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La traduzione degli atti per l’imputato e la Vittima di reato alloglotta

La delicata questione era stata rimessa alle SS..UU.con Ordinanza n.30551/2023 del 16 Ottobre 2023 per pronunciarsi sulla questione in punto di diritto “se la mancata tradu zione, entro un termine congruo, in lingua nota all’imputato che non conosca la lingua italiana, dell’ordinanza che dispone una misura cautelare personale determini la nullità di detto provvedimento ovvero la perdita di efficacia della misura oppure comporti solo il differimento del termine per proporre impugnazione”.

Con la sentenza in commento le Sezioni Unite penali hanno sancito che “l’ordinanza di custodia cautelare personale emessa nei confronti di un imputato o indagato alloglotta, ove sia già emerso che questi non conosca la lingua italiana, è affetta, in caso di mancata traduzione, da nullità ai sensi del combinato disposto degli artt. 143 e 292 cod. proc. pen.

Ove, invece, non sia già emerso che l’indagato o imputato alloglotta non conosca la lingua italiana, l’ordinanza di custodia cautelare non tradotta emessa nei suoi confronti è valida fino al momento in cui risulti la mancata conoscenza di detta lingua,che comporta l’obbligo di traduzione del provvedimento in un congruo termine;

la mancata traduzione determina la nullità dell’intera sequenza di atti processuali compiuti sino a quel momento, in essa compresa l’ordinanza di custodia cautelare“.

In definitiva,come affermato nella stessa Ordinanza di rimessione, la mancata traduzione determina non solo la nullità della Ordinanza custodiale ma anche degli atti procedi mentali da cui la stessa trae origine,ai sensi dell’art.178 lett c) del C.P.P.

Come già esposto nella stessa Rivista (v La Vittima di Reato alloglotta dopo la Direttiva Europea 29/2012/UE,Agosto 2023) la Direttiva Europea n.29 del 2012 ha introdotto ta una serie di diritti pre – processuali e processuali non solo per gli imputati ma anche per le vittime di reato,di alloglotte di cui occorre ricordare i punti essenziali alla luce della sentenza in commento.

Sta di fatto che l’Unione Europea, con la Direttiva emanaata,presa in considerazione le rilevanti divergenze di sistemi processuali, tutt’ora esistenti negli Ordinamenti interni dei Paesi Membri,ha sollecitato questi ultimi ad apportare sistemi di tutela minimi in favore delle vittime di reato,in precedenza sanciti solo per l’imputato dalla CEDU.

Il provvedimento,benché persegua,principalmente,l’obiettivo dichiarato di rafforzare specifici diritti per le vittime (in particolare: informazione,assistenza, protezione e partecipazione),richiede che alla persona offesa venga assegnato un chiaro ruolo nel sistema di giustizia penale nazionale.

Inoltre, la Direttiva disciplina le prerogative di tutte le vittime, indicando le modalità di individuazione delle vittime meritevoli di particolari strumenti di tutela, pure disciplinati nel testo del provvedimento.

In particolare,la Direttiva rivolge una particolare attenzione alla Vittima Straniera alloglotta,anche alla luce dell’accresciuto numero delle presenze straniere in Italia ed in Europa coinvolte in fatti delittuosi penalmente rilevanti.

Per comprendere la portata dell’’intervento legislativo europeo sul tema non si può prescindere dalle garanzie riconosciute e contemplate dagli artt. 5, par. 2 e 6, par. 3, lett. a) della CEDU.

La prima norma richiamata accorda all’imputato il diritto ad essere informato al più presto e in una lingua che comprende dei motivi dell’arresto e di ogni accusa formulata a suo carico.

Il successivo art. 6, par. 3 lett. a) della CEDU sancisce “ogni persona ha diritto ad una equa e pubblica udienza entro un termine ragionevole davanti ad un tribunale indipendente e imparziale,istituito per legge”.

Tuttavia,a seguito della Direttiva citata,le stesse garanzie vanno anche estese alla Vittima alloglotta che non conosce la lingua del Paese atteso atteeso che l’art. 14 della CEDU proibisce le discriminazioni basate su diverse ragioni, tra le quali la lingua.

