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Anomalie nella gestione contabile del condominio

In caso di contestazioni sull’operato dell’amministratore, il condominio è tenuto a provare – attraverso la contabilità e/o i versamenti eseguiti e le uscite comprovate da documenti di spesa, nonché per mezzo dei movimenti del conto corrente – che l’esercizio contabile, diversamente dalle risultanze del rendiconto, si sia chiuso con un avanzo di cassa.

L’amministratore, per converso, è onerato della prova del proprio corretto operato e, quindi, dell’effettivo e accorto impiego di tutte le somme riscosse per pagare le spese di volta in volta preventivate o imposte dall’urgenza, previa puntuale registrazione di ogni singolo incasso – con la relativa provenienza – e di ogni singolo esborso – in corrispondenza di adeguata documentazione giustificativa. Lo ha chiarito il Tribunale di Roma nella recente sentenza n. 7120 del 9 maggio 2022.

Il caso concreto.

Nel caso che ci occupa l’amministratore aveva richiesto e ottenuto un decreto ingiuntivo per il pagamento del corrispettivo che gli sarebbe stato dovuto dal condominio quale compenso straordinario per la gestione dei lavori di manutenzione del fabbricato deliberati dall’assemblea.

Il condominio, presentando opposizione all’ordine di pagamento emesso dal Giudice di Pace, aveva sostenuto che non fosse maturato alcun diritto al compenso, considerato che nella specie non era stato intrapreso alcun lavoro di manutenzione straordinaria, non essendo intervenuto alcun contratto di appalto.

Il condominio aveva quindi colto l’occasione per formulare una domanda riconvenzionale, con la quale aveva chiesto la condanna dell’amministratore al pagamento di un certo importo a fronte di alcune anomalie gestorie e ammanchi rapportati alla mancanza dei giustificativi di spesa.

Questi ultimi erano stati richiesti in corso di causa e il giudice ne aveva anche ordinato all’amministratore l’esibizione in giudizio.

Il Giudice di Pace aveva ritenuto che le somme ingiunte non fossero dovute in quanto le attività oggetto della richiesta di compenso, oltre a non essere provate, non erano ricomprese tra quelle che avrebbero potuto essere riconosciute dall’assemblea.

Lo stesso aveva quindi accolto anche la domanda riconvenzionale svolta dal condominio, ritenendo che la mancanza di collaborazione dimostrata dall’amministratore nel corso del giudizio, desunta anche dall’inosservanza dell’ordine di esibizione della documentazione condominiale, avrebbe corroborato la fondatezza degli assunti del condominio. Di qui l’appello presentato dall’amministratore dinanzi al Tribunale di Roma.

La decisione del Tribunale di Roma.

Il Tribunale di Roma, nell’accogliere sul punto l’appello, ha chiarito che il condominio che lamenti la cattiva gestione dell’amministratore deve provare il fatto che l’esercizio si sia in realtà chiuso non già con debiti, ma con veri e propri avanzi di cassa, o puntualmente riportati nel bilancio successivo come partite in entrata (e poi, a un certo punto, dispersi, senza un corrispondente ed effettiva partita in uscita) oppure sin dall’inizio fraudolentemente occultati.

Tale prova deve essere fornita attraverso la contabilità – se regolarmente tenuta e approvata – e/o i versamenti eseguiti e le uscite comprovate da documenti di spesa, nonché per mezzo dei movimenti del conto corrente.

L’amministratore, per converso, è onerato, in quanto contrattualmente debitore verso il condominio della propria prestazione di mandatario, della prova del proprio corretto operato e, quindi, dell’effettivo e accorto impiego di tutte le somme riscosse per pagare le spese di volta in volta preventivate o imposte dall’urgenza (previa puntuale registrazione di ogni singolo incasso – con la relativa provenienza – e di ogni singolo esborso – in corrispondenza di adeguata documentazione giustificativa).

Nella specie il condominio aveva contestato all’amministratore ammanchi di cassa, mai descritti in compiuti termini contabili, limitandosi a richiamare una perizia di parte in cui era evidenziata la disponibilità ai fini dell’accertamento solo di una parte della documentazione contabile. Inoltre il bilancio consuntivo relativo alla gestione contestata era stato approvato dall’assemblea.

A questo proposito il Giudice ha evidenziato che il rendiconto si riferisce all’intero operato dell’amministratore relativo alla gestione annuale e comporta (eccettuato il caso che, all’atto dell’approvazione, l’assemblea abbia formulato espresse riserve per quei diritti non attinenti alle partite contabili enucleate nel conto) la definizione di tutti i rapporti derivanti dall’esecuzione del mandato (si veda Cass. civ., 27 aprile 1982, n. 2634), salvo il potere di revisione del conto reso e già accettato esercitabile dalla controparte nei limiti di cui all’art. 266 c.p.c. e quindi in caso di errore materiale, omissione o duplicazione di partite, falsità.

Il Tribunale ha quindi ritenuto che il condominio non fosse riuscito a fornire la prova di cui era onerato, anche perché il consulente tecnico nominato nel corso del giudizio di primo grado aveva concluso la propria relazione riferendo che non era possibile riscontrare anomalie tra incassi e spese in quanto la documentazione necessaria per tale ricerca non era presente tra gli atti di causa.

Ma su questo aspetto il Tribunale, a differenza del Giudice di Pace, ha ritenuto che non potesse imputarsi all’amministratore uscente la mancata esibizione della predetta documentazione contabile, poiché non risultava che lo stesso avesse la disponibilità di ulteriore o diversa documentazione rispetto a quella consegnata al suo successore in sede di passaggio delle consegne.

Sentenza
Scarica Trib. Roma 9 maggio 2022 n. 7120

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