Causa di risarcimento danni per vizi del fabbricato condominiale: l’avvocato non chiama in garanzia i “terzi”?
La chiamata in garanzia si ha quando una delle parti chiami in causa un terzo con lo scopo di riversare su quest’ultimo le conseguenze di una eventuale soccombenza in giudizio.
Può capitare che in un giudizio di risarcimento dei danni per vizi del fabbricato condominiale, il legale della società venditrice-costruttrice convenuta, ometta di chiamare in causa le ditte esecutrici dei lavori asseritamente causa dei vizi lamentati, nel caso in esame, l’impresa esecutrice dei lavori di pavimentazione del cortile condominiale e la ditta esecutrice delle facciate esterne dell’edificio.
Ci si chiede, pertanto, se e quando l’avvocato sia responsabile di tale omissione.
Il Tribunale di Verona, con la sentenza n. 308 del 5 febbraio 2024, ha affrontato la questione, ribadendo quali sono i presupposti della responsabilità professionale dell’avvocato.
La responsabilità professionale dell’avvocato: onere della prova e nesso causale. Fatto e decisione
Il Tribunale di Vicenza aveva condannato una società venditrice di singole unità immobiliari di un Condomino al risarcimento dei danni, alle spese dell’ATP e della consulenza tecnica integrativa nonché alle spese processuali, in favore dei condòmini attori per i danni da essi subiti a causa di vizi esistenti nel fabbricato condominiale.
La sentenza era stata, poi, confermata in appello dalla Corte d’Appello di Verona.
In seguito ai suddetti giudizi, la società venditrice, in persona del suo legale rappresentante p.t., citava in giudizio dinanzi al Tribunale di Verona gli avvocati che l’avevano assistita nei suddetti procedimenti dinanzi al Tribunale di Vicenza, per sentir accertare la loro responsabilità in relazione all’attività professionale svolta e sentirli condannare in solido alla restituzione del compenso e al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti.
Parte attrice si doleva del fatto che i propri legali non avessero provveduto cautelativamente a chiamare in garanzia, nella causa instaurata dinanzi al Tribunale di Vicenza, l’impresa esecutrice dei lavori di pavimentazione del cortile condominiale, la ditta esecutrice della tinteggiatura delle facciate esterne del condominio nonché il progettista e direttore lavori, per esercitare nei confronti dei medesimi l’azione di rivalsa, benché i loro nominativi fossero stati tempestivamente comunicati al proprio legale.
Si costituivano in giudizio gli avvocati convenuti dalla società attrice contestando la fondatezza delle domande attoree sia nell’an che nel quantum.
Il Tribunale di Verona, all’esito dell’istruttoria su base documentale, ha rigettato la domanda di parte attrice.
Secondo il Tribunale, infatti, agli avvocati difensori della società venditrice – convenuta nei giudizi promossi dinanzi al Tribunale di Vicenza dai condòmini danneggiati dai vizi del fabbricato condominiale – non poteva ascriversi alcuna responsabilità professionale, per insussistenza del nesso di causalità tra l’omessa chiamata in causa delle ditte suddette (impresa esecutrice dei lavori di pavimentazione cortile, ditta esecutrice della tinteggiatura facciate) ed il danno lamentato da parte attrice.
La relazione di consulenza tecnica d’ufficio depositata nel procedimento per accertamento tecnico preventivo e quella depositata nella causa di merito non consentivano, infatti, di ascrivere alle ditte predette la responsabilità per i vizi e le problematiche lamentate dai condomini, che avevano condotto alla condanna della società attrice.
In particolare, dai suddetti accertamenti tecnici era emerso che: 1) i fenomeni di distacco di intonaco e le fessurazioni che avevano interessato le pareti esterne dell’edificio condominiale erano stati causati da un sistema di lesioni orizzontali non sempre superficiali e quindi non ascrivibili in alcun modo alla ditta che aveva eseguito la tinteggiatura delle facciate; 2) i fenomeni di umidità di risalita (le cui cause erano imputabili: secondo il CTU dell’ATP, al fatto che il fabbricato non presentava soluzioni di continuità dell’intonaco a partire dalla pavimentazione esterna in betonelle, mentre secondo il CTU del merito, ad una realizzazione del marciapiede su “betonella” effettuata non su massicciata, ma su un sistema di supporto realizzato in sabbia e cemento, senza tener conto delle problematiche derivanti dalle precipitazioni atmosferiche e dal ristagno d’acqua a ridosso delle murature) non erano imputabili ad un’errata posa della pavimentazione esterna ad opera della ditta incaricata, ma piuttosto ad un’errata progettazione ed esecuzione dei lavori e, dunque, all’impresa che, avendo provveduto all’edificazione del fabbricato, aveva l’onere di provvedere alla corretta impermeabilizzazione dello stesso.
In un quadro siffatto, secondo il giudice, doveva escludersi che, quand’anche l’avvocato della società venditrice avesse provveduto a chiamare in causa le ditte esecutrici dei lavori di pavimentazione del cortile condominiale e di tinteggiatura delle facciate esterne del condominio, le stesse sarebbero state condannate a tenere indenne, in tutto o in parte, la società venditrice delle singole unità immobiliare danneggiate dai vizi.
Dalla documentazione prodotta non risultava invece, né era stata offerta la prova, che la società venditrice avesse comunicato al proprio legale i nominativi di progettista e direttore dei lavori né che effettivamente tali incarichi fossero stati affidati a professionisti estranei alla stessa società.
Conseguentemente, nessuna responsabilità poteva pertanto essere ascritta all’avvocato per non aver chiamato in causa progettista e direttore dei lavori, tanto più che lo stesso poteva ragionevolmente confidare che, in ragione della qualifica professionale (geometra) rivestita dal legale rappresentante della società venditrice, tali incarichi fossero stati ricoperti dal medesimo.
Considerazioni conclusive
L’avvocato è tenuto ad eseguire il contratto di prestazione d’opera professionale secondo i canoni della diligenza qualificata di cui all’art. 1176, comma 2, c.c. e la sua responsabilità professionale presuppone la violazione del dovere di diligenza del professionista di media attenzione e preparazione fissato dalla norma richiamata.
Per pacifica giurisprudenza, infatti, le obbligazioni inerenti all’esercizio dell’attività professionale sono, di regola, obbligazioni di mezzi e non di risultato in quanto il professionista, assumendo l’incarico, si impegna a prestare la propria opera per raggiungere il risultato desiderato, ma non a conseguirlo.
Ciò, perché il professionista non può garantire l’esito favorevole auspicato dal cliente con la conseguenza che è responsabile solo laddove si accerti che il suo inadempimento sia causa efficiente del danno.
In particolare, la responsabilità dell’avvocato non può affermarsi per il solo fatto del non corretto adempimento dell’attività professionale, occorrendo accertare non solo se un danno vi sia stato effettivamente ma anche se esso sia riconducibile alla condotta del professionista, verificando, mediante un giudizio prognostico sull’esito che avrebbe potuto avere l’attività omessa se in presenza del comportamento dovuto il suo assistito avrebbe conseguito, alla stregua di criteri probabilistici, il riconoscimento delle proprie ragioni. (cfr. Cass. n. 33442/2022; Cass. n. 7064/2021; Cass. n. 25778/2019).
Al cliente che intenda far valere la responsabilità professionale dell’avvocato non è quindi sufficiente allegare il non corretto compimento dell’attività professionale ma deve provare la sussistenza del danno ed il nesso eziologico tra evento lesivo e condotta negligente (Cass. n. 10526/2015).
Una volta che il cliente abbia assolto l’onere della prova a suo carico, resta invece a carico del professionista l’onere di provare di aver osservato le regole dell’arte, ossia di aver svolto la propria prestazione con la diligenza richiesta dalla legge, o l’impossibilità non imputabile della perfetta esecuzione della prestