English EN French FR Italian IT Spanish ES

Buona fede e correttezza nei rapporti contrattuali condominiali


Buona fede e correttezza: due principi sovrapponibili

Il codice civile contiene due norme che si occupano precipuamente della buona fede e della correttezza, anzi per ciò che concerne i rapporti obbligatori in generale e contrattuali in particolare le citiamo in ordine di menzione: correttezza e buona fede.

L’art. 1175 c.c. specifica che debitore e creditore devono comportarsi secondo le regole della correttezza. L’art. 1375 c.c. in tema di esecuzione del contratto precisa che il medesimo deve essere eseguito secondo buona fede.

In passato non sono mancate tesi volte a tracciare una distinzione tra quelli che, secondo parte della dottrina, rappresentavano dei precetti distinti. Si argomentava sulla collocazione nell’ambito delle norme alle obbligazioni in generale ed ai contratti per arrivare ad affermare che la correttezza fosse canone afferente al comportamento di entrambe le parti di ogni rapporto obbligatorio, mentre la buona fede afferisse ai soli rapporti contrattuali.

Non mancava chi affermava che la buona fede riguardasse le modalità di esecuzione della prestazione da parte del debitore nell’ambito del contratto.

La dottrina e la giurisprudenza maggioritarie, invece, ritengono che buona fede e correttezza siano principi sostanzialmente sovrapponibili.

Le parti di ogni rapporto obbligatorio, quindi anche dei contratti, entrambe le parti, devono comportarsi correttamente ed eseguire il contratto in buona fede.

Tradizionalmente si è operata la distinzione tra buona fede soggettiva riferibile ai diritti reali e quindi ad esempio all’acquisto in buona fede, ecc. e buona fede oggettiva. È questa quella cui qui si fa riferimento in relazione ai rapporti obbligatori, ergo ai rapporti contrattuali e conseguentemente ai rapporti contrattuali sorti in ambito condominiale.

Date queste coordinate di carattere generale, è utile comprendere cosa debba intendersi per correttezza e buona fede. Al riguardo il riferimento è a quello standard di comportamento che è lecito aspettarsi da una persona in relazione alla particolare situazione oggetto di valutazione.

Una parte si comporta correttamente ed secondo buona fede quando è lecito attendersi che nel caso che la riguarda l’uomo medio avrebbe fatto lo stesso.

Si tratta dunque di un giudizio fondato su parametri obbiettivi cui il giudice deve attenersi all’atto della valutazione.

Buona fede, correttezza e integrazione degli obblighi contrattuali

Se per lungo tempo i principi di correttezza e buona fede sono stati considerati semplicemente in relazione alle condotte delle parti dei rapporti obbligatori, con lo sviluppo della concezione solidaristica dello stato e dei rapporti giuridici, buona fede e correttezza passano dall’essere oltre che norme sulla condotta anche clausole integrative dei rapporti obbligatori. L’addentellato normativo di tale lettura è rappresentato dall’art. 2 Cost.

La solidarietà che deve informare i rapporti sociali ed economici riguarda anche quelli giuridici ed il principio espresso da quella norma costituzionale, come più volte rilevato dal giudice delle leggi, non è meramente programmatico: tutt’altro, il principio di solidarietà sancito dalla norma in esame è immediatamente precettivo e in ambito contrattuale trova proprio nella correttezza e nella buona fede precetti attraverso i quali esprimersi.

Ecco, allora, che prende piede una lettura solidale dei vincoli contrattuali: le parti nell’eseguire un contratto, ovvero più in generale nell’ambito di un rapporto obbligatorio, devono tenere una condotta volta a realizzare il proprio interesse, ma pur sempre considerando il contesto complessivo di riferimento.

La Cassazione ha chiarito che gli obblighi di solidarietà, integrativi del contratto ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 2 Cost. e 1374 – 1375 c.c., non possono spingersi essere tali da sacrificare oltre modo la parte sulla quale gravano. Com’è stato più volte affermato deve trattarsi di un sacrificio accettabile.

È questo il punto di discrimine tra sacrificio richiedibile e non pretendibile dal debitore e/o dal creditore.

Questo punto assume particolare importanza: non è solo il debitore a doversi comportare secondo correttezza e buona fede, ma anche il creditore della prestazione deve fare altrettanto.

