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Gratuito patrocinio: per l’ammissione vanno considerati anche i redditi del convivente

Ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello stato vanno computati anche i redditi del convivente more uxorio con il soggetto richiedente il suddetto beneficio. Ciò in linea con la significativa evoluzione sociale, normativa e giurisprudenziale che ha portato al riconoscimento della famiglia “di fatto” quale situazione avente rilevanza giuridica.

Martedi 11 Luglio 2023

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con l’ordinanza 18134/2023, pubblicata il 26 giugno 2023.

IL CASO: La vicenda approdata all’esame dei giudici di legittimità parte da due distinti provvedimenti con i quali il Tribunale aveva revocato ad un soggetto l’ammissione al beneficio del gratuito patrocinio, disposta in via anticipata e provvisoria dal consiglio dell’ordine, in relazione a due giudizi civili che si erano svolti innanzi all’ufficio giudiziario dove il beneficiario aveva la residenza, e rigettava la richiesta di liquidazione dei compensi avanzata dal suo legale per l’attività svolta nell’ambito dei suddetti procedimenti.

Il beneficio era stato revocato per il superamento della soglia del reddito da parte del beneficiario, fissata dal primo comma dell’art. 76 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002. Nel calcolo, il Tribunale aveva considerato anche il reddito del convivente con il soggetto richiedente il beneficio.

I provvedimenti di revoca venivano confermati dal Tribunale in sede di opposizione promossa dall’ex beneficiario del gratuito patrocinio e dal suo avvocato, non avendo gli opponenti fornito la prova della cessazione del rapporto di convivenza.

Pertanto, entrambi i soccombenti, investivano della questione la Corte di Cassazione i quali, fra i vari motivi dell’impugnazione, deducevano l’erroneità della decisione dei giudici di merito, sostenendo che ai fini della verifica della sussistenza delle condizioni per l’ammissione al gratuito patrocinio, i redditi del richiedente il beneficio non andavano sommati a quelli prodotti dalla sua ex compagna di vita, stante la cessazione da tempo del rapporto di convivenza e che il loro legame affettivo “risultava chiaramente venuto meno anche de facto” dopo che il ricorrente era stato sottoposto a detenzione carceraria per aver riportato una condanna penale definitiva.

LA DECISIONE: Il ricorso è stato ritenuto infondato dalla Corte di Cassazione la quale nel rigettarlo ha osservato che:

  1. ai sensi dell’articolo 76, comma 2, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, se l’interessato convive con il coniuge o con altri familiari, il reddito da tenere in considerazione ai fini dell’ammissione al beneficio del gratuito patrocinio e’ costituito dalla somma dei redditi conseguiti nel medesimo periodo da ogni componente della famiglia, compreso l’istante;

  2. come affermato in altri arresti giurisprudenziali di legittimità, la locuzione “componente della famiglia” ha una sua specifica pregnanza, avendo il legislatore voluto tenere conto della capacità economico-finanziaria di tutti coloro che, per legami giuridici o di fatto, comunque concorrono a formare il reddito familiare del soggetto richiedente il beneficio; e ciò in quanto non sarebbe conforme ai principi costituzionali di solidarietà, di equa distribuzione e di partecipazione di ogni cittadino alla spesa comune attraverso il prelievo fiscale il fatto di gravare i contribuenti del costo della difesa di chi può fruire dell’apporto economico dei vari componenti il nucleo familiare, ancorchè il suo reddito personale gli consenta di accedere al beneficio;

  3. in tema di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, il rapporto di convivenza familiare, essendo caratterizzato da continuativi rapporti di affetto, da costante comunanza di interessi e responsabilità, e dunque da un legame stabile e duraturo, prescinde dalla coabitazione fisica e non può ritenersi escluso dallo stato di detenzione, pur protratto nel tempo, di uno dei componenti del nucleo familiare, il quale, pertanto, anche in questo caso, non può omettere di indicare, nell’istanza di ammissione, il reddito dei familiari conviventi;

  4. la prova della convivenza, proprio perché realizza una situazione di fatto e non di diritto, non può essere fornita solo attraverso la produzione delle risultanze anagrafiche, essendo invece ricavabile da ogni accertata evenienza fattuale che, nella sostanza e nella realtà, dia contezza della sussistenza di un simile rapporto;

Nel caso esaminato, hanno concluso gli Ermellini, correttamente il Tribunale ha provveduto alla revoca del beneficio in quanto era stato appurato, sulla scorta delle informazioni fornite dall’Ufficio Finanziario competente, che il ricorrente, durante la pendenza dei giudizi civili per i quali era stato richiesto il beneficio del gratuito patrocinio conviveva e che nessuna prova era stata fornito circa la cessazione del rapporto di convivenza.

Allegato:

Cassazione civile ordinanza 18134 2023

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