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L’estensione della proprietà condominiale ad edifici o fondi separati ed autonomi rispetto al complesso immobiliare: il ruolo del regolamento

L’estensione della proprietà condominiale ad edifici o fondi separati ed autonomi rispetto al complesso immobiliare in cui ha sede il Condominio può essere giustificata soltanto in ragione di un titolo idoneo a far ricomprendere il relativo immobile (fabbricato o terreno) nella proprietà del Condominio stesso, qualificando espressamente tale bene come ad esso appartenente negli atti in cui, attraverso la vendita dei singoli appartamenti, il Condominio risulta costituito.

Ne consegue che, ai fini dell’accertamento dell’appartenenza al Condominio di fondi ubicati in un’area separata rispetto all’edificio in cui si trovano gli appartamenti condominiali, nessun rilievo va ascritto in proposito al Regolamento di Condominio, non costituendo esso un titolo di proprietà (avendo la sola funzione di disciplinare l’uso della cosa comune e la ripartizione delle spese), aggiungendosi, inoltre, che nemmeno l’uso promiscuo di un bene fa presumere la contitolarità dei beni che se ne servono e da esso traggono vantaggio.

Questo quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, Sezione II, con l’ordinanza n. 7917 del 20 marzo 2023.

L’estensione della proprietà condominiale ad edifici o fondi separati ed autonomi rispetto al complesso immobiliare: il ruolo del regolamento. Fatto e decisione

Un Condominio agiva con azione di reintegra per ottenere la tutela del possesso del cortile, antistante l’edificio, adibito ad uso parcheggio, chiuso da sbarra di accesso, alla quale Tizio aveva apposto un lucchetto, così di fatto impedendo l’accesso e l’uso ai condòmini.

Tizio, ritenendosi proprietario dell’area cortilizia in forza del proprio acquisto, del gennaio 2004, domandava il rigetto dell’istanza del Condominio.

Il Tribunale, nella fase cautelare del ricorso possessorio, concedeva il provvedimento ed ordinava a Tizio di reintegrare il possesso in capo al Condominio.

Tizio proponeva allora domanda per la fase di merito, domandando l’accertamento della sua proprietà in capo all’area in questione; in quella sede, il Condominio costituitosi svolgeva riconvenzionale per l’accertamento della natura condominiale del terreno o, in subordine, dell’usucapione di detta area.

Il Tribunale del merito, svolta la CTU, rigettava la domanda di Tizio, accogliendo la riconvenzionale del Condominio e accertava che la proprietà dell’area spettava a quest’ultimo.

Avendo Tizio promosso appello, la Corte d’Appello di Torino lo rigettava, confermando la sentenza di I°, sulla scorta dell’osservazione per cui il Condominio, svolta un’eccezione riconvenzionale volta a contrapporre una situazione di fatto e di diritto preesistente a quanto affermato da Tizio ed a tutelare la proprietà comune derivante dal Regolamento, trascritto presso i registri immobiliari nel giugno 1976, aveva titolo, in forza di detto Regolamento, alla proprietà dell’area, attesa la trascrizione del Regolamento antecedente di ben 28 anni la trascrizione dell’atto di acquisto in capo a Tizio.

Tizio propone allora ricorso per Cassazione e la Corte, accogliendo due dei sei motivi addotti, cassa la sentenza con rinvio, esprimendo il principio di diritto cui dovrà attenersi il magistrato cui spetterà esaminare nuovamente il caso.

In particolare, la Corte osserva come l’errore in cui siano incorsi i Giudici dei due gradi di merito sta nella considerazione che l’area di cui si discute non è la medesima area su cui sorge il complesso poi diventato Condominio, bensì un’area attigua.

Per questo, la Corte spiega che non basta il Regolamento a qualificare detta area come bene comune condominiale, ma sarebbe stato necessario produrre i singoli (primi) atti di acquisto delle unità immobiliari del Condominio ove detta area fosse menzionata come bene acquistato in uno con l’unità immobiliare in Condominio, cosicché detta area sarebbe divenuta di proprietà comune a tutti i (futuri) condòmini.

La Corte rileva altresì che il Regolamento, per quanto trascritto, non rileva nei confronti dei terzi acquirenti di aree separate dal Condominio, perché il Regolamento si riferisce al Condominio e non ad aree separate; per fare sì che dette aree siano ‘visibili’ anche ai terzi come appartenenti al Condominio è necessario avere un titolo diverso, costituito, per l’appunto, dai singoli atti di acquisto dei proprietari delle unità immobiliari in Condominio i quali menzionino anche l’acquisto, in capo agli stessi proprietari, delle aree separate dal Condominio.

Considerazioni conclusive

Per ben comprendere la pronuncia in commento è necessario focalizzare l’attenzione sul fatto che Tizio non era condomino del Condominio sua controparte, bensì soggetto che acquisì un’area esterna al Condominio, dal medesimo costruttore dello stesso, ma che non acquisì poi anche un’unità immobiliare sita nel Condominio, così divenendo condomino.

Inoltre, altro elemento di fatto di non poco conto, l’area di cui è stata causa, che non era area su cui sorgeva l’edificio, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1117 c.c., bensì area separata, per quanto appartenente alla medesima società costruttrice che, successivamente, realizzò il Condominio e ne vendette i singoli appartamenti.

Come rammenta la Corte, “questa presunzione di comunanza del suolo su cui insiste il fabbricato condominiale non opera in direzione inversa, nel senso che non si presume comune ogni altro immobile, separato ed autonomo, eretto od insistente sul medesimo suolo su cui è sorto lo stabile condominiale; infatti, l’originaria titolarità, in capo al medesimo proprietario, dell’unico terreno in cui in tempi diversi siano stati costruiti l’edificio condominiale e il fabbricato distinto (o sia stata mantenuta, sul piano petitorio, separata una parte del suolo prima indiviso), non costituisce quest’ultimo come parte del Condominio stesso, se ciò non risulta dal relativo titolo di provenienza“.

Sentenza
Scarica Cass. 20 marzo 2023 n. 7917

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