La Corte Europea di Strasburgo, nell’interpretare la norma,ha stabilito che il diritto al risarcimento a carico dello Stato costituisce un diritto civile soggettivo e,quindi,ogni istanza connessa deve essere sottoposta ai principi dell’art.6 CEDU (v. sentenza del 27/5/1997 Rolf Gustafson c/ Svezia)

La stessa esistenza di questi sani principi sanciti dalla Convenzione Europea impone a tutti i Governi della UE di assicurare un’assistenza linguistica sia all’imputato che alla Vittima di Reato siccome diritto umano fondamentale.

Tale assistenza,considerata un meta-diritto per garantire la capacità processuale all’imputato e della parte offesa,va estesa a tutto il procedimento e deve trovare applicazione a tutti gli atti connessi al processo a cui partecipa lo stesso imputato ovvero la parte offesa per un’efficace comprensione degli atti processuali posti in essere dall’Autorità Giudiziaria.

Una comprensione chiara e precisa degli atti del procedimento e sul contenuto dell’accusa trova anche riscontro nell’ambito della cooperazione giudiziaria europea, nata per rafforzare la fiducia reciproca tra gli Stati membri e per facilitare il mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie dei diversi ordinamenti giuridici nazionali.

In questo contesto vanno ancora ricordate le Direttive 2010/64/UE del 20 ottobre 2010 sul diritto all’interpretazione e alla traduzione degli atti nei procedimenti penali e la Direttiva 2012/13/UE del 22 maggio 2012 sul diritto all’informazione dell’addebito penale.

Il legislatore Italiano ha recepito la Direttiva UE con il D.Lvo 215/2005 che ha introdotto quella che può essere definita come la nuova “Carta dei diritti della vittima” posta all’interno dell’art. 90-bis c.p.p.

Iin primo luogo, sono garantiti i diritti della vittima straniera di comprendere e di essere compresa, tanto in fase di indagine, quanto in fase processuale.

Tale diritto è coessenziale per poter esprimere le proprie denunce senza rischi di fraintendimenti e di conoscere facoltà e poteri attribuiti dal sistema processuale alle persone offese del reato.

Una particolare attenzione viene riservata al momento della denuncia di un reato anche sul piano linguistico.

Tale informazione rappresenta, infatti, un presupposto imprescindibile per l’offeso poiché la vittima va informata in ordine alle modalità di presentazione dell’atto e alle conseguenze procedimentali ad esse connesse (art 90-bis lett. a).

Viene inoltre assicurata una maggiore tutela per la vittima straniera poiché la lett.g) della norma innanzi richiamata ha sancito un generale obbligo informativo circa i diritti riconosciuti dalla legge alla Vittima nel caso in cui risieda in uno Stato membro dell’Unione europea diverso da quello in cui è stato commesso il reato.

Il nuovo art. 107-ter disp.att. C.P.P., specifica, poi, la possibilità di presentare denuncia o querela nell’idioma conosciuto, purché la proposizione avvenga presso la Procura della Repubblica presso il Tribunale del capoluogo del Distretto.

Medesimi accorgimenti vanno rivolti alla vittima residente o domiciliata in Italia che abbia subito un reato fuori dai confini nazionali atteso che l’art. 108-te deller disp.att. c.p.p., ha introdotto il diritto a presentare denuncia o querela presso il Procuratore della Repubblica alla Corte d’Appello, il quale si occuperà dell’inoltro all’autorità giudiziaria straniera competente.

La scelta è dovuta,peraltro,al costante aumento nell’area comunitaria del numero delle vittime di reato – spesso provenienti da Paesi diversi da quello di commissione del fatto criminoso – e rappresenta, un’inevitabile conseguenza della costruzione di uno spazio giuridico europeo di libertà e sicurezza, al cui interno i cittadini possono muoversi liberamente.

Altro punto rilevante è stato quello di potenziare e armonizzare negli Stati membri gli strumenti di protezione a favore dell’offeso che diviene,così non solo un’attuazione in concreto dei principi di libera circolazione e di uguaglianza, ma anche una risposta ad esigenze contingenti.

Le informazioni all’offeso, ex art. 90-bis c.p.p., comportano anche l’obbligo di informare lo stesso sulle fasi procedimentali successive alla querela/denuncia presentata.

La normativa prescrive, infatti, che la vittima riceva aggiornamenti sullo stato del procedimento e su eventuali iscrizioni ex art. 335 c.p.p. (lett. b),sulle Autorità a cui rivolgersi per ottenere informazione (lett. i),sulle modalità di contestazione di eventuali violazioni dei propri diritti (lett. h).

