Azione di ripetizione dell’indebito nei confronti della banca: l’onere probatorio del correntista
Con l’ordinanza n.2555, pubblicata il 27 gennaio 2023, la Corte di Cassazione si è nuovamente occupata della questione relativa alle prove che il correntista di una banca deve fornire nelle controversie dallo stesso promosse nei confronti dell’istituto bancario avente ad oggetto la richiesta di ripetizione di somme che sostiene asseritamente trattenute illecitamente da quest’ultimo.
Martedi 31 Gennaio 2023 |
IL CASO: La controversia trae origine dal ricorso promosso da una società avverso la sentenza con la quale la Corte di Appello aveva confermato la decisione di primo grado di rigetto della domanda di accertamento delle illegittimità di quattro contratti di conto corrente sottoscritte dalla predetta società con una banca, degli addebiti da quest’ultima praticati e la richiesta della società attrice di individuazione dell’esatto riparto di dare ed avere.
Nel rigettare l’appello, i giudici della Corte Territoriale avevano affermato che l’onere della prova circa l’assenza di pattuizioni in ordine alle somme addebitate sul conto corrente della società, originaria attrice, spettasse a quest’ultima. Prova che non era stata assolutamente fornita.
LA DECISIONE: La Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso promosso dall’originaria società attrice infondato e nel rigettarlo ha ribadito il principio giurisprudenziale di legittimità secondo il quale “ alle controversie tra Banca e correntista, introdotte su domanda del secondo allo scopo di contestare il saldo negativo per il cliente e di far rideterminare i movimenti ed il saldo finale del rapporto, alla luce della pretesa invalidità delle clausole contrattuali costituenti il regolamento pattizio e, così, ottenere la condanna della Banca al pagamento delle maggiori spettanze dell’attore, quest’ultimo e gravato del corrispondente onere probatorio, che attiene agli aspetti oggetto della contestazione» (Cass. civ. 26 maggio 2021, n. 14428; Cass. civ. 12 giugno 2020, n. 11294; Cass. civ. 13 novembre 2019, n. 33099; Cass. civ. 28 novembre 2018, n. 30822).
Incombe sull’attore che agisce per la ripetizione dell’indebito, hanno continuato i giudici di legittimità, la prova dell’inesistenza di una giusta causa dell’attribuzione patrimoniale compiuta in favore del convenuto, ancorché si tratti di prova di un fatto negativo.
Ai fini della dimostrazione dell’indebito da pagamento di interessi anatocistici o a tasso ultralegale non è sufficiente dimostrare l’avvenuto pagamento degli stessi (per provare il quale basta effettivamente la produzione degli estratti conto), essendo la legge a vietarne la corresponsione. Al contrario, è la legge che, sia per gli uni che per gli altri, consente alle parti di concordarne li pagamento in particolari situazioni.
L’art. 1283 del Codice Civile, pur vietando in linea di principio che gli interessi scaduti producano a loro volta ulteriori interessi, lo consente tuttavia «per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza» e anche l’art. 120 T.U.B. dà ampio spazio a convenzioni giustificative dell’anatocismo. Anche l’art. 1284 del Codice Civile e l’art. 117 del T.U.B. consentono la pattuizione di interessi a tasso superiore a quello legale.
La prova negativa circa l’inesistenza di tali accordi tra le parti, hanno concluso gli Ermellini, grava sull’attore che agisce per la ripetizione dell’indebito. La produzione del contratto posto a base del rapporto bancario non è per un verso indispensabile e per l’altro sufficiente, in quanto anche se lo stesso viene esibito, è possibile che l’accordo tra le parti sia stato stipulato con un atto diverso e successivo.
Ciò in quanto, al fine di dimostrare l’assenza dei fatti costitutivi del debito del correntista, è possibile utilizzare altri mezzi di prova ricavabili dal comportamento processuale della controparte, ai sensi del secondo comma dell’art. 116 del Codice di Procedura Civile, e anche con il giuramento.