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Spese di rifacimento del cortile che funge da copertura di più livelli interrati: si applica l’articolo 1126 o il 1125?

Il solaio che separa due unità abitative, l’una sovrastante all’altra ed appartenenti a diversi proprietari, deve ritenersi, salvo prova contraria, di proprietà comune ai due piani; tale presunzione iuris tantum vale per tutte le strutture che hanno una funzione di sostegno e copertura, in quanto svolgono una inscindibile funzione divisoria tra i due piani, con utilità ed uso uguale per entrambi e correlativa inutilità per gli altri condomini.

In considerazione di quanto sopra l’articolo 1125 c.c. stabilisce che le spese per la manutenzione e ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai sono sostenute in parti eguali dai proprietari dei due piani l’uno all’altro sovrastanti, restando a carico del proprietario del piano superiore la copertura del pavimento e a carico del proprietario del piano inferiore l’intonaco, la tinta e la decorazione del soffitto.

Nel caso di lavori di manutenzione del piano di calpestio del cortile condominiale che funga, altresì, da copertura per le unità immobiliari sottostanti, il criterio da utilizzare è quello previsto dall’art.1125 c.c. che accolla per intero le spese relative alla manutenzione del pavimento del piano superiore a chi con l’uso esclusivo della stessa determina la necessità di tale manutenzione (cioè la collettività dei condomini), mentre a carico del proprietario del piano inferiore (cioè dell’autorimessa) pone la spesa per l’intonaco, la tinta e la decorazione del soffitto.

Tale criterio si applica anche in presenza di più piani al disotto del cortile? Il dubbio è stato sciolto da una recente decisione della Corte di Appello di Napoli (sentenza n. 2283 del 23 maggio 2024).

Spese di rifacimento del cortile che funge da copertura di più livelli interrati ed applicazione analogica dell’articolo 1125 c.c. Fatto e decisione

La vicenda prendeva l’avvio quanto una società subiva copiose infiltrazioni all’interno dei suoi locali.

Successivamente citava in giudizio ex art. 700 c.p.c. dinanzi al Tribunale di Napoli il condominio per ottenere la condanna del convenuto al rifacimento del cortile condominiale; nell’atto introduttivo del giudizio la società precisava che le infiltrazioni, oltre ad aver danneggiato la sua proprietà immobiliare, avevano inciso in maniera negativa nei rapporti con i conduttori; quest’ultimi infatti, a seguito della caduta di intonaco dal soffitto e di alcune tavelle del solaio di copertura, avevano contestato la totale inutilizzabilità dei locali condotti in locazione; tale circostanza, dopo la verifica eseguita in loco dai Vigili del Fuoco, era risultata verificata, con la conseguenza che i locali della società erano rimasti vuoti.

All’esito della disposta CTU era emerso che la causa dei fenomeni infiltrativi era dovuta alla vetustà della pavimentazione del cortile comune e alla mancanza di un giunto impermeabile; di conseguenza il Tribunale condannava il condominio al rifacimento del cortile secondo le indicazioni fornite nella consulenza tecnica di ufficio depositata agli atti. La società attrice si rivolgeva ancora al Tribunale perché l’importo complessivo dei lavori di rifacimento della pavimentazione del cortile era stato attribuito dall’assemblea per 1/3 al condominio e per 2/3 a carico degli immobili sottostanti, compreso quello della attrice. Quest’ultima era convinta che il corretto criterio di ripartizione da adottare nel caso di specie fosse quello previsto dall’art. 1125 e non quello stabilito dall’art. 1126 c.c. La società attrice chiedeva pertanto al Tribunale di dichiarare la nullità e/o l’annullabilità della delibera condominiale che aveva ripartito le spese e di ordinare al convenuto la predisposizione di un nuovo piano di riparto secondo i criteri di cui all’art. 1125 c.c. La domanda veniva accolta.

Il condominio si rivolgeva alla Corte di Appello lamentando che l’attore non aveva osservato il termine perentorio di cui all’art. 1137 c.c., con conseguente inammissibilità della domanda spiegata dalla società immobiliare in primo grado.

Lo stesso convenuto difendeva il criterio di ripartizione spese applicato, facendo presente che al di sotto del cortile del condominio erano presenti ben due livelli: in altre parole il detto cortile fungeva da copertura degli immobili al piano terra a destinazione commerciale ed al piano seminterrato a destinazione autorimessa.

Infine notava come il giudice di prime cure, senza nominare un CTU e, dunque, senza conoscere il reale stato dei luoghi, avesse ritenuto pacifica l’applicabilità dell’art. 1125 c.c., omettendo di valutare l’eccezione relativa all’esistenza di un doppio livello di locali rispetto al cortile. I giudici di secondo grado hanno dato nuovamente torto al condominio.

La Corte ha sottolineato che il cortile in questione, fungendo da rampa di accesso alle scale, offre un’utilità sicuramente maggiore ai condomini rispetto ai proprietari dei locali sottostanti, ragion per cui le spese di manutenzione devono essere ripartite tenendo conto del vantaggio che ne ricavano le rispettive parti, al fine di evitare di attribuire il maggior importo della spesa a soggetti che traggono dal bene un vantaggio più contenuto.

In ogni caso, ad avviso della Corte, la presenza di più livelli di piani al di sotto il cortile non è rilevante ai fini del corretto riparto delle spese di manutenzione, trattandosi di circostanza inidonea ad intaccare la maggiore utilitas che il medesimo cortile offre ai condomini per il transito e per l’accesso quotidiano agli immobili realizzati al di sopra del detto solaio rispetto a quelli posti ai livelli inferiori rispetto al piano di calpestio.

Ripartizione spese manutenzione giardino condominiale

Considerazioni conclusive

La sentenza in commento aderisce pienamente all’opinione, assolutamente dominante in giurisprudenza, secondo cui le spese di riparazione del cortile o viale di accesso all’edificio facente anche da copertura per i locali sotterranei di proprietà esclusiva di condomini, non vanno ripartite in base ai criteri di cui all’art. 1126 c.c., dovendosi applicare analogicamente l’art. 1125 c.c., che, in virtù del generale principio dettato dall’art. 1123 c.c., comma 2, accolla per intero le spese di manutenzione della parte della struttura complessa, identificantesi con il pavimento del piano superiore, a chi, con l’uso esclusivo della stessa, ne rende necessaria la manutenzione (Cass. civ., sez. II, 31/07/2023, n. 23259). La circostanza che il cortile funga da copertura anche dei locali interrati, quindi di più livelli inferiori allo stesso, non fa venir meno la bontà del predetto ragionamento, in quanto la ratio dell’art. 1126 c.c. trova la spiegazione nell’uso particolare e più intenso del bene comune da parte del proprietario dell’ultimo piano, rispetto alla normale funzione di copertura che tale lastrico svolge, con conseguente più rapido degrado dello stesso e maggior accollo di spese a carico di chi utilizzi più intensamente degli altri il bene.

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