Viene inoltre introdotto il diritto della Vittima alla notifica del capo di imputazione,della data dell’udienza, nonché, se costituita parte civile, della decisione finale, anche solo per estratto (lett. a).

Ulteriori prescrizioni sono previste in tema di informazione sul diritto di difesa (lett. d) e all’assistenza linguistica (lett. e),l’intervento ad adiuvandum di un difensore di fiducia e dell’interprete/traduttore che viene concepito come speculare rispetto a quello previsto per l’imputato,per avere a fianco della parte privata un professionista che sappia “parlare la lingua del processo” come pure “tradurla” che può essere interpretato come diritto all’assistenza da parte di un interprete/traduttore qualificato ed esperto di Diritto Penale e Processuale a differenza dei Mediatori Culturali che ne sono privi (siveda il paragrafo su questo tema).

Inoltre, la vittima deve essere informata del diritto di accedere al patrocinio a spese dello Stato, nella chiara direzione dell’abbattimento di ogni ostacolo alla richiesta di giustizia avanzata.

Diverse, invece, sono le finalità degli avvisi orientati a proteggere la vittima da pericoli concreti per la sua incolumità.

Sul tema è stata emanata una norma ad hoc con l’art. 90-ter c.p.p., in cui viene sancito il diritto dell’offeso a richiedere alle Autorità competenti informazioni specifiche sulla scarcerazione o evasione dell’autore del reato,nei casi più gravi e laddove sussista un effettivo rischio di ritorsioni.

In particolare, la norma innanzi indicata prevede che l’avviso venga inoltrato senza ritardo da parte della polizia giudiziaria nei procedimenti per delitti commessi con violenza alla persona laddover possa comportare un rischio concreto di danno da parte dell’autore del reato.

Tuttavia, tale notifica diviene doverosa nei soli casi cui la vittima abbia dichiarato di voler essere informata perché una tale norma potrebbe frustrare gli obiettivi sottesi alla norma.

Tuttavia la nuova norma va a completare le disposizioni recentemente introdotte in tema di tutela del soggetto leso in generale.

Infatti,la Legge. 119 del 2013 ha stabilito,nei procedimenti aventi ad oggetto delitti commessi con violenza alla persona,un’obbligatoria forma di interlocuzione con la persona offesa dal reato, individuata quale destinataria ex lege della notifica della richiesta di revoca o sostituzione delle misure cautelari previste dagli artt. 282-bis, 282- ter, 283, 284, 285 e 286 c.p.p., a pena di inammissibilità dell’istanza de libertate

Nella stessa direzione va letto l’art. 4 del d.lvo. n. 9 del 2015, che ha inserito all’interno dell’articolo 282-quater c.p.p. un nuovo comma (1-bis) contenente l’obbligo per l’Autorità Giudiziaria procedente di informare la persona offesa circa la facoltà di richiedere l’emissione di un ordine di protezione europeo.

Inoltre fra i nuovi diritti informativi, spicca, poi, la facoltà della vittima di essere avvisata della richiesta di archiviazione (ex art. 90-bis, comma 1, lett. c), c.p.p.).

Invero,l’avviso di archiviazione deve essere notificato solo se la persona offesa ne abbia fatto specifica richiesta mentre manca una disposizione generale che obbligi l’Autorità procedente ad informare anche la Vittima di questo diritto.

Seppur in estremo ritardo rispetto alla Direttiva 2012/29/UE,che sancisce il diritto all’assistenza linguistica ed alla gratuità della prestazione per le vittime di reato, Il Legislatore ha emanato il citato D.lgs. n. 212/2015, che rappresenta un vero e proprio “Statuto dei diritti della vittima”, con il quale si è inteso porre rimedio ad una situazione di “particolare arretratezza” nella messa a disposizione delle vittime alloglotte di un sistema istituzionale di assistenza linguistica, che tutt’ora manca nelle Aule di Giustizia.

Il D.lgs.n. 212/2015 ha,quindi,introdotto, ex novo, gli artt. 90-bis e 143-bis C.P.P. che consentono alla vittima alloglotta di essere informata dei propri diritti e poteri ed essere in grado di gestirli nel processo,norme introdotte dopo la declaratoria di incostituzionalità dell’art.143 C.P.P. per la mancata estensione alle Vittime del diritto all’interprete/traduttore a spese dello Stato.

