Criteri di determinazione del valore della causa e compenso dell’avvocato
Con l’ordinanza n. 22344 del 7 agosto 2024 la Corte di Cassazione si pronuncia in merito ai criteri di liquidazione del compenso dell’avvocato nell’ipotesi in cui il giudice sia chiamato ad esaminare con efficacia di giudicato le questioni relative all’esistenza o alla validità del rapporto.
Martedi 20 Agosto 2024 |
Il caso: Tribunale di Palermo condannava la Delta Srl a pagare all’Avvocato Mevio la somma di Euro 195.933,40 per le prestazioni professionali fornite alla predetta società ed alla Alfa Holding Srl, attualmente Fallimento Alfa Holding Srl e dichiarava l’incompetenza del giudice del lavoro con riguardo alle pretese azionate nei confronti della Alfa Holding Srl in fallimento.
La Corte d’Appello, in riforma della sentenza di primo grado, riconosceva che il legale aveva prestato attività di consulenza ed assistenza non inquadrabile quale prestazione di parasubordinazione, come ritenuto dal Tribunale, e che pertanto le tariffe da applicare per determinare il compenso dovuto erano quelle previste dal D.M. n. 127/2004 al par. 2 lett. F) ed E) (assistenza ai contratti e consulenza in campo amministrativo); determinava in complessivi €77.487,00 le somme dovute all’Avvocato Mevio, così condannando gli eredi dello stesso, nelle more intervenuti nel giudizio, a restituire le differenze percepite in ragione della liquidata provvisionale.
Avverso detta decisione proponevano ricorso Caia in proprio e quale esercente la responsabilità genitoriale nei confronti di Caietto, quali eredi di Mevio, deducendo la errata applicazione delle tariffe e dei criteri utilizzati:
– in particolare, i ricorrenti ritengono violato l’art. 5 del Cap. III del DM 127/2004 che stabilisce che il valore della pratica si determina a norma del codice di procedura civile, e quindi degli artt, 10 e 12 c.p.c. che, a loro volta, richiamano il criterio del valore della causa per la parte che è in contestazione;
– la corte avrebbe omesso di considerare quale valore della causa il canone di affitto di tutto il periodo contrattuale, avendo invece considerato il canone di un solo anno.
Per la Cassazione il motivo è fondato: sul punto osserva che:
a) in tema di competenza per valore, il principio posto dall’art. 12 c.p.c., comma 1 – secondo il quale il valore delle cause relative all’esistenza, alla validità o alla risoluzione di un rapporto giuridico obbligatorio si determina in base a quella parte del rapporto che è in contestazione – subisce deroga nell’ipotesi in cui il giudice, come nel caso di specie, sia chiamato ad esaminare con efficacia di giudicato le questioni relative all’esistenza o alla validità del rapporto, il cui valore va, pertanto, interamente preso in considerazione ai fini della determinazione del valore della causa;
b) nel caso in esame, pur avendo la corte territoriale richiamato esattamente il criterio di riferimento, ovvero il valore del contratto, ha peraltro considerato, erroneamente, solo il valore del canone annuale, ove, invece, il valore è costituito dall’intero assetto degli interessi che le parti regolano con l’accordo, soprattutto ove l’accordo stesso sia riferito ad un tempo limitato di durata;
c) in tal caso, invero, la delimitazione temporale, congiunta alla intera pattuizione economica costituiscono i fattori che determinano il valore dell’accordo intercorso.
Il motivo di ricorso deve dunque ritenersi fondato con conseguente cassazione della sentenza sul punto.