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Separazione coniugi: decorrenza del diritto al ristoro per l’uso esclusivo della casa coniugale

Con l’ordinanza n. 10264/2023 la Corte di Cassazione chiarisce le condizioni in presenza delle quali l’ex coniuge comproprietario dell’immobile adibito a casa coniugale può ottenere il pagamento di un indennizzo da parte dell’altro coniuge che lo occupa in via esclusiva.

Giovedi 27 Aprile 2023

Il caso: Mevia conveniva in giudizio l’ex marito, Tizio, chiedendone la condanna al pagamento di un importo non inferiore ad euro 250,00 mensili a titolo di indennità di occupazione dell’immobile acquistato, in costanza di matrimonio, in regime di comunione, nel quale il convenuto era rimasto ad abitare nonostante il rigetto della sua domanda di assegnazione della casa coniugale.

Il tribunale condannava Tzio al pagamento in favore dell’attrice dell’importo di euro 3.150,00 annui, oltre rivalutazione ISTAT, dal febbraio 2007 fino allo scioglimento della comunione tra le parti sull’immobile in questione; la sentenza di primo grado veniva confermata dalla Corte d’Appello. Tizio ricorre quindi in Cassazione deducendo violazione e la falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonché degli artt. 155 e 1102 c.c., nella parte in cui la Corte territoriale aveva riconosciuto a Mevia il diritto al risarcimento da mancato godimento del bene nonostante il mancato dissenso all’utilizzo dell’immobile oggetto del contenzioso da parte della stessa e per avere, in ogni caso, erroneamente quantificato la relativa indennità di occupazione.

Per la Cassazione la doglianza è fondata nei seguenti termini:

a) se la natura del bene di proprietà comune non ne permette un simultaneo godimento da parte di tutti i comproprietari (come accertato in fatto per l’abitazione coniugale in questione), l’uso comune può realizzarsi o in maniera indiretta oppure mediante avvicendamento con un uso turnario da parte dei comproprietari, utilizzo che costituisce corretto esercizio del potere di regolamentazione dell’uso della cosa comune da parte della maggioranza, in quanto non ne impedisce il godimento individuale;

b) non appare condivisibile la decisione del giudice di secondo grado che ha ritenuto di riconoscere il diritto ad indennità di Mevia a far tempo dalla sentenza di separazione dei coniugi, in mancanza di una richiesta di rilascio del bene in favore della controricorrente ovvero di istanza di uso turnario del bene medesimo o di richiesta da parte della stessa di ricevere la quota parte dei frutti non goduti;

c) pertanto, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, che nel decidere la controversia si atterrà al principio di diritto secondo cui “in materia di comunione del diritto di proprietà, allorché per la natura del bene o per qualunque altra circostanza non sia possibile un godimento diretto tale da consentire a ciascun partecipante alla comunione di fare parimenti uso della cosa comune, secondo quanto prescrive l’art. 1102 c.c., i comproprietari possono deliberarne l’uso indiretto. In mancanza di deliberazione, il comproprietario che durante il periodo di comunione abbia goduto l’intero bene da solo senza un titolo che giustificasse l’esclusione degli altri partecipanti alla comunione, deve corrispondere a questi ultimi, quale ristoro per la privazione dell’utilizzazione pro quota del bene comune e dei relativi profitti, i frutti civili con decorrenza dalla data in cui allo stesso perviene manifestazione di volontà degli altri comproprietari di avere un uso turnario o comunque di godere per la loro parte del bene”.

Allegato:

Cassazione civile ordinanza 10264 2023

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