Analogamente,in base alla introduzione dell’art.90-bis c.p.p., la persona offesa, sin dal suo primo contatto con l’Autorità Giudiziaria, ha diritto a ricevere in una lingua a lei comprensibile informazioni sulle modalità con le quali può presentare denuncia o querela e attraverso cui esercitare tutti i diritti e le facoltà che la Legge le riserva nel corso delle indagini e del processo.

e garanzie menzionate nell’art. 90-bis C.P.P. rappresentano,dunque, un importantissimo passo in avanti rispetto alla posizione della persona offesa nel processo penale.

La sentenza in commento si uniforma ai principi innanzi ricordati.

Merita,tuttavia,di essere sottolineato che le Sezioni Unite erano già intervenute sulla stessa questione,con la sentenza n.5052 del 24 settembre 2003, dep. il 9 febbraio 2004.

La questione sottoposta all’esame della Corte aveva contenuto identico alla attuale ossia «se l’ordinanza che dispone una misura cautelare nei confronti di uno straniero che non conosca la lingua italiana debba essere tradotta, a pena di nullità, in una lingua a lui nota».

L’altra questione sottoposta alla Corte,risolta,in passato, in termini contrastanti era «se l’inosservanza della disposizione dell’articolo 26, comma 2, legge 63/2001 determini, anche in sede cautelare, l’inutilizzabilità delle dichiarazioni accusatorie rese nell’interroga torio disciplinato dall’articolo 64 CPP, da persone il cui esame non sia stato rinnovato».

Su questo punto,come innanzi esposto,la sentenza in commento ha stabilito anche la nullità di tutti gli atti procedimentali afferenti l’Ordinanza cautelare e quindi anche l’interrogatorio reso che, peraltro, secondo la recente Riforma Cartabia,va ora reso prima della emissione del provvedimento custodiale.

Uno dei problemi più rilevanti relativi al nuovo fenomeno della immigrazione straniera è costituito dal riconoscimento agli imputati stranieri dei diritti sanciti dalla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali e,più in generale, dall’Ordinamento Giudiziario con particolare riguardo all’art.143 C.P.P.che disciplina la traduzione degli atti in relazione all’art. 109 (lingua degli atti) ed art.169(notifica degli atti all’imputato straniero).

La norma impone, infatti,al Giudice procedente la nomina di un interprete e la traduzione degli atti nella lingua dell’imputato straniero al fine di comprendere l’accusa contro di lui formulata e di seguire il compimento degli atti cui partecipa mentre l’art.109, 2 comma CPP prescrive la traduzione degli atti del procedimento a lui indirizzati successivamente alla sua richiesta.

L’inosservanza di tali disposizioni è stabilita a pena di nullità assoluta per violazione del diritto di difesa costituzionalmente sancito atteso che concerne l’assistenza dell’imputato incapace di comprendere la lingua e le accuse formulate nei suoi confronti.

L’art.109, 2 comma CPP., inoltre, fa espresso rinvio alle norme previste da leggi speciali e dalle Convenzioni Internazionali e trova applicazione nel caso di specie l’art.6 lett. A) ed E) della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, recepita dall’Ordinamento dello Stato con la Legge 4/8/1955 n.848.

Infine l’art.169, terzo comma, CPP impone la notifica degli atti nella lingua dello straniero

La violazione dell’art.143,in relazione all’art.109 CPP,comporta la nullità assoluta (e non relativa come sostenuto da alcuni Tribunali) degli atti compiuti ovvero indirizzati all’imputato alloglotta laddove sii stessi non risultino tradotti nella madrelingua dello stesso.

Sul punto la Corte di Cassazione aveva già sancito che “in materia di diritto di difesa, l’interpretazione dell’art. 143 CPP conforme ai principi costituzionali (art.24 Cost.) ed alle Convenzioni internazionali sottoscritte dall’Italia, impone che si proceda all’immediata nomina dell’interprete o dei traduttore allorché si verifichi la circostanza della mancata conoscenza della lingua italiana da parte dell’imputato tanto se tale circostanza sia evidenziata dallo stesso interessato, quanto se, in difetto di ciò, sia accertata dall’Autorità procedente.

La Suprema Corte aveva inoltre stabilito che “tali garanzie si estendono, in conformità della lettura fornita dalla Corte Costituzionale con sentenza n.10 del 19/1/1993, a tutti gli atti indirizzati all’imputato alloglotta dei quali occorre assicurare la traduzione nella lingua a lui nota in compreso l’ordine d’esecu zione ai sensi dell’art.656 CPP”.

