Cagnolino sbranato da cinque pitbull: la colpa e’ sempre dei padroni?
Avv. Filippo Portoghese.
Certamente non lo è dei cani, la colpa. Questo è pacifico nonostante ancora ci si affanni a dichiararlo, anzi sottolinearlo. Attribuire categorie giuridiche (colpa, responsabilità) a “oggetti” è un non senso. Come attribuire la colpa alla pistola o al fucile che ha ucciso un essere vivente.
Mercoledi 15 Maggio 2024 |
Nel caso che ha originato la sentenza in commento (Corte di Cassazione penale, sentenza n. 11093/2021) la colpa è infatti stata attribuita all’uomo, reo di avere procurato, per mezzo dei suoi cani non custoditi, lesioni ad una persona.
Il fatto all’origine della vicenda è straziante. Un cagnolino condotto al guinzaglio viene azzannato da un pitbull che si trova dall’altra parte di un rete di confine e trascinato proprio da quell’altra parte della rete per poi essere finito dagli altri quattro pitbull presenti. Il pitbull si era sporto fuori dalla proprietà in cui si trovava infilando il proprio muso sotto la recinzione a maglie (solo appoggiata sopra il muretto di confine). Il padrone del cagnolino nel tentativo – rivelatosi vano – di salvare il proprio animale, infila le braccia sotto la rete venendo morso dai cani agli arti inferiori.
Condannato in primo e secondo grado per lesioni, il proprietario dei pitbull ricorre in Cassazione lamentando che non vi fosse alcun buco nella rete di recinzione; che non sarebbe emerso come il proprio cane avesse afferrato il cagnolino (stante l’assenza di danneggiamenti o di fori della rete da cui potessero passare gli animali); che risulta incerta la prova delle lesioni come lo sarebbe (incerto) il nesso causale tra il comportamento omissivo improprio a lui contestato e l’evento lesivo; che è ignota la causa della morte del barboncino, se cioè per essere stato sbranato o per morte naturale, non essendo stata eseguita autopsia sul piccolo animale; che dalla certificazione allegata alla perizia emergerebbe che nessuna delle ferite sulla braccia della vittima sarebbe compatibile con plurimi morsi di cane.
La Corte di Cassazione rigetta il ricorso poiché i motivi di impugnazione si limiterebbero a reiterare le medesime doglianze già svolte con l’impugnazione di merito (atto di appello) e che hanno già trovato risposta più che adeguata nella doppia conforme di merito.
In ogni caso la Corte non perde occasione per sottolineare come sia pacifico che in tema di omessa custodia di animali al fine di escludere la colpa, consistente nella mancata adozione delle dovute cautele, non sia sufficiente che l’animale sia tenuto in un luogo privato e recintato, ma è necessario che tale luogo sia idoneo a evitare che lo stesso possa sottrarsi alla custodia o al controllo.
Non vi è dubbio, per buona pace di tanti, che il concetto di custodia e controllo con riferimento a talune tipologie di cani definiti possenti e con una certa memoria di razza, magari con alle spalle trascorsi opachi quando non terribili, sia concetto ben più complicato di educazione e finanche di addestramento. Magiche parole alle quali si attribuiscono proprietà risolutorie di ogni problema ma che guardando alla cronaca più cruda (e non solo recente) forse non sempre sono in grado di assicurare l’incolumità di altri esseri viventi.