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Ex coniuge perde la disponibilità della casa familiare: conseguenze sull’assegno di divorzio

La revoca dell’assegnazione dell’abitazione familiare costituisce una sopravvenienza sfavorevole per l’ex coniuge e può quindi giustificare la revisione dell’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge.

Così ha deciso la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 7961 del 25 marzo 2024.

Giovedi 28 Marzo 2024

Il caso: Con ricorso ex art. 9 L. 898/70 Tizio chiedeva al Tribunale di Brescia di revocare l’assegnazione all’ex coniuge Mevia della casa coniugale, di proprietà esclusiva del ricorrente -in quanto entrambi i figli maggiorenni non erano più conviventi con la madre.

Mevia si costituiva in giudizio e  si dichiarava disposta a rilasciare la casa coniugale, ma chiedeva che le fosse riconosciuto un congruo termine ed anche l’aumento dell’assegno divorzile da Euro 800,00 ad Euro 1.500,00 mensili.

Il Tribunale di Brescia accoglieva il ricorso presentato da Tizio disponendo la revoca dell’assegnazione della casa familiare, e rigettava la domanda di Mevia volta all’aumento dell’assegno divorzile; la Corte d’appello, su reclamo di Mevia, emetteva decreto di accoglimento del reclamo e, a modifica delle condizioni di cui alla sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio, statuiva, tra l’altro, l’obbligo di Tizio di versare a Mevia. la somma di Euro 1.200 a titolo di contributo di mantenimento a decorrere dalla domanda, somma da rivalutarsi annualmente secondo gli indici Istat.

Tizio ricorre in Cassazione, in particolare lamentando che:

  • la Corte d’appello aveva aumentato l’assegno divorzile all’ ex moglie, considerando le presunte cause della disparità di reddito tra le parti e il presunto contributo della donna alla vita familiare, in base a circostanze che erano già state valutate nel procedimento di divorzio e che non potevano formare oggetto di nuove valutazioni nel procedimento ex art. 9 L. n. 898 del 1970, se non limitatamente ai fatti sopravvenuti;

  • nella specie la ex moglie aveva evidenziato, al fine di ottenere l’incremento dell’assegno, solo la perdita della disponibilità della casa coniugale, senza neppure dimostrare le spese per il reperimento di una nuova abitazione, che in effetti al ricorrente non risultavano sostenute perché la donna era andata a vivere gratuitamente in una casa di proprietà del padre.

La Cassazione, nel rigettare il ricorso, in merito alla revoca dell’assegnazione della casa coniugale, puntualizza quanto segue:

a)  la revoca dell’assegnazione della casa familiare costituisce una modifica peggiorativa delle condizioni economiche del genitore che ne fruisce insieme ai figli e una sopravvenienza migliorativa per l’altro che ne sia il proprietario esclusivo, il quale, ad esempio, può andarvi ad abitare o concedere il bene in locazione a terzi o comunque impiegarlo in attività produttive, compiendo, in sintesi, attività suscettibili di valutazione economica che durante l’assegnazione all’altro genitore non erano consentite;

b) la disponibilità dell’abitazione della casa familiare, come pure la perdita della stessa, costituiscono circostanze suscettibili essere valutate perché connotano le condizioni di vita della persona anche se non si trasformano in vero e proprio reddito o non incidono sul suo patrimonio, costituendo comunque un vantaggio suscettibile di assumere volta per volta connotazione economica.

Da tali considerazioni la Corte enuncia il seguente principio di diritto: “In tema di revisione delle condizioni di divorzio, costituisce sopravvenienza valutabile, ai fini dell’accertamento dei giustificato motivi per l’aumento dell’assegno divorzile, la revoca dell’assegnazione della casa familiare di proprietà esclusiva dell’altro ex coniuge, il cui godimento, ancorché funzionale al mantenimento dell’ambiente familiare in favore dei figli, costituisce un valore economico non solo per l’assegnatario, che ne viene privato per effetto della revoca, ma anche per l’altro coniuge, che si avvantaggia per effetto della revoca, potendo andare ad abitare la casa coniugale o concederla in locazione a terzi o comunque impiegarla in attività produttive, compiendo attività suscettibili di valutazione economica che, durante l’assegnazione all’altro coniuge, non erano consentite.”

Allegato:

Cassazione civile ordinanza 7961 2024

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