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L’azione di responsabilità del costruttore può essere fatta valere dall’acquirente

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 37545 del 22 dicembre 2022, ha stabilito che il proprietario dell’immobile che lamenta infiltrazioni derivanti da vizi strutturali del bene può modificare la propria domanda per invocare la tutela garantita dall’art. 1669 cod. civ. per la responsabilità del costruttore rispetto all’originaria domanda volta ad azionare la garanzia per i vizi della cosa comprata ex art. 1495 cod. civ.

La pronuncia, ponendosi nel solco della giurisprudenza precedente, offre quindi al compratore l’opportunità di beneficiare di una maggior tutela, visto che i termini stabiliti per la rovina e i difetti di cose immobili sono molto più ampi rispetto a quelli garantiti al normale acquirente ai sensi dell’art. 1495 cod. civ. Approfondiamo la vicenda sottoposta all’attenzione della Suprema Corte.

Risarcimento danni per infiltrazioni: il caso

Il proprietario di un’unità immobiliare (garage) conveniva in giudizio la società venditrice per ottenere il risarcimento dei danni ex art. 1495 cod. civ.

A detta dell’attore, infatti, i vizi del bene avrebbero giustificato l’esperimento dell’azione volta ad attivare la garanzia per i difetti delle cose vendute.

Si costituiva in giudizio la società venditrice eccependo, in rito, lo spirare dei termini decadenziali e la prescrizione dell’azione di garanzia della cosa compravenduta e, nel merito, la totale infondatezza della pretesa.

Nella memoria ex art. 183, Vi co., nr. 1, cod. proc. civ. l’attore precisava che la domanda giudiziale dovesse essere qualificata come azione di responsabilità dell’appaltatore ai sensi dell’art. 1669 cod. civ., con conseguente applicazione dei termini di prescrizione più lunghi previsti dalla suddetta norma.

La società venditrice, infatti, risultava essere anche la costruttrice dell’immobile. Inoltre, il vizio lamentato, doveva intendersi quale grave difetto di costruzione consistente in un’alterazione dell’opera che riguardava parti essenziali della stessa, incidendo in maniera decisiva sul godimento dell’immobile.

Ai sensi dell’art. 1669 cod. civ., poi, il difetto di costruzione inchioda l’appaltatore alla propria responsabilità per i successivi dieci anni, con azione che si prescrive per il committente entro un anno dalla denuncia.

Le decisioni in primo e in secondo grado

Sia il tribunale che la corte d’appello rigettavano la domanda attorea, accogliendo l’eccezione della società convenuta, secondo la quale l’attore aveva operato una mutatio libelli inammissibile.

Avverso tali decisioni ricorreva per Cassazione l’attore, ritenendo di aver agito nel pieno rispetto di quanto concesso dall’art. 183, Vi co., nr. 1), cod. proc. civ., a tenore del quale è possibile “il deposito di memorie limitate alle sole precisazioni o modificazioni delle domande, delle eccezioni e delle conclusioni già proposte“.

La modifica della domanda giudiziale del compratore

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 37545 del 22 dicembre 2022 in commento, ha accolto il ricorso proposto dall’attore.

Secondo la Suprema Corte, la domanda era stata supportata, nei limiti temporali di definizione del thema decidendum, con allegazioni e documenti, tra cui il contratto di compravendita del bene per cui era giudizio.

I giudici di merito, tuttavia, avevano interpretato la domanda riconducendola alla fattispecie prevista dall’art. 1495 cod. civ., senza considerare il contenuto sostanziale della pretesa come desumibile dalla situazione dedotta in causa e dal provvedimento chiesto in concreto.

La sentenza impugnata ha, inoltre, erroneamente ritenuto domanda nuova l’indicazione dell’azione ex art. 1669 cod. civ. come operata dall’attore nella prima memoria ex art. 183, VI comma, cod. proc. civ.

Così decidendo, la Corte territoriale non ha correttamente applicato il principio di diritto, statuito con la sentenza resa Sezioni Unite n. 12310/2015 (confermata poi da numerose altre pronunce; ex multis, Cass., sent. n. 18546 del 7 settembre 2020), secondo cui la modificazione della domanda ammessa ex art. 183 cod. proc. civ. può riguardare anche uno o entrambi gli elementi oggettivi della stessa (petitum e causa petendi), sempre che la domanda così modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza che, perciò solo, si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte, ovvero l’allungamento dei tempi processuali.

In particolare, la sentenza impugnata ha omesso di considerare che l’attore aveva lamentato la sussistenza, nell’immobile acquistato, di vizi costruttivi che determinavano infiltrazioni di tale gravità da precluderne l’uso; che, in conseguenza, aveva chiesto dalla venditrice il risarcimento dei danni e che, con la specificazione della domanda, aveva prodotto il contratto di compravendita per dimostrare la qualità di venditore/costruttore della società convenuta.

Quest’ultima, pertanto, poiché la vicenda sostanziale in relazione alla quale è stata chiamata in giudizio non è mutata, non si è trovata rispetto alla specificazione contenuta nella prima memoria come dinnanzi alla domanda iniziale ed ha comunque avuto un congruo termine per potersi difendere e controdedurre anche sul piano probatorio.

L’azione di responsabilità del costruttore può essere fatta valere anche dall’acquirente

Ciò precisato, la Corte di Cassazione ricorda come sia principio consolidato quello secondo cui la responsabilità extracontrattuale sia sancita per ragioni e finalità di interesse generale e debba perciò ritenersi applicabile non soltanto ai rapporti tra committente e appaltatore, ma anche a quelli tra l’acquirente ed il costruttore/venditore, pur in mancanza, tra essi, di un formale contratto d’appalto; con la conseguenza che il predetto costruttore non può ritenersi sollevato dalla responsabilità verso l’acquirente per i gravi difetti, a norma dell’art. 1669 cod. civ., qualora l’opera sia stata eseguita (in tutto o in parte), su suo incarico o da un terzo, ma sotto la sua responsabilità (Cass., sent. n. 20877 del 30 settembre 2020).

La sentenza impugnata va quindi cassata, con rinvio alla corte d’appello in diversa composizione per nuova decisione.

Sentenza
Scarica Cass. 22 dicembre 2022 n. 37545

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