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Usucapione di beni in condominio: presupposti.

La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 26024 del 4 ottobre 2024 si è soffermata sulla possibilità che un singolo condomino acquisti per usucapione un bene in origine condominiale anche in presenza di servitù passive di passaggio di impianti tecnologici comuni.

Venerdi 18 Ottobre 2024

Il caso: Tizio e Mevia chiedevano al Tribunale adito di essere dichiarati comproprietari per usucapione di un locale, uso cantina, posto nel sottoscala di un edificio, del cui condominio faceva parte.

Il tribunale rigettava la domanda; la Corte d’Appello, nel rigettare l’impugnazione, evidenziava che:

– il maggior uso della cosa composseduta, imputabile alla tolleranza degli altri compossessori, non è sufficiente a dimostrare il possesso esclusivo “ad usucapionem”, che richiede la impossibilità del godimento altrui;

– l’apprensione del bene era avvenuto previo accordo, dal che conseguiva versarsi in presenza di semplice detenzione;

– l’attività valorizzata dalla parte appellante (il godimento del vano comune come ripostiglio e il possesso delle chiavi della porta), invece, attiene alle modalità di esercizio del compossesso, non idonea a configurare la volontà di escludere gli altri compossessori e che, anche ove provata, non è significativa di un possesso incompatibile con il permanere del compossesso altrui;

– l’uso del vano per il passaggio d’impianti condominiali, ben visibili, in quanto non incassati nei muri, dimostrava un possesso promiscuo incompatibile con l’esclusività necessaria ai fini dell’usucapione del diritto di proprietà.

Gli attori soccombenti ricorrono in Cassazione, che, nell’accogliere i motivi di censura, osserva quanto segue:

a) il partecipante alla comunione che intenda dimostrare l’intenzione di possedere non a titolo di compossesso, ma di possesso esclusivo (“uti dominus”), non ha la necessità di compiere atti di “interversio possessionis” alla stregua dell’art. 1164 c.c.;

b) la buona fede è un elemento del tutto estraneo alla qualità del possesso idoneo all’usucapione: non occorre che colui che pretenda di avere usucapito abbia instaurato con la “res” il rapporto di fatto con il convincimento che fosse il proprietario esclusivo di essa; la legge attribuisce la proprietà sul mero presupposto del possesso pubblico, cioè non clandestino, ininterrotto e non violento, al fine di evitare che il bene resti “sine die” non governato e abbandonato;

c) nel caso in esame, la Corte d’Appello, lungi dal chiarire come il possesso esclusivo delle chiavi del locale da parte dei due attori condomini e la chiusura dello stesso possa essere solo una mera modalità di esercizio di un compossesso, non si è neppure posta il problema di verificare in concreto, sulla scorta degli elementi istruttori forniti, se l’occupazione del locale con propri oggetti, la sua chiusura a chiave sin dal 1982, il possesso esclusivo delle chiavi e l’impedimento all’accesso degli altri fosse un comportamento idoneo ai fini del possesso ad usucapionem del bene comune, sulla scorta della giurisprudenza di riferimento;

d) per quanto attiene alla questione dell’esistenza di servitù di passaggio di condotte, osserva la Corte che, siccome le singole unità immobiliari debbono sopportare la presenza delle strutture tecnologiche condominiali, risalenti alla costruzione dell’edificio, anche la proprietà esclusiva acquisita per usucapione dovrà del pari patire una tale servitù, implicante anche le visite per ispezioni o riparazioni; non si riscontra, per vero, alcuna incompatibilità, ben potendosi usucapire un bene gravato da diritti reali alieni, che per propria connaturale qualità non contrastano il diritto di proprietà esclusiva sul bene che gravano.

Allegato:

Cassazione civile ordinanza 26024 2024

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