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Quale valore probatorio ha una email semplice quando ne viene contestata la ricezione.

La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 25131 del 19 settembre 2024 fa chiarezza in merito alla valenza probatoria di un messaggio di posta elettronica semplice a fronte della contestazione del destinatario della email circa la sua provenienza o il suo contenuto.

Martedi 1 Ottobre 2024

Il caso: Tizio, socio, amministratore e poi liquidatore della società Alfa s.r.l. conveniva in giudizio il commercialista della società, dott. Caio, assumendo che lo stesso avesse danneggiato la società non inserendo nel bilancio di liquidazione della società il credito d’imposta Irap e Ires, in tal modo impedendo alla stessa di recuperarlo, e che il commercialista l’avesse mal rappresentata davanti alla commissione tributaria regionale, davanti alla quale la società era uscita soccombente, e non lo avrebbe informato dell’esito negativo del giudizio dinanzi alla commissione tributaria, precludendo il ricorso per cassazione, ove avrebbe avuto buone probabilità di vittoria.

Il commercialista, costituitosi in giudizio, produceva due documenti (una scrittura sottoscritta da Tizio per presa visione del dispositivo della decisione della commissione tributaria e una mail), atti a dimostrare che aveva reso edotto il cliente dell’esito negativo del ricorso alla commissione tributaria; Tizio negava di aver mai ricevuto la mail, non disconosceva la firma in calce alla scrittura privata, ma assumeva che la stessa fosse stata completata abusivamente.

Il Tribunale di Novara rigettava le domande, ritenendo non raggiunta la prova del riempimento abusivo, contro i patti, della scrittura privata prodotta dal commercialista; la Corte d’appello di Torino confermava il rigetto della domanda risarcitoria ritenendo presumibile che la consegna a mani proprie del dispositivo della sentenza della commissione tributaria fosse stata preceduta da una comunicazione informale o da uno scambio di email.

Tizio ricorre in Cassazione, deducendo, tra le varie argomentazioni, che avendo disconosciuto tempestivamente il documento prodotto come mail a lui indirizzata, questa avrebbe perduto ogni valore probatorio; peraltro la controparte non era riuscita a provare di averla effettivamente inoltrata, per cui sarebbe rimasto sfornito di prova l’adempimento degli obblighi professionali di informazione e sollecitazione da parte del professionista.

Per la Cassazione il ricorso è infondato:

1) si è recentemente affermato che, in merito al valore da attribuire alle comunicazioni inviate mediante posta elettronica semplice, i princìpi desumibili dalla legge sono pochi e semplici, e possono così riassumersi:

(a) il messaggio di posta elettronica sottoscritto con firma “semplice” è un documento informatico ai sensi dell’art. 2712 c.c.; (b) se non ne sono contestati la provenienza od il contenuto, forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate; (c) se ne sono contestati la provenienza od il contenuto, il giudice non può espungere quel documento dal novero delle prove utilizzabili, ma deve valutarlo in una con tutti gli altri elementi disponibili e tenendo conto delle sue caratteristiche intrinseche di sicurezza, integrità, immodificabilità (da Cass. n. 14046 del 2024);

2) pertanto, la mail semplice è dunque un documento informatico scritto che entra nel processo e che deve essere valutato dal giudice;

3) peraltro, quanto alla ricezione delle comunicazioni a mezzo mail, si è più volte affermato che il titolare dell’indirizzo mail ne è responsabile, nel senso che non può limitarsi a negare di aver mai ricevuto la comunicazione, ma deve controllare che la ricezione della posta non sia bloccata e che i messaggi non siano finiti nella spam, rimanendo nella sua responsabilità la mancata conoscenza di un messaggio che gli sia stato regolarmente inviato e del quale non abbia preso conoscenza per il malfunzionamento della sua casella di posta elettronica o perché finito nella spam;

4) nel caso di specie, la corte d’appello ha preso atto che:

  • esiste un documento, firmato dal ricorrente per ricezione, che contiene la firma non disconosciuta del ricorrente, con il quale questi riceve la comunicazione del dispositivo della decisione della CTR; – il ricorrente non è riuscito a provarne l’abusivo riempimento;

  • quindi, sulla base di questo, si ritiene accertato che la mail informativa fosse stata inviata al ricorrente, ritendo assolto l’obbligo informativo.

Allegato:

Cassazione civile ordinanza 25131 2024

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