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Azione di rivendicazione e azione di restituzione: natura, presupposti e differenze

Con l’ordinanza n. 25084/2022, pubblicata il 22 agosto 2022, la Corte di Cassazione si è pronunciata sulla natura, i presupposti e le differenze tra l’azione di rivendicazione e l’azione di restituzione di un bene.

Lunedi 29 Agosto 2022

IL CASO: La vicenda esaminata prende le mosse dal giudizio avente ad oggetto la richiesta di condanna del convenuto formulata dall’attore al rilascio di un appezzamento di terreno ed al risarcimento del danno. Costituendosi in giudizio il convenuto, oltre a contestare la richiesta attorea chiedendone il rigetto, spiegava in via riconvenzionale domanda tesa all’accertamento dell’intervenuto acquisto per usucapione della proprietà del terreno oggetto di causa.

Il Tribunale dava parzialmente ragione all’attore accogliendo la domanda di rilascio del terreno proposta da quest’ultimo con conseguente ordine al convenuto di procedere in tal senso. Rigettava, invece, la domanda di risarcimento del danno. La Corte di Appello, chiamata a pronunciarsi sul gravame interposto dal convenuto, confermava la sentenza di primo grado.

Pertanto, quest’ultimo, rimasto soccombente in entrambi i gradi di giudizio, investiva della questione la Corte di Cassazione deducendo, fra i vari motivi, che i giudici di merito avevano erroneamente qualificato la domanda proposta dall’originario attore come azione di restituzione e non di rivendicazione, con conseguente applicazione ad essa di un regime probatorio di maggior favore. Secondo il ricorrente, la domanda con la quale l’attore aveva chiesto la sua condanna al rilascio di un bene abusivamente occupato andava qualificata come azione di rivendicazione e non come azione di restituzione.

LA DECISIONE: La Cassazione, dopo aver evidenziato che la Corte di Appello aveva ritenuto che la domanda attorea non era tesa ad ottenere l’affermazione del diritto di proprietà sul bene oggetto di causa, ma soltanto alla sua riconsegna, ha dichiarato il motivo del ricorso inammissibile, ribadendo il principio secondo il quale “L’interpretazione della domanda deve essere diretta a cogliere, al di là delle espressioni letterali utilizzate, il contenuto sostanziale della stessa, desumibile dalla situazione dedotta in giudizio e dallo scopo pratico perseguito dall’istante con il ricorso all’autorità giudiziaria” (Cass. Sez.U, Sentenza n. 3041 del 13/02/2007).

Come affermato in altri arresti giurisprudenziale di legittimità, hanno osservato gli Ermellini, in tema di difesa della proprietà, l’azione di rivendicazione e quella di restituzione, anche se tendono al medesimo risultato pratico del recupero della materiale disponibilità del bene, hanno natura e presupposti diversi:

a) con l’azione di rivendicazione, di carattere reale, l’attore assume di essere proprietario del bene e, non essendone in possesso, agisce contro chiunque di fatto ne disponga onde conseguirne nuovamente il possesso, previo riconoscimento del suo diritto di proprietà;

b) con l’azione di restituzione, invece, di natura personale, l’attore non mira ad ottenere il riconoscimento di tale diritto, del quale non deve, pertanto, fornire la prova, ma solo ad ottenere la riconsegna del bene stesso. Pertanto, può limitarsi a fornire la prova dell’avvenuta consegna in base ad un titolo e del successivo venir meno di questo per qualsiasi causa, o ad allegare l’insussistenza ab origine di qualsiasi titolo.

In tale seconda ipotesi, la difesa del convenuto che pretenda di essere proprietario del bene in contestazione, non è idonea a trasformare in reale l’azione personale proposta nei suoi confronti, atteso che, per un verso, la controversia va decisa con esclusivo riferimento alla pretesa dedotta, per altro, la semplice contestazione del convenuto non costituisce strumento idoneo a determinare l’immutazione, oltre che dell’azione, anche dell’onere della prova incombente sull’attore, imponendogli, una prova ben più onerosa – la probatio diabolica della rivendica – di quella cui sarebbe tenuto alla stregua dell’azione inizialmente introdotta.

Nel caso in cui il convenuto si difende opponente alla domanda di rilascio o consegna, in via di eccezione o con domande riconvenzionali, difese di carattere petitorio, come l’eccezione o la domanda di usucapione, il quadro non muta, in quanto ciò non implica alcuna trasformazione in reale della domanda proposta e mantenuta ferma dell’attore come personale per la restituzione del bene.

Di conseguenza, hanno concluso, l’attore non è tenuto a soddisfare il correlato gravoso onere probatorio inerente le azioni reali (cosiddetta probatio diabolica), la cui prova, idonea a paralizzare la pretesa attorea, incombe solo sul convenuto, in dipendenza delle difese dal medesimo spiegate.

Allegato:

Cassazione civile ordinanza n.25084 2022

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