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Maltrattamenti in famiglia e tutela della vittima: la Convenzione di Istanbul

In relazione al reato di maltrattamenti in famiglia, è ininfluente, ai fini del persistere del pericolo di condotte reiterative da parte di soggetto sottoposto a custodia cautelare per il reato commesso in danno del coniuge,la collocazione della persona offesa presso un centro antiviolenza.

Giovedi 11 Luglio 2024

In tal senso si è espressa la Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione nella sentenza n. 27106/2024.

Il caso: il Tribunale di Napoli respingeva l’appello proposto ex art. 310 cod. proc. pen. da Tizio avverso l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Avellino di rigetto della sua richiesta di sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari; Il Tribunale dava atto che:

– la misura cautelare era stata adottata nei confronti di Tizio in sede di convalida del suo arresto per i reati di maltrattamenti in famiglia, di lesioni personali e di resistenza a pubblico ufficiale,

– l’indagato aveva motivato la richiesta de libertate con la attenuazione delle esigenze cautelari, posto che la persona offesa del reato di maltrattamenti in famiglia (la moglie) si era trasferita in una struttura protetta: tale circostanza, unitamente all’incensuratezza dell’indagato, rendevano non più giustificata la misura carceraria.

Il Tribunale al contrario riteneva che la personalità violenta e trasgressiva dell’indagato, dimostrata in occasione dell’accesso della polizia giudiziaria presso l’abitazione, nonché dalla condotta delittuosa da lui tenuta la sera dell’arresto (in stato di ebbrezza, prima faceva cadere al suolo la figlia di due anni e poi si scagliava contro la moglie, cagionandole plurime contusioni) imponeva una prognosi negativa sul rispetto delle prescrizioni e alla sua capacità di autocontrollo.

Tizio ricorre in Cassazione, che, nel dichiarare inammissibile il ricorso, osserva che:

a) in relazione al reato di maltrattamenti in famiglia, è ininfluente, ai fini del persistere del pericolo di condotte reiterative da parte di soggetto sottoposto a custodia cautelare per il reato commesso in danno del coniuge, la manifestata volontà della persona offesa di separarsi legalmente e di trasferirsi altrove;

b) neppure la collocazione della persona offesa presso un centro antiviolenza può essere motivo di attenuazione delle esigenze cautelari, costituendo all’opposto una conseguenza della pericolosità e non già una ragione valida per attenuare le restrizioni imposte nei confronti dell’imputato a tutela della persona offesa, quasi che i condizionamenti della libertà di movimento della vittima possano giustificare una maggiore libertà di azione da parte dell’autore delle violenze;

c) le prescrizioni contenute nella Convenzione di Istanbul dell’l1 maggio 2011, ratificata con legge 26 giugno 2013, n. 77, impongono all’autorità giudiziaria di tutelare la vittima, non affidandosi alle iniziative dalla medesima adottate per arginare o escludere il rischio di reiterazione del delitto ai suoi danni, anche trovando rifugio in un centro antiviolenza, ma intervenendo esclusivamente sull’autore del reato, affinché non commetta ulteriori condotte illecite.

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