemente in proprio) ed il Condominio, eccependo la carenza di legittimazione attiva ed ancor prima della capacità di essere parte e stare in giudizio della Comunione in quanto tale, deducendo che essa, auto qualificatasi ente di gestione, sarebbe stata priva di personalità o soggettività giuridica non potendo così agire o resistere in giudizio.
Essi richiamavano il contenzioso concernente l’appartamento e le pertinenza di proprietà della defunta Mevia in corso tra i presunti eredi, cioè il Sig. Bianchi e l’ente religioso, sostenendo che, a dispetto del testamento di Mevia che istituiva erede l’ente religioso, ne esisteva uno successivo che aveva attribuito la proprietà dello stesso immobile al Sig. Bianchi, per cui due diversi soggetti rivendicavano l’eredità della de cuius. Narrava altresì il Condominio che il legale del Sig. Bianchi, ricevuta la convocazione, aveva diffidato il Condominio medesimo ad escludere l’ente religioso dalla partecipazione all’Assemblea quale comunista, allegando i titoli della proprietà, cioè il testamento posteriore pubblicato.
Nel giudizio interveniva il Sig. Bianchi in adesione alle difese di Sempronio e del Condominio, il quale comunicava della pendenza presso il medesimo Tribunale del giudizio tra lo stesso, l’ente religioso e Tizia e Caio, avente ad oggetto l’impugnazione dei due testamenti.
Il Tribunale di Roma, con la sentenza n. 18385 del 13 dicembre 2022, accoglie l’impugnativa della Comunione.
La delega in assemblea: i concetti fondamentali
Partiamo con il rammentare al lettore alcuni concetti fondamentali in tema di delega alla partecipazione dell’Assemblea di Condominio.
Spetta al Presidente dell’Assemblea verificare la presenza di tutti gli aventi diritto, anche tramite delega e la correttezza formale delle deleghe.
Infatti, la giurisprudenza ormai consolidata assegna al Presidente dell’Assemblea la responsabilità, nei confronti degli altri condòmini, di quanto avviene in Assemblea e di quanto si riporta nel verbale che rimane traccia e prova scritta di ciò che è avvenuto ed è stato deliberato.
Come noto, la delega è regolata dall’art. 67 disp. att. c.c., per cui sappiamo ormai che:
- la delega deve essere scritta
- nel caso di unità immobiliari di proprietà di più persone (comunione) esse avranno diritto ad un solo rappresentante (che potrà essere uno di loro oppure anche un terzo delegato), il quale porterà in Assemblea la volontà della comunione determinata ai sensi dell’art. 1106 c.c. e varrà una sola testa e la somma dei millesimi delle unità immobiliari possedute
- nel caso di persona che possieda più unità immobiliari, essa avrà diritto ad un rappresentante (cioè a partecipare, se non personalmente, a mezzo di delegato) che varrà una sola testa e la somma dei millesimi delle unità immobiliari possedute
- nel caso di un Condominio costituito da 21 condòmini e oltre (più di 20), il delegato potrà rappresentare al massimo 1/5 dei condòmini e del valore proporzionale
- all’Amministratore non possono essere conferite deleghe per nessuna Assemblea
Cosa accade se il Regolamento incide sulla scelta della persona da delegare? Ad esempio, se richiede che il delegato sia SOLAMENTE un altro condomino o un parente dello stesso?
Secondo la giurisprudenza, una siffatta clausola regolamentare ha i requisiti della ‘contrattualità’, cioè dovrà essere stata approvata da tutti i condòmini, perché incide sulla sfera dei diritti ed obblighi del singolo all’interno della compagine e, quindi, non attiene alla sfera attribuita all’Assemblea bensì alla ridotta sfera di autonomia privata dei singoli proprietari.
Laddove detta clausola sia stata approvata come sopra, essa prevarrà, in quanto, insegna la Suprema Corte, essa non incide sulla facoltà del condomino di prendere parte all’Assemblea, bensì solamente sulla MODALITÀ di tale esercizio.
Torniamo ora alla fattispecie oggetto di pronuncia.
Il magistrato avvia il proprio ragionamento proprio citando il disposto dell’art. 67, 2° comma, disp. att. c.c., a mente del quale, come abbiamo riportato sopra, «Qualora un’unità immobiliare appartenga in proprietà indivisa a più persone, queste hanno diritto a un solo rappresentante nell’assemblea, che è designato dai comproprietari interessati a norma dell’articolo 1106 del codice» e spiegando che questa norma ha come ratio «evitare che gli eventuali conflitti interni fra comunisti siano portati all’interno dell’assemblea di Condominio: la posizione dei comunisti deve essere unitaria di fronte agli altri condòmini.
Inoltre, l’esistenza di un rappresentante unico parifica il caso di proprietà comune a più soggetti ai casi di proprietà esclusiva ai fini della partecipazione “per testa” alle riunioni, facendo sì che in rappresentanza di ciascuna proprietà vi sia soltanto una “voce” in assemblea, in modo da rendere più equilibrato il dibattito. Gli eventuali contrasti fra comproprietari sull’assemblea condominiale vanno risolti all’interno del gruppo di modo che la volontà del rappresentante valga, quale espressione irretrattabile della volontà comune, per tutti, cioè, sia per i proprietari dissenzienti della minoranza, e sia per i rimanenti condomini».
Quanto ai rapporti tra comproprietari, il Giudice rammenta che sussiste un reciproco rapporto di rappresentanza, in virtù del quale ognuno di essi è legittimato a compiere atti di ordinaria amministrazione senza necessità di specifica delega (così Cassaz. n. 845/2020, citata in sentenza).
Ne deriva che le questioni interne alla comunione non possono ripercuotersi sul condominio che non potrebbe pertanto tenere in alcun conto un eventuale dissidio tra comproprietari e, quindi, le varie posizioni di ciascuno di essi. Se, poi, ai fini dell’adozione di una determinata delibera, i comproprietari della singola unità immobiliare non riescono ad esprimere una posizione unitaria, il condomino proprietario della stessa unità non potrà esprimere alcun voto. Nella stessa situazione, inoltre, qualora alla riunione si presentino più comproprietari dichiarando di non avere raggiunto una posizione univoca il Presidente dell’assemblea dovrà formalizzare una tale situazione invitando i comproprietari ad indicare il rappresentante della comunione nonché procedere in assenza di tale indicazione ad escludere ai fini del conteggio delle maggioranze i millesimi della unità immobiliare in comunione.
Nel caso di specie, tuttavia, a cagione di un fraintendimento circa la reale portata dei due testamenti, la soluzione è ancora differente.
Infatti, osserva il Tribunale che i due testamenti avevano disposizioni diverse: il secondo testamento aveva istituito erede del solo appartamento il Sig. Bianchi, mentre, per quanto concerneva i rimanenti immobili, cioè il locale ed i due magazzini, essi erano di proprietà della Comunione tra l’ente religioso, Tizia e Caio, di talchè non vi era ragione di escludere il loro rappresentante Sig. Rossi dall’Assemblea, trattandosi di entità immobiliari distinte.
Peraltro, vero che il primo testamento era sub iudice, ma non era stato dato atto di una decisione che lo avesse reso invalido, al momento di decisione del giudizio di cui è sentenza.
Pertanto, la delibera va annullata a causa della pretermissione di un condòmino (la Comunione) dalla discussione e dal voto.
Sentenza
Scarica Trib. Roma 13 dicembre 2022 n. 18385