Scuola: in caso di contrasto tra i genitori decide il giudice nell’ interesse primario del minore
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 13570 del 16 maggio 2024 si pronuncia in merito ai provvedimenti che il giudice può adottare nel caso in cui i genitori non siano abbiamo trovato una intesa sulla scuola a cui iscrivere l figlio minore.
Venerdi 24 Maggio 2024 |
Il caso: Mevia presentava ricorso urgente ex art. 709-ter, c.p.c., al Tribunale di Milano, nell’ambito della causa di divorzio pendente nei confronti del marito Tizio, chiedendo l’autorizzazione all’iscrizione del figlio minorenne di 10 anni, per il ciclo di scuola secondaria di primo grado, presso l’istituto scolastico privato attualmente frequentato, il Delta di Milano.
A seguito dell’audizione del minore, il Tribunale autorizzava, salvo diverso espresso accordo dei genitori, Mevia a procedere, anche senza il consenso del padre, all’iscrizione del minore alla scuola secondaria in Milano; sul punto osservava che:
– in mancanza di un’intesa tra i genitori a favore di qualsivoglia istituto scolastico privato, e non emergendo evidenti controindicazioni all’interesse del minore, la decisione non poteva che essere a favore dell’istruzione pubblica, salva l’esistenza di elementi precisi da cui desumere un concreto interesse del minore a frequentare una scuola diversa da quella pubblica, come nella specie, considerando altresì l’interesse del ragazzo a proseguire il percorso scolastico presso lo stesso istituto a oggi frequentato, elemento di stabilità e di continuità relazionale e sociale, anche alla luce della forte conflittualità tra i genitori.
Tizio proponeva reclamo alla Corte d’Appello, che, nel rigettarlo, osservava che dall’audizione del minore era emerso il suo desiderio di poter continuare a frequentare, come fatto nel ciclo della scuola elementare, l’istituto Delta in Milano, dove aveva numerose amicizie e buoni rapporti con gli insegnanti.
Tizio ricorre in Cassazione, lamentando, in particolare, che:
– la Corte d’appello aveva adottato una pronuncia che vanificava la laicità delle scuole pubbliche, dato che l’autorizzazione in questione riguardava l’iscrizione ad un istituto di matrice cattolica, implicando, così, una coazione del minore verso una determinata religione, condizionando la sua libertà di autodeterminazione in tema di confessione religiosa;
– i desideri espressi dal minore non avrebbero dovuto assumere un rilievo decisivo circa la scelta in questione, così importante per la crescita dello stesso.
Per la Suprema Corte i motivi sono infondati e nel rigettare il ricorso precisa quanto segue:
a) il contrasto insorto tra genitori legalmente separati, entrambi esercenti la responsabilità genitoriale, in ordine alla scelta della scuola (se d’ispirazione “religiosa” o “laica”) presso cui iscrivere i figli, deve essere risolto in considerazione dell’esigenza di tutelare il preminente interesse dei minori a una crescita sana ed equilibrata, e importa una valutazione di fatto, non sindacabile nel giudizio di legittimità, che può ben essere fondata sull’esigenza, in una fase esistenziale già caratterizzata dalle difficoltà conseguenti alla separazione dei genitori, di non introdurre fratture e discontinuità ulteriori, come facilmente conseguenti alla frequentazione di una nuova scuola, assicurando ai figli minori la continuità ambientale nel campo in cui si svolge propriamente la loro sfera sociale ed educativa;
b) nel caso in esame, la Corte territoriale ha adeguatamente argomentato nel senso che la scelta della prosecuzione del ciclo scolastico secondario (dopo la scuola elementare) rispondeva all’esigenza di preservare il miglior interesse del minore il quale aveva espresso il desiderio di continuare a frequentare l’istituto privato Delta in Milano dove aveva numerose amicizie e buoni rapporti con gli insegnanti; il minore aveva bisogno di stabilità e conservazione dei riferimenti acquisiti, anche alla luce del disturbo non specificato, di cui soffriva;
c) pertanto, la Corte territoriale ha correttamente ritenuto che l’esigenza di garantire la piena liberà di credo religioso a favore del minore era da ritenere recessiva rispetto al superiore interesse di quest’ultimo di soddisfare i propri desideri di continuare la frequentazione della scuola privata e di garantirne la crescita equilibrata e stabile, fondata sui riferimenti sociali acquisiti;
d) né può, infine, obiettarsi che la decisione impugnata possa essere intesa come una violazione del principio di laicità del nostro ordinamento costituzionale, in quanto essa esprime, di fatto, un plausibile giudizio di bilanciamento dello stesso con i principi di rango costituzionale afferenti alla cura e alla tutela dei minori, in ogni loro declinazione.