In precedenza la stessa Corte di Cassazione era pervenuta persino a sancire la “inutilizzabilità delle dichiarazioni accusatorie non tradotte contenute nel verbale di denuncia prestata dal cittadino straniero”‘(v. Cass.Sez.III sent.n.3169 del 18/ll/94, Molina)

Da quanto innanzi esposto, emerge chiaramente il diritto della Vittima alla comprensione degli atti giudiziari che non va letto solo come garanzia per l’imputato ma anche come tutela della vittima del reato che deve essere messa nella condizione di capire ciò che accade nel processo e di farsi capire nell’esercizio di ogni diritto ad essa assicurato.

Non vi è più margine,quindi,per un’interpretazione difforme ovvero riduttiva della normativa vigente da parte dei Giudici italiani investiti del problema nel rispetto dei diritti dell’imputato straniero sancito dalla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e dai Trattati internazionali sottoscritti e recepiti dall’Ordinamento italiano.

Rimane,comunque, del tutto intonsa la questione della istituzione di una apposita classe di Interpreti e traduttori forensi in luogo degli attuali Mediatori Culturali da sempre al centro delle critiche nelle Aule di Giustizia per la rilevante incapacità di interpretare in udienza o tradurre il linguaggio giuridico in maniera intellegibile.

Appare,quindi,necessario che la Riforma della Giustizia,in sede di applicazione si occupi di avviare specifici Corsi di Formazione linguistica giuridico forense a cui affidare il compito delicato assegnato dalle parti o dal Giudice.

L’obiettivo finale da perseguire deve essere quello di superare, così, le rilevate criticità per adeguare l’Ordinamento italiano agli ambiziosi standard fissati dalle Direttive europee.

Solo in questo modo l’Italia potrà garantire anche al cittadino straniero,imputato o vittima che sia, il diritto ad un processo veramente “Giusto” attraverso il pieno ed effettivo riconoscimento del diritto di difesa costituzionalmente protetto

Pur tuttavia la piattaforma informativa linguistica delineata dalla Direttiva Europea del 2012,sebbene adottata solo in parte,diviene funzionale ad una partecipazione effettiva della vittima al procedimento penale in cui «la comprensione e la possibilità di essere compresi rappresentano le coordinate essenziali di un sistema di giustizia».

In tal modo l’informazione potrà dirsi efficace (e la partecipazione reale) solo se quegli inputs conoscitivi vengono effettivamente compresi dal suo destinatario.

In questa prospettiva va letta la Direttiva laddove in più occasioni insiste non solo sull’obbligo informativo ex se, ma sulla necessità che alla vittima straniera vada assicurata un’assistenza linguistica che le consenta di «comprendere ed essere compresa».

Ebbene, proprio questo tema ha da sempre costituito un punctum dolens della nostra disciplina legislativa ed un aspetto che il legislatore ha ignorato per decenni,nonostante già la Commissione Europea sin dal 1978 avesse suggerito la massima espansione delle garanzie linguistiche per tutti gli attori del processo.

Proprio nell’ottica di fornire alle vittime di reato una tutela immediata anche dal punto di vista linguistico,il legislatore ha introdotto con il D Lvo 212/2015 il già citato ’art. 143-bis C.P.P.,che ora prevede la nomina a spese dello Stato di un interprete anche per la vittima che non conosce la lingua italiana, rilevante questione di cui, ad onore del vero,chi scrive si è fatto promotore grazie ad una importante sentenza della Corte Costituzionale che ha reso giustizia ad una malcapitata cittadina straniera.

Si tratta, in quest’ultimo caso, di una novità volta ad assicurare alla persona offesa un’importanza processuale al pari di quella rivestita dall’imputato come accaduto in passato.

Da ultimo va ricordato che il Legislatore ha introdotto con la Riforma frlls Giustizia l’obbligo della assistenza nei Centri di Giustizia Riparativa di un interprete e traduttore.

Tale presenza è prevista dalla Direttiva Europea del 2012 anche per gli Sportelli per la Tutela ed Assistenza delle Vittime di Reato, quando che verranno istituiti dai Comuni sul Territorio Nazionale…

Ed anche per questo si registra un forte ritardo del Governo nell’attuazione in concreto della Riforma della Giustizia.

Allegato:

Cassazione penale SU 15069 2024

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