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Sezioni Unite: censura per il legale che accetta un incarico contro un precedente cliente prima dei due anni

A cura della Redazione.

La Corte di Cassazione a Sezioni Unite nella sentenza n. 14933 del 29 maggio 2023 si pronuncia in merito alla legittimità della sanzione disciplinare a carico dell’avvocato che abbia assunto un incarico professionale contro una parte già assistita prima del decorso di due anni, a nulla rilevando che il rapporto precedente avesse avuto ad oggetto vicende relative all’impresa, di cui era titolare l’odierna controparte, persona fisica.

Giovedi 1 Giugno 2023

Il caso: A seguito della denuncia fatta dall’imprenditore Tizio, l’avv. Caio veniva sottoposto a procedimento disciplinare avanti il Consiglio distrettuale di disciplina con incolpazione di avere assistito e difeso in qualità di parte civile la moglie di Tizio nel procedimento penale a carico di costui celebrato prima che fosse decorso il biennio dalla cessazione del rapporto professionale con il medesimo e ciò in violazione dell’art. 68, 1° comma Codice Deontologico.

Il procedimento si concludeva con l’irrogazione della cansura.

Il CNF rigettava il gravame proposto dal legale, che ricorre in Cassazione, lamentando la violazione o falsa applicazione degli artt. 23 e 68 del codice deontologico forense emanato a seguito della legge 31/12/2012, n. 247, in quanto il rapporto professionale con Tizio aveva avuto a oggetto vicende relative all’impresa individuale del medesimo, sicché la “parte assistita” in quel caso doveva reputarsi identificabile non con Tizio quale persona fisica ma, per l’appunto, con l’impresa, in relazione ai “beni giuridici” a essa relativi.

Per la Cassazione, la censura non ha fondamento: sul punto rileva che:

a) l’art. 68 della l. cit. prevede che “l’avvocato può assumere un incarico professionale contro una parte già assistita solo quando sia trascorso almeno un biennio dalla cessazione del rapporto professionale”;

b) dalla circostanza che la norma adoperi il termine “parte”, anziché quelli di “cliente” o “persona”, non può pretendersi (come invece fa il ricorrente) che la norma abbia alluso al soggetto non in quanto tale ma in relazione alle posizioni giuridiche coinvolte nell’affare affidato all’avvocato;

c) ciò è in dissidio con la più elementare logica, non soltanto giuridica, poiché ai fini dell’illecito disciplinare rileva il nocumento d’immagine cagionato alla professione forense nel caso in cui l’avvocato, dopo aver assunto la difesa di un soggetto, diventi difensore di un suo avversario senza che sia trascorso un adeguato intervallo temporale;

d) né d’altronde nel caso della ditta individuale esiste un’impresa che possa dirsi distinta dal soggetto che ne è titolare: la ditta individuale non è un soggetto diverso dal titolare, ma è semplicemente il nome col quale l’imprenditore esercita la sua attività; pertanto non è possibile a nessun effetto di legge attribuire soggettività giuridiche distinte alla ditta individuale e alla persona fisica che con tale denominazione si identifica nell’esercizio della sua attività d’impresa;

e) nei rapporti tra avvocato e cliente la nozione di conflitto di interessi, rilevante ai sensi del richiamato e complementare art. 24 del vigente codice deontologico forense, comprende tutti i casi in cui, per qualsiasi ragione, il professionista si ponga processualmente in antitesi con il proprio assistito.

Allegato:

Cassazione Sezioni Unite sentenza 14933 2023

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