Appalto per opere condominiali e inadempimento parziale dei pagamenti: legittimazione passiva dell’amministratore nella fase monitoria di recupero del credito
Il Tribunale di Torre Annunziata (sentenza n.2377 del 12 settembre 2023) è stato investito di una questione, tanto attuale quanto ricorrente, avente ad oggetto la legittimazione passiva dell’amministratore nell’azione monitoria promossa dall’appaltatore per il recupero coattivo del debito maturato, in considerazione del mancato pagamento degli importi convenuti in aderenza ai termini indicati e concordati nel contratto di appalto stipulato.
L’argomento appare di certa rilevanza, anche ed in particolare, per l’elevato numero di opere di manutenzione straordinaria che, negli ultimi anni, hanno interessato i condomini in ragione delle agevolazioni fiscali (bonus) previste in tema di ristrutturazione edilizia.
La decisione in commento rappresenta, dunque, l’occasione per richiamare le disposizioni dettate in materia, chiarendo e ricapitolando le ipotesi in cui l’amministratore assume su di sé, in ragione della qualità di legale rappresentante del condominio, la legittimazione passiva verso i terzi.
Sul punto, per un inquadramento compiuto, è indefettibile evidenziare le peculiarità che attendono, a sua volta, la legittimazione attiva del creditore ad agire in giudizio nella fase cognitiva, per la costituzione del titolo, ed in quella esecutiva, successiva, diversa ed ulteriore inerente l’escussione forzata del debitore.
Appalto per opere condominiali e inadempimento parziale dei pagamenti: legittimazione passiva dell’amministratore nella fase monitoria di recupero del credito. Fatto e decisione
Un’impresa operante nell’ambito dell’edilizia ha chiesto, ed ottenuto, l’emissione di decreto ingiuntivo nei confronti di un condominio, nella persona dell’amministratore pro tempore, con condanna di quest’ultimo al pagamento delle fatture, rimaste insolute, in disprezzo delle scadenze stabilite nel contratto sottoscritto.
A seguito della notifica del decreto ingiuntivo, il condominio ha promosso opposizione, chiedendone la revoca, sostenendo che nel contratto di appalto era contenuta una clausola di esclusione espressa della solidarietà passiva sulla base della quale l’impresa avrebbe potuto chiedere il pagamento degli eventuali insoluti solo e soltanto nei confronti dei singoli condomini morosi e limitatamente alla di loro quota di spettanza.
Al contempo, censurava la debenza della somma ingiunta, sia nell’an che nel quantum, affermando che, alla data del deposito del decreto ingiuntivo, il condominio aveva addirittura corrisposto somme maggiori rispetto a quelle dovute secondo il contratto all’uopo ulteriormente contestando un ritardo ingiustificato di tredici giorni nella esecuzione dei lavori, per cui chiedeva il riconoscimento della penale, quale contro credito in compensazione.
Preso atto delle difese de difensori delle parti, il Giudice ha rigettato l’opposizione, per le motivazioni nel prosieguo esposte.
Considerazioni conclusive
Recupero spese condominiali e legittimazione passiva dell’amministratore
Per una compiuta disamina della pronuncia de qua, non è possibile prescindere dal rammentare che l’art. 1131, comma II, c.c., rubricato “Rappresentanza”, statuisce che «L’amministratore può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell’edificio [1117]; a lui sono notificati i provvedimenti dell’autorità amministrativa che si riferiscono allo stesso oggetto».
Il disposto normativo del richiamato articolo è limpido nell’individuare nella persona dell’amministratore il soggetto legittimato ad essere chiamato in giudizio, in ragione della sua funzione di rappresentante del condominio, ogniqualvolta l’azione abbia ad oggetto le parti comuni dell’edificio e/o questioni che coinvolgono le sue attribuzioni, ivi comprese le obbligazioni che attengono al pagamento di fornitori o creditori per prestazioni derivanti da contratti stipulati dallo stesso sulla base delibere adottate dei condomini.
