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Esercizio abusivo della professione di avvocato: presupposti

A cura della Redazione.

La Sesta Sezione penale della Corte di Cassazione nella sentenza n. 13341 del 2 aprile 2024 si pronuncia in merito ai presupposti in presenza dei quali è configurabile il reato di esercizio abusivo della professione di avvocato.

Giovedi 4 Aprile 2024

Il caso: la Corte di appello di Venezia confermava la sentenza del Tribunale di Venezia, che aveva condannato l’imputata Mevia per il reato di esercizio abusivo della professione (art. 348 cod. pen.) alla pena mesi tre e giorni dieci di reclusione.

Con l’imputazione era stato contestato all’imputata di aver compiuto atti tipici della professione forese, qualificandosi nella corrispondenza come “avvocato” e svolgendo attività stragiudiziale nelle trattative per la composizione bonaria di un contenzioso civilistico, pur non essendo iscritta all’Albo degli Avvocati.

Mevia ricorre in Cassazione, deducendo, come secondo motivo, la violazione di legge in relazione alla sussistenza del reato contestato: per la ricorrente:

– la fattispecie penale in esame richiede il compimento di atti tipici riservati alla professione protetta;

– nel caso dell’avvocato la legge n. 247 del 2012 stabilisce quali siano le attività esclusive dell’avvocato, tra le quali pone anche la consulenza legale e l’assistenza legale stragiudiziale, purché connesse all’attività giurisdizionale;

– nel caso in esame la attività contestata all’imputata ha ad oggetto soltanto contatti cartolari e telefonici e non una vera e propria trattativa, o attività limitate al recupero di crediti (attività non esclusiva dell’avvocato).

La Suprema Corte, nel ritenere infondato il ricorso, osserva:

a) integra il reato di esercizio abusivo di una professione di cui all’art. 348 cod. pen., il compimento senza titolo di atti che, pur non attribuiti singolarmente in via esclusiva a una determinata professione, siano univocamente individuati come di competenza specifica di essa, allorché lo stesso compimento venga realizzato con modalità tali, per continuatività, onerosità e organizzazione, da creare, in assenza di chiare indicazioni diverse, le oggettive apparenze di un’attività professionale svolta da soggetto regolarmente abilitato;

b) al contrario, non commette il reato di abusivo esercizio della professione di avvocato il soggetto che si limiti all’occasionale compimento di una attività stragiudiziale, non potendo una prestazione isolata essere sintomatica di un’attività svolta in forma professionale, in modo continuativo, sistematico ed organizzato;

c) nel caso di specie, però, i Giudici di merito hanno ravvisato l’abusivo esercizio della professione di avvocato nell’attività stragiudiziale, rientrante nella professione legale, portata avanti dalla ricorrente con continuità, organizzazione, onerosità e con modalità tali da creare le apparenze di un’attività professionale svolta da soggetto regolarmente abilitato (come l’uso della carta intestata intestata a Mevia);

d) infatti, tutte le pratiche di cui era stata incaricata la ricorrente erano connesse o strettamente prodromiche (e dunque “connesse”) ad un contenzioso civilistico: transazione stragiudiziale per una controversia per il risarcimento danni, diffida dei debitori morosi con l’avvertimento dell’azione legale che sarebbe stata intrapresa, recupero di crediti portata avanti nella prospettiva di azioni legali.

Allegato:

Cassazione penale sentenza 13341 2024

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