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Il diritto di veduta non è sempre garantito!

È possibile che proprietari di immobili limitrofi ad un’area edificabile vogliano contestare il permesso di costruire rilasciato ad una impresa di costruzioni per la ristrutturazione e ampliamento di vecchi fabbricati residenziali.

È chiaro che la nuova costruzione possa precludere la vista, comportare anche una potenziale diminuzione del valore economico della proprietà e compromettere la qualità della vita.

La questione è stata recentemente affrontata del Consiglio di Stato (sentenza n. 7464 del 6 settembre 2024).

Nella vicenda esaminata i proprietari degli immobili preoccupati dalla realizzazione di un nuovo fabbricato si sono rivolti al Tar lamentando che la nuova costruzione avrebbe ostruito l’unico punto visivo dalla via dove sorgevano gli immobili dei ricorrenti verso il fiume della città e il centro storico.

Secondo il Tar i ricorrenti non avevano fornito alcuna prova concreta del concreto pregiudizio che avrebbero potuto subire (sia di carattere patrimoniale o di deterioramento delle condizioni di vita o di peggioramento dei caratteri urbanistici che connotano l’area) a causa dell’intervento edificatorio.

Il Consiglio di Stato ha precisato che l’interesse alla conservazione della veduta panoramica sul fiume e sulla città rappresenta un interesse di mero fatto in quanto non oggetto di protezione giuridica, secondo le modalità chiarite dalla giurisprudenza civile: in altre parole, non è possibile riconoscere un diritto di veduta basandosi esclusivamente sulla preesistenza della visuale rispetto all’opera contestata.

Se fosse sufficiente la semplice esistenza della vista prima della costruzione per costituire un diritto di servitù panoramica, si violerebbe il principio secondo cui i diritti reali devono essere acquisiti in modi specifici.

Pertanto i proprietari vicini all’area di intervento non possono invocarne la lesione per giustificare un’iniziativa giudiziaria poiché un tale bene non appartiene al loro patrimonio e cioè al novero dei beni cui l’ordinamento assicura la propria protezione giuridica mediante i rimedi giudiziari.

I giudici di secondo grado hanno però riconosciuto che la visuale panoramica, anche se priva di una diretta protezione giuridica, può rappresentare una qualità che incide sulla migliore fruibilità dell’immobile e, quindi, sul suo valore economico: in questo senso, perciò, la sua compromissione può, in concreto, integrare i presupposti di un pregiudizio idoneo ad configurare l’interesse a ricorrere.

Ma deve comunque trattarsi di un pregiudizio effettivo e “serio”: deve cioè trattarsi di una visuale effettivamente fruibile e connotata da evidenti, peculiari e qualificati profili di pregio.

I giudici ammnistrativi hanno evidenziato che nel caso in esame è emerso che dagli immobili dei ricorrenti non è possibile godere di una visuale panoramica la cui compromissione possa arrecare un qualche danno agli immobili in quanto:

  • l’ansa del fiume non è risultata visibile dalle abitazioni degli appellanti;
  • la visuale, laddove esistente, non ha ad oggetto il quadro d’insieme del centro storico ma “scorci” che raffigurano, nella maggior parte dei casi, i tetti delle case, mentre solo da alcuni immobili è risultato possibile vedere, in lontananza, la chiesa ed il nucleo centrale dell’abitato;
  • non è emersa la possibilità di una visuale diretta (solo visuale laterale);
  • la scarsa visuale è risultata possibile da finestre e mai da balconi (che consentendo un godimento non occasionale e versatile della veduta, attribuiscono pregio effettivo all’immobile);
  • la stessa Soprintendenza ha escluso l’esistenza di una visuale panoramica meritevole di tutela

Pertanto, non è possibile riconoscere un diritto di veduta basandosi esclusivamente sulla preesistenza della visuale rispetto all’opera contestata. Il ricorso non è stato accolto.

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