Fallimento: i documenti comprovanti il pagamento del TFR
La certificazione unica (ex modello CUD) non è sufficiente per provare l’erogazione del trattamento di fine rapporto (TFR) da parte della società fallita in favore di un suo ex lavoratore.
Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 28798/2024, pubblicata l’8 novembre 2024.
Martedi 26 Novembre 2024 |
IL CASO: All’esito della verifica dello stato passivo di una società, il Giudice Delegato rigettava la domanda depositata da un ex lavoratore della fallita per il riconoscimento del suo credito a titolo di trattamento di fine rapporto.
L’istanza veniva rigettata sul presupposto che dal CUD depositato dallo stesso lavoratore risultava l’intervenuta erogazione del trattamento richiesto.
Il Tribunale, innanzi al quale il lavoratore aveva proposto opposizione allo stato passivo, confermava la decisione del giudice delegato, osservando che il pagamento del T.F.R. era stato adeguamento dimostrato dal CUD, che faceva fede nei confronti della curatela, la quale, essendo rimasta estranea al rapporto di lavoro, doveva essere considerata soggetto terzo e che il suddetto documento aveva un contenuto inequivoco e non contestato dal lavoratore. Di conseguenza si poteva ragionevolmente ritenere che il credito di cui era stata richiesta l’ammissione al passivo fosse stato già soddisfatto.
Pertanto, il lavoratore, rimasto soccombente in entrambi i giudizi di merito, investiva della questione la Corte di Cassazione denunciando, tra i motivi del gravame, la falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., in quanto il C.U.D., come atto unilaterale proveniente dal datore di lavoro, non era idoneo in alcun modo a provare l’esistenza di fatti estintivi del credito azionato, tenuto conto, anche, delle contestazioni avanzate dallo stesso lavoratore e che nessuna prova era stata fornita dal curatore, sul quale incombeva l’onere, circa la presenza di fatti estintivi del proprio debito.
LA DECISIONE: Il motivo del ricorso è stato ritenuto fondato dalla Cassazione la quale, nell’accoglierlo, ha rinviato la causa al Tribunale di provenienza, in diversa composizione, ribadendo il costante orientamento degli stessi giudici di legittimità secondo cui le buste paga e la Certificazione Unica (CUD), provenienti dal datore di lavoro, in mancanza di altri elementi probatori (quali ad esempio quietanze, assegni, invii di bonifici) non costituiscono prova del pagamento del credito in essi documentato, in quanto provenienti dalla stessa parte interessata ad opporre il fatto estintivo.
Nel decidere il ricorso, gli Ermellini hanno osservato che:
– il documento proveniente dalla parte che voglia giovarsene, non può costituire prova in favore della stessa né determina, in presenza di contestazione, l’inversione dell’onere probatorio;
– non è possibile sostenere che il curatore è terzo rispetto al datore di lavoro perché, quando intende giovarsi di documenti provenienti dal soggetto fallito (e non opporsi ad essi), egli ne assume la medesima posizione processuale, con quanto ne consegue in termine di rilevanza probatoria di tali documenti;
– una volta acquisito al processo un mezzo di prova (documento, testimonianza, informazioni della P.A. ecc.), il Giudice è tenuto ad utilizzarlo integralmente, sia a favore, sia contro la parte che ha esibito il documento o chiesto l’ammissione del mezzo istruttorio;
– il soggetto che abbia esibito un documento non può scinderne il contenuto per affermare i fatti a lui favorevoli e negare quelli a lui contrari, salvo che al momento dell’esibizione abbia fatto presente di voler invocare il documento solo in parte ed abbia dedotto prove idonee a contestare le circostanze sfavorevoli da esso desumibili;
– il principio dell’inscindibilità del contenuto del documento prodotto da una parte vale, solo se riferito ai documenti formati da un soggetto terzo rispetto alla parte che vuole avvalersi dei loro effetti favorevoli: in tale ipotesi la parte che esibisce il documento non può selezionare quanto in esso rappresentato ed espungere i fatti e le dichiarazioni incorporati nello scritto ad essa sfavorevoli;
Nel caso di specie, hanno concluso, il Tribunale, dopo aver espressamente riconosciuto che il lavoratore aveva negato di aver mai percepito il T.F.R. maturato, contestando, quindi, la circostanza allegata dalla procedura concorsuale, non poteva considerare estinto il credito sulla base della sola documentazione formata dal fallito, ancorché la stessa fosse stata prodotta dalla curatela.