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Usucapire il sottotetto non è operazione semplice!

Il sottotetto, a seconda dell’altezza, della praticabilità del solaio, delle modalità di accesso e dell’esistenza o meno di finestre, si distingue in: camera d’aria o palco morto, e, cioè, vano sprovvisto di solaio idoneo a sopportare il peso di persone e cose, destinato essenzialmente a preservare l’ultimo piano dell’edificio dagli agenti atmosferici; soffitta, ossia vano inabitabile ma utilizzabile soltanto, ad esempio, come deposito o stenditoio; “mansarda”, e cioè locale abitabile.

La titolarità del sottotetto

Molto spesso tale ambiente è da considerare pertinenza dell’appartamento sito all’ultimo piano, qualora assolva all’esclusiva funzione di isolare e proteggere la stessa abitazione dal caldo, dal freddo e dall’umidità, fungendo da camera d’aria isolante.

In tal caso questo locale, ponendosi in rapporto di dipendenza con i vani stessi, cui serve da protezione, non può essere separato dai locali sottostanti di proprietà esclusiva di un condomino senza che si verifichi l’alterazione del rapporto di complementarietà dell’insieme.

Tale situazione ricorre certamente se tale vano è di altezza limitata e privo di prese d’aria, risulta esattamente sovrapponibile al sottostante appartamento, non è collegato da scale condominiali, non è dotato di pavimentazione.

Quando, invece, il sottotetto abbia dimensioni e caratteristiche strutturali tali da consentirne l’utilizzazione come vano autonomo, la sua appartenenza va determinata in base al titolo.

In mancanza del titolo, deve farsi riferimento alle sue caratteristiche strutturali e funzionali, sicché, quando il sottotetto sia oggettivamente destinato (anche solo potenzialmente) all’uso comune o all’esercizio di un servizio di interesse comune, può applicarsi la presunzione di comunione ex art. 1117 c.c., comma 1.

Così è comune il sottotetto costituito da un ambiente unico (privo di collegamenti diretti con gli appartamenti sottostanti) che ospita impianti condominiali (tubazioni, esalatori fogne, centraline tv ecc.) ed è dotato di un accesso tramite la scala condominiale, un pavimento in cemento e un’altezza che ai margini è pari a zero ma che raggiunge circa 3 metri al sottocolmo.

L’usucapione del sottotetto

Bisogna considerare che, in mancanza del titolo ed indipendentemente dalle caratteristiche strutturali del sottotetto, ciascun condomino, qualora ricorrano i requisiti previsti dalla legge, potrebbe sempre usucapire tale vano comune.

Attenzione, però, che il godimento esclusivo della cosa comune da parte di uno dei condomini, in ragione della peculiare ubicazione del bene e delle possibilità di accesso ad esso, non è comunque, di per sé, idoneo per usucapire, essendo, al contrario, comunque necessaria, a fini di usucapione, la manifestazione del dominio esclusivo sul bene comune da parte dell’interessato attraverso un’attività apertamente contrastante ed incompatibile con il possesso altrui, gravando l’onere della relativa prova su colui che invochi l’avvenuta usucapione del bene.

Così ad esempio per usucapire il sottotetto sarà necessaria la chiusura della porta di accesso a tale vano con un lucchetto di cui solo l’interessato all’usucapione conserva le chiavi.

Al contrario l’utilizzo del bene comune da parte di un condomino in modo più intenso rispetto agli altri non determina l’insorgenza dell’usucapione.

Infatti, ciascun comproprietario ha il diritto a trarre dal bene comune una maggiore utilità, purché non impedisca il pari uso degli altri o alteri la destinazione del bene.

Occupare il sottotetto con numerosi scatoloni, lasciando però la possibilità di accedere a tale locale anche agli altri condomini che tollerano la situazione, non porterà mai ad usucapire tale parte comune.

In ogni caso non è indispensabile che vi sia l’elemento soggettivo della buona fede, ma dovrà pur sempre trattarsi di un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale (ed il possesso – che deve essere accompagnato dall’intenzione di esercitare un potere sulla cosa usucapita – deve protrarsi ininterrottamente per venti anni o 10 anni se è stato acquistato in buona fede in base ad un titolo trascritto astrattamente idoneo a trasferire la proprietà).

Profili processuali

In caso di domanda rivolta all’acquisto del diritto di proprietà su bene comune a tutti i condomini, i singoli contitolari del diritto sono litisconsorti necessari unitamente all’amministratore condominiale e, non possono esser rappresentati da quest’ultimo senza apposito mandato.

Il potere rappresentativo dell’amministratore si riflette nella facoltà di agire e resistere unicamente per la tutela dei diritti sui beni comuni, restando escluse le azioni che incidono sulla condizione giuridica dei beni stessi.

A conferma di ciò, va ricordato che la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che il contraddittorio non è correttamente instaurato in un’ipotesi di azione di accertamento di intervenuta usucapione di un diritto di servitù su parti comuni, notificata nei confronti dell’amministratore e di alcuni condomini (Cass. civ., Sez. II, 10/11/2021, n. 33104).

È stato precisato però che è possibile procedere all’integrazione del contraddittorio, ai sensi dell’art. 102 c.p.c., comma 2, soltanto laddove almeno uno dei soggetti legittimati passivi sia già stato ritualmente citato in causa (Trib. Venezia 29 giugno 2023 n. 1146).

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