Buona fede, correttezza e integrazione degli obblighi contrattuali alcuni esempi

Res sic stantibus è utile tradurre in pratica questi concetti generali, sì da consentirne una plastica visualizzazione e materiale replicazione.

All’uopo è possibile fare riferimento ad un caso di esecuzione contrattuale nel quale non è sufficiente adoperarsi per adempiere, ma anche farlo secondo quelle che sono le comuni regole di condotta.

Si pensi al debitore che deve recarsi al domicilio del creditore per un pagamento e che questi non gli abbia indicato un orario.

Alla luce della funzione integrativa della buona fede è difficile che possa ritenersi lecito il comportamento del debitore che si rechi presso tale luogo in orario notturno, ovvero in pieno periodo estivo, lamentando poi che sia stato il creditore a non consentire l’adempimento.

Per portare un esempio tratto direttamente dalle sentenze rese dalla Cassazione, in una afferente la responsabilità di un notaio è stato affermato che deve affermarsi la responsabilità di quel professionista “che, ancorché abbia autenticato le firme della dichiarazione di vendita di una vettura, non comunichi al venditore, che li abbia richiesti, i dati anagrafici dell’acquirente, pur avendo il potere di rilasciare copia ed estratti dei documenti a lui esibiti e non necessariamente depositati e nonostante venga in rilievo un atto soggetto a pubblicità mobiliare (ai sensi dell’art. 2683, n. 3, c.c.), la conservazione della cui copia, per quanto informale, rispondeva a prassi già in uso, costantemente osservata e successivamente trasfusa in atto normativo (l. n. 246 del 2005)” (Cass. 13 febbraio 2020 n. 3964).

Quando viene stipulato un contratto d’appalto sulla base di una delibera nulla.

È doveroso porre una distinzione tra buona fede integrativa e buona fede di protezione: la prima ai sensi delle norme citate integra il contratto in relazione ad elementi specifici della sua esecuzione. La buona fede di protezione, invece, impone alle parti di comportarsi in modo tale che dall’esecuzione del contratto non possa derivare nocumento alle medesime.

Classico l’esempio della necessità di liberare gli spazi nell’appartamento nel caso di interventi manutentivi, per evitare che gli oggetti possano recare pericolo a chi si appresta ad eseguirli.

Buona fede e correttezza nei rapporti contrattuali condominiali

I rapporti contrattuali condominiali non fanno eccezione a quanto detto fino ad ora. Tanto il condominio, inteso quale parti del contratto, quanto la sua controparte, devono comportarsi secondo correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto.

Che il condominio debba comportarsi secondo correttezza significa che l’amministratore, in primis, ed i condòmini con esso debbano fare tutto quanto è necessario e possibile per consentire la corretta esecuzione della prestazione dovuta.

Si pensi a lavori nel cortile: oltre alle eventuali specifiche richieste dell’impresa (es. rimozione oggetti) sta all’amministratore ed ai condòmini non comportarsi in altri modi che possano comunque intralciare la corretta esecuzione delle opere.

Oltre che alla buona fede quale norma sulla condotta, in ragione di quanto fin qui esposto, bisogna fare riferimento alla medesima quale clausola integrativa dei contratti. Si pensi alle modalità di esecuzione di un contratto di appalto, alle comunicazioni eventualmente dovute dal condominio per una migliore esecuzione della prestazione attesa o ancora alle modalità di esecuzione del servizio di pulizia scale da parte dell’impresa.

Buona fede e correttezza nei rapporti contrattuali tra amministratore e condòmini

Non fanno eccezione i rapporti tra condòmini ed amministratore. Si pensi alla questione della visione dei documenti condominiali.

Nel corso del rapporto di mandato l’amministratore deve evadere le richieste dei condòmini in modo celere, preciso e puntuale e gli stessi devono presentarle in modo tale da non recare intralcio all’attività dell’amministratore.

La buona fede, quindi, funge da clausola integrativa poiché impone alle parti di comportarsi correttamente.

Tornando al caso risolto dalla Cassazione in relazione agli obblighi del notaio e riportandolo al caso di specie: può dirsi adempiente l’amministratore che dinanzi alla richiesta di documenti rispetto ad un determinato affare non li ostenti tutti in ragione di una non dimostrata scarsa chiarezza della richiesta?

Condividi