A conferma, è appropriato rammentare che l’orientamento della Giurisprudenza è consolidato e costante nell’affermare che «L’amministratore di condominio può, senza necessità di autorizzazione o ratifica dell’assemblea, proporre opposizione a decreto ingiuntivo nonché impugnare sentenze per tutte le controversie che rientrino nell’ambito delle sue attribuzioni ex art. 1130 c.c., quali quelle aventi ad oggetto il pagamento preteso nei confronti del condominio dal terzo creditore in adempimento di un’obbligazione assunta dal medesimo amministratore per conto dei partecipanti, ovvero per dare esecuzione a delibere assembleari, erogare le spese occorrenti ai fini della manutenzione delle parti comuni o l’esercizio dei servizi condominiali ovvero resistere all’impugnazione della delibera assembleare» (ex pluribus multis Cassazione civile sez. II, 16/10/2017, n.24302; Tribunale Roma sez. V, 24/09/2019, n.18006).
Al contempo, è opportuno rilevare che i condomini sono responsabili per le obbligazioni assunte dal condominio verso terzi, in aderenza al criterio della parzietà, in proporzione della loro quota.
Preso atto di quanto sopra osservato, nella fattispecie in esame, non può essere condivisa la censura sollevata dal condominio, relativamente alla carenza di legittimazione passiva dello stesso.
Invero, a sostegno della eccezione mossa, il condominio evoca la clausola contrattuale riportata nel contratto che, non solo non esclude la sua solidarietà, ma, addirittura, conferma i principi sopra illustrati.
In proposito, è sufficiente trascriverne il contenuto della clausola de qua, per comprenderne, dalla semplice lettura, l’erroneità della tesi del condominio «in caso di inadempienza di uno o più condomini, l’appaltatore dovrà agire, per il recupero del credito, solo ed esclusivamente nei confronti di quei condomini inadempienti e solo per la quota spettante a ciascuno».
Il dettato richiamato è inequivocabile nel prescrivere che l’appaltatore poteva agire “per il recupero del credito“, ovvero nella fase espropriativa, solo contro i condomini inadempienti e per la quota da loro dovuta senza alcuna limitazione o esclusione del diritto di agire della impresa nei confronti del condominio per l’accertamento del proprio diritto di credito.
L’esecuzione forzata verso il condomino moroso
Nella fattispecie in esame, il condominio appare non aver bene compreso la distinzione che intercorrere tra la legittimazione del creditore all’azione diretta all’accertamento e condanna al pagamento, ovvero alla costituzione del titolo, da quella esecutiva.
La prima potrà essere rivolta tanto nei confronti del condominio, quale ente di gestione, che dei singoli condomini inadempienti, mentre la seconda potrà essere avanzata, per la natura parziaria della obbligazione che grava sui condomini, solo nei confronti di quelli morosi e per la quota dovuta ed esigibile.
Nella vertenza che interessa, la doglianza non è fondata e, dunque, accolta in quanto è chiara la legittimazione passiva dell’amministratore in relazione all’oggetto della ingiunzione.
A tal riguardo, non appare ultroneo ribadire che per tutte le obbligazioni riconducibili al condominio, vige il principio di solidarietà passiva nell’interesse del creditore, laddove, come nel caso, non sia stato espressamente escluso.
L’impresa aveva, dunque e per l’effetto, buon diritto a chiedere l’emissione del decreto ingiuntivo nei confronti del condominio in quanto la clausola del contratto di appalto ha ad oggetto solo il diritto di agire esecutivamente verso i condomini morosi, nei limiti della quota di ciascuno, senza che dalla stessa si possa desumere alcuna esclusione o limite alla azione per l’accertamento della esistenza ed entità dell’inadempimento del condominio.
In ultimo, è confacente sottolineare che, in ogni caso, anche l’art. 63 Disp. Att. c.c. sancisce esclusivamente il beneficio di escussione del condomino moroso per la solo fase esecutiva e non per quella relativa alla azione necessaria alla costituzione o al riconoscimento del titolo.
Alla luce delle motivazioni illustrate, l’opposizione è stata rigettata.