Caduta a causa di una buca in strada: quando è esclusa la responsabilità del custode
Con l’ordinanza n. 36901/2022 la Corte di Cassazione torna ad occuparsi della responsabilità del custode ex art. 2051 in caso di caduta di pedone in corrispondenza di una buca, evidenziandone i presupposti e le differenze rispetto alla disciplina della responsabilità ex art. 2043 c.c.
Martedi 3 Gennaio 2023 |
Il caso: Tizio + altri, quali eredi della madre, Caia, convenivano in giudizio l’Amministrazione Provinciale per ottenere il risarcimento dei danni conseguiti al decesso della congiunta, avvenuto a causa di complicazioni intraoperatorie verificatesi durante l’intervento di riduzione delle fratture riportate a seguito della caduta in una buca presente nella strada provinciale che attraversava il centro abitato; l’Amministrazione convenuta resisteva alla domanda e chiamava in garanzia le compagnie di assicurazione con cui aveva stipulato una polizza assicurativa a copertura della responsabilità civile verso terzi).
Il Tribunale rigettava la domanda con compensazione delle spese di lite; la Corte di Appello rigettava l’impugnazione proposta dagli eredi di Caia, condannando gli appellanti al pagamento delle spese del grado in favore delle parti appellate.
Per la Corte distrettuale le dichiarazioni dei testimoni non avevano aggiunto nulla per comprendere la dinamica del fatto e pertanto dubbia appariva la dimostrazione del nesso di causalità tra le incerte condizioni della strada provinciale e il danno; in ogni caso si evidenziava che:
a) il sinistro era avvenuto in pieno giorno, con perfette condizioni di visibilità, e dalla documentazione era emerso che la banchina al bordo strada percorsa da Caia era caratterizzata dalla presenza di vegetazione, sassi e terra nonché connotata da evidenti disconnessioni del ciglio stradale ai margini della parte asfaltata derivandone una piena avvistabilità di qualsivoglia buca, mezzaluna o avvallamento;
b) Caia avrebbe potuto avvistare tempestivamente ed evitare la situazione di pericolo e non la percepì a causa di un’inutile e repentina fuoriuscita dalla sede stradale asfaltata, non necessitata;
c) la circostanza che la donna percorresse la sede bitumata rendeva evidente come essa fosse consapevole del dissesto in cui si trovava la banchina, le cui condizioni erano ben note a Caia in quanto la stessa, che abitava a 300 metri dal luogo del fatto, percorreva periodicamente quel tragitto», almeno due volte al giorno.
Gli eredi di Caia, ricorrono in Cassazione, che, nel ritenere fondata l’impugnazione, coglie l’occasione per ribadire alcuni principi in materia di responsabilità per cose in custodia:
1) la responsabilità ex art. 2051 c.c. ha natura oggettiva e discende dall’accertamento del rapporto causale fra la cosa in custodia e il danno, salva la possibilità per il custode di fornire la prova liberatoria del caso fortuito, ossia di un elemento esterno che valga ad elidere il nesso causale e che può essere costituito da un fatto naturale e dal fatto di un terzo o della stessa vittima;
2) l’onere probatorio gravante sul danneggiato si sostanzia nella duplice dimostrazione dell’esistenza (ed entità) del danno e della sua derivazione causale dalla cosa, residuando, a carico del custode l’onere di dimostrare la ricorrenza del fortuito;
3) nell’ottica della previsione dell’art. 2051 c.c., tutto si gioca dunque sul piano di un accertamento di tipo causale (della derivazione del danno dalla cosa e dell’eventuale interruzione di tale nesso per effetto del fortuito), senza che rilevino altri elementi, quali il fatto che la cosa avesse o meno natura “insidiosa” o la circostanza che l’insidia fosse o meno percepibile ed evitabile da parte del danneggiato (trattandosi di elementi consentanei ad una diversa costruzione della responsabilità, condotta alla luce del paradigma dell’art. 2043 c.c.);
4) la condotta del danneggiato può rilevare unicamente nella misura in cui valga ad integrare il caso fortuito, ossia presenti caratteri tali da sovrapporsi al modo di essere della cosa e da porsi essa stessa all’origine del danno; al riguardo, però, non basta a escludere il nesso causale fra la cosa e il danno la condotta colposa del danneggiato, richiedendosi anche che la stessa si connoti per oggettive caratteristiche di imprevedibilità ed imprevenibilità che valgano a determinare una cesura rispetto alla serie causale riconducibile alla cosa (degradandola al rango di mera occasione dell’evento di danno);
5) nel caso specifico della caduta del pedone in corrispondenza di una buca stradale, non può evidentemente sostenersi che la stessa sia imprevedibile (rientrando nel notorio che la sconnessione possa determinare la caduta del passante) e imprevenibile (sussistendo, di norma, la possibilità di rimuovere il dislivello o, almeno, di segnalarlo adeguatamente); pertanto il mero rilievo di una condotta colposa del danneggiato non è idoneo a interrompere il nesso causale, che è manifestamente insito nel fatto stesso che la caduta sia originata dalla (prevedibile e prevenibile) interazione fra la condizione pericolosa della cosa e l’agire umano;
6) peraltro, tale condotta -ancorché non integrante il fortuito- potrà assumere rilevanza ai fini della liquidazione del danno cagionato dalla cosa in custodia, ma questo non può avvenire all’interno del paradigma dell’art. 2051 c.c., bensì ai sensi dell’art. 1227 c.c., ossia sotto il diverso profilo dell’accertamento del concorso colposo del danneggiato, valutabile sia nel senso di una possibile riduzione del risarcimento, secondo la gravità della colpa del danneggiato e le conseguenze che ne sono derivate (ex art. 1227, 10 co. c.c.), sia nel senso della negazione del risarcimento per i danni che l’attore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza (ex art. 1227, 2° co. c.c.), fatta salva, nel secondo caso, la necessità di un’espressa eccezione della controparte.
7) nel caso in esame, pertanto, la Corte territoriale non si è attenuta ai suddetti principi, in quanto ha ritenuto di poter senz’altro individuare il fortuito nella condotta disattenta di Caia, del tutto prescindendo dall’accertamento della non prevedibilità e della non prevenibilità di tale condotta e della sua idoneità a sovrapporsi al modo di essere della cosa.