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Dimissioni amministratore: come gestirle?

In realtà la formula di legge non rende bene l’idea di quali siano effettivamente i poteri dell’amministratore in regime di prorogatio il quale, a ben vedere, conserva quasi tutte le prerogative dell’amministratore pienamente in carica.

L’amministratore ad interim può infatti:

  • compiere gli atti di ordinaria amministrazione, come ad esempio raccogliere le quote condominiali, pagare le bollette, convocare le assemblee (ordinarie e straordinarie) ed ordinare l’esecuzione degli interventi di piccola manutenzione;
  • compiere gli atti conservativi a tutela delle ragioni condominiali, come ad esempio agire in giudizio per il recupero del credito dei morosi o nominare un avvocato per costituirsi nella causa intentata contro il condominio;
  • compiere ogni tipologia di attività urgente, anche straordinaria.

Si pensi alla necessità di incarica una ditta edile affinché metta in sicurezza un terrazzo pericolante.

Alla luce di ciò, sembrerebbero escluse solamente le attività straordinarie non urgenti, come ad esempio le pratiche per avviare l’appalto di lavori non indispensabili (realizzazione di una piscina condominiale, ecc.).

Peraltro, se solo si pensa che l’art. 1135 c.c. riserva le attività di manutenzione straordinaria alla competenza assembleare, è davvero difficile comprendere quali siano le differenze tra amministratore in prorogatio e amministratore nel pieno esercizio del suo mandato.

Dimissioni amministratore: chi gestisce la documentazione condominiale?

L’art. 1129 c.c. stabilisce che «Alla cessazione dell’incarico l’amministratore è tenuto alla consegna di tutta la documentazione in suo possesso afferente al condominio e ai singoli condòmini».

Tale adempimento sembra essere indipendente dal dovere di continuare a gestire il condominio fino alla nomina di un sostituto; tanto si ricava dall’utilizzo della congiunzione coordinante copulativa “e”; così testualmente: «Alla cessazione dell’incarico l’amministratore è tenuto alla consegna di tutta la documentazione in suo possesso afferente al condominio e ai singoli condomini e ad eseguire le attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni senza diritto ad ulteriori compensi».

Insomma: parrebbe che una cosa (la consegna della documentazione) non escluda l’altra (la prosecuzione della gestione).

Tuttavia, è difficile immaginare come l’amministratore, cedendo la documentazione condominiale, ivi compresi i registri, possa continuare a gestire l’immobile con la dovuta diligenza.

La formulazione della norma lascia pensare che il legislatore abbia immaginato la prorogatio imperii come una situazione emergenziale di brevissimo respiro, una sorta di interregno tra un mandatario e un altro.

Al contrario, la proteiforme realtà condominiale ci restituisce situazioni molto eterogenee, tra le quali compare anche quella di condomìni che attendono anni prima di incaricare formalmente un nuovo amministratore.

Per tale ragione, deve ritenersi che l’amministratore in prorogatio debba realmente restituire la documentazione in suo possesso solo al passaggio delle consegne, cioè allorquando un nuovo amministratore gli subentri.

Non può invece restituire la documentazione e, al contempo, continuare ad amministrare l’edificio, trattandosi di due attività poste in contraddizione.

Dimissioni amministratore: cosa fare?

Sebbene l’istituto della prorogatio imperii assicuri stabilità alla gestione dell’edificio, ricevute le dimissioni l’assemblea non deve perdere tempo, provvedendo immediatamente alla nomina di un nuovo amministratore.

Solitamente, poiché le dimissioni vengono rese in un’assemblea straordinaria appositamente convocata, già in quella sede si potrà procedere alla nuova designazione.

Nulla vieta, però, che l’assemblea possa decidere di aggiornarsi, magari allorquando saranno stati raccolti sufficienti preventivi da confrontare.

Non si dimentichi, infatti, che i condòmini possono chiedere all’amministratore (anche in prorogatio) di convocare l’assemblea, e che questi deve provvedervi necessariamente se la richiesta proviene da almeno due condòmini che rappresentino un sesto del valore dell’edificio.

Se, invece, la compagine dovesse tardare nella nomina di un nuovo amministratore, quello uscente può:

  • chiedere la nomina di un suo sostituto direttamente al giudice. Tanto è previsto direttamente dal primo comma dell’art. 1129 c.c., a tenore del quale «Quando i condomini sono più di otto, se l’assemblea non vi provvede, la nomina di un amministratore è fatta dall’autorità giudiziaria su ricorso di uno o più condomini o dell’amministratore dimissionario»;
  • imporre la consegna della documentazione a uno dei condòmini, ove il ricorso al giudice non sia consentito per la facoltatività della nomina (quindi, negli edifici con non più di otto proprietari).

Se l’amministratore si dimette all’improvviso l’assemblea può chiedere i danni?

Amministratore dimissionario: si possono chiedere i danni?

Non va sottaciuta, infine, l’ipotesi di richiesta di risarcimento danni all’amministratore dimissionario, qualora quest’ultimo si “defili” improvvisamente, lasciando in sospeso importanti pratiche ancora in corso (ad esempio, quella per ottenere le agevolazioni legate al Superbonus).

Ai sensi dell’art. 1727 c.c., «Il mandatario che rinunzia senza giusta causa al mandato deve risarcire i danni al mandante».

In effetti, la portata della sopracitata norma dovrebbe essere disinnescata dall’istituto della prorogatio che, come più volte ricordato, garantisce la continuità della gestione; è pur vero, però, che qualora l’amministratore sparisse realizzando un vero coup de théâtre potrebbe ugualmente danneggiare gli interessi della compagine.

L’amministratore di condominio, per essere davvero certo che la compagine non possa agire contro di lui chiedendogli i danni, farebbe quindi bene a giustificare le proprie dimissioni o, quantomeno, a rinunciare all’incarico concedendo ai condòmini un congruo lasso di tempo per trovare un sostituto, in modo tale che la gestione dell’edificio non sia bruscamente interrotta.

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