English EN French FR Italian IT Spanish ES

Il foro competente nelle cause tra avvocati e clienti imprenditori per i compensi

Con la sentenza n. 9739/2025, pubblicata Il 14 aprile 2025, la Corte di Cassazione si è nuovamente pronunciata sulla questione relativa al foro territorialmente competente nei giudizi aventi ad oggetto il pagamento dei compensi spettanti agli avvocati per l’attività professionale svolta in favore dei clienti-imprenditori.

Mercoledi 23 Aprile 2025

IL CASO: Due avvocati chiedevano ed ottenevano dal Tribunale un decreto ingiuntivo nei confronti di un ex amministratore di una società, poi fallita, per il pagamento dei compensi maturati per l’attività professionale svolta in suo favore in un giudizio, dove lo stesso era stato convenuto, avente ad oggetto l’accertamento della sua responsabilità ex art. 146 della legge fallimentare.

Avverso il decreto ingiuntivo, il cliente proponeva opposizione, eccependo, preliminarmente, l’incompetenza territoriale del giudice adito dai legali in favore di quello della città nella quale lo stesso era residente al momento del conferimento dell’incarico.

Il Tribunale dava torto al cliente, rigettando l’opposizione e, quindi, anche l’eccezione di incompetenza territoriale dallo stesso sollevata. Nel decidere, il giudice di primo grado rilevava la stretta connessione tra l’attività professionale ed imprenditoriale svolta dall’opponente, quale ex amministratore della società fallita, e l’oggetto del contratto di assistenza legale.

Pertanto, l’ingiunto investiva della questione la Corte di Cassazione, deducendo, con il primo motivo del ricorso, la violazione degli artt. 3, comma 1. Lett. a) e 33, comma 2, lett. u) del D.Lgs. 206 del 2005, per avere il Tribunale disatteso l’eccezione d’incompetenza territoriale.

Il ricorrente ribadiva che al caso di specie era applicabile la regola del foro del consumatore e, quindi, la competenza per l’emissione del decreto ingiuntivo spettava al Tribunale della città di sua residenza.

LA DECISIONE: La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso infondato e, nel rigettarlo, relativamente alla questione della competenza territoriale ha osservavato che:

il requisito soggettivo di applicabilità della disciplina legislativa consumeristica deve essere valutato con riferimento alla giurisprudenza unionale per cui può essere considerato imprenditore l’amministratore di una società, così come il socio che abbia una partecipazione notevole al capitale sociale;

secondo la giurisprudenza dell’Unione la nozione di “consumatore”, ai sensi dell’articolo 2, lettera b), della direttiva 93/13, ha un carattere oggettivo. Essa deve essere determinata alla luce di un criterio funzionale consistente nel valutare se il rapporto contrattuale in esame rientri nell’ambito di attività estranee all’esercizio di una professione (v. ord. C – 74/15, punto 27 e giurisprudenza citata);

spetta al giudice nazionale, investito di una controversia relativa a un contratto idoneo a rientrare nell’ambito di applicazione di tale direttiva, verificare, tenendo conto di tutte le circostanze della fattispecie e di tutti gli elementi di prova, se il contraente in questione possa essere qualificato come “consumatore” ai sensi della suddetta direttiva, dando rilievo – alla stregua della giurisprudenza comunitaria (CGUE, sentenza 19 novembre 2005, in causa C – 74/15 Tarcau) – all’entità della partecipazione al capitale sociale e all’eventuale qualità di amministratore della società garantita assunto dal fideiussore;

dal punto di vista delle esigenze di tutela che il codice del consumo mira ad assicurare, non c’è differenza tra la posizione di chi si rivolge all’avvocato per essere tutelato in un giudizio inerente all’attività professionale in essere e chi si rivolge all’avvocato per essere tutelato in un giudizio inerente all’attività professionale ormai cessata al momento del conferimento dell’incarico difensivo.

Nel caso di specie, hanno concluso gli Ermellini, il collegamento funzionale tra oggetto del mandato professionale conferito dal ricorrente ai controricorrenti e l’attività professionale del ricorrente sussiste, pur se detta attività non era più in essere al momento della stipula.

Cassazione civile sentenza 9739 2025

Condividi