English EN French FR Italian IT Spanish ES

Parametri forensi:: quale scaglione applicare in caso di sproporzione tra domanda e decisum

La Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 28885/2023 chiarisce quale criterio di liquidazione applicare per il compenso dell’avvocato nel caso in cui vi sia una notevole sporporzione tra il petitum e il decisum del giudizio presupposto.

Lunedi 13 Novembre 2023

Il caso: Tizio con ricorso ex art. 702 bis, chiedeva la liquidazione del compenso per la prestazione professionale di avvocato in relazione alla attività di assistenza prestata in favore del proprio assistito (medico), che era stato convenuto da una paziente per risarcimento di un danno biologico.

Per la liquidazione delle proprie competenze, il professionista faceva riferimento al petitum del giudizio presupposto (compreso nello scaglione 52.000,00 euro – 260.000,00 euro) sicché, applicando i parametri medi, otteneva un importo complessivo di euro 13.430,00 per competenze che, sommato agli accessori (15% RSG, IVA, CAP, esborsi), portava ad euro 19.805,98.

Il Tribunale, invece, calcolava gli onorari prendendo in considerazione il decisum del giudizio presupposto, all’esito del quale il medico, Caio, era stato condannato a pagare alla paziente euro 8.225,00 a titolo di risarcimento del danno; di conseguenza il Tribunale liquidava al professionista l’importo di euro 4.835,00 per compensi (ottenuto applicando i parametri medi in ragione dello scaglione 5.200,00-26.000,00 euro), oltre gli accessori, nonché l’importo di euro 1.558,00 per spese di lite, oltre accessori.

Tizio ricorre in Cassazione, lamentando la violazione degli artt. 2233, 13 L. 247/2012; 4 e 5 DM 55/2014; in particolare:

– il Tribunale ha erroneamente applicato il criterio del decisum per la liquidazione del compenso, che è applicabile, ai sensi dell’art. 5 comma 1 DM 55/14 alle liquidazioni a carico della parte soccombente, laddove per le liquidazioni a carico del cliente l’art. 5, comma 2, fa riferimento al criterio della domanda;

– la liquidazione disposta, quindi, sarebbe illegittima e riconoscerebbe al ricorrente un compenso inferiore ai minimi tabellari previsti per il parametro effettivamente applicabile alla fattispecie.

Per la Cassazione la doglianza è infondata:

a) in effetti il D.M. n. 55 del 2014, art. 5, comma 2, prima parte, prevede nella liquidazione dei compensi “a carico del cliente”, che si abbia riguardo “al valore corrispondente all’entità della domanda” mentre, a norma del D.M. n. 55 cit., art. 5, comma 1, solo nella liquidazione dei compensi a carico del soccombente, si ha di norma riguardo, nei giudizi di pagamento di somme di denaro, alla somma attribuita alla parte vincitrice piuttosto che a quella domandata;

b) però il suddetto principio non esclude che, come si desume dalla seconda parte dell’art. 5 cit., stesso comma 2, oltre che dalla prima parte del successivo comma 3, che il giudice debba verificare se la somma domandata sia manifestamente diversa rispetto al “valore effettivo della controversia”, così come determinato anche in ragione dell’entità economica dell’interesse sostanziale;

c) anche in questi casi, il giudice, ove ravvisi una manifesta sproporzione tra il formale “petitum” e l’effettivo valore della controversia, quale è desumibile dai sostanziali interessi in contrasto, gode di una generale facoltà discrezionale di adeguare la misura dell’onorario all’effettiva importanza della prestazione, in relazione alla concreta valenza economica della controversia;

d) nel caso della liquidazione degli onorari a carico del cliente, quindi, l’indagine, che di volta in volta il giudice di merito deve compiere,è quella di verificare l’attività difensiva che il legale ha dovuto apprestare, tenuto conto delle peculiarità del caso specifico, in modo da stabilire se l’importo oggetto della domanda possa costituire un parametro di riferimento idoneo ovvero se lo stesso si riveli del tutto inadeguato rispetto all’effettivo valore della controversia;

e) nel caso in esame, il giuidce ha ritenuto che l’importo della domanda non corrispondeva all’effettivo valore della controversia data l’evidente sproporzione rispetto a quanto poi effettivamente riconosciuto alla controparte anche in ragione dell’entità economica dell’interesse sostanziale e, dunque, ha correttamente applicato il diverso valore di riferimento.

Allegato:

Cassazione civile ordinanza 28885 2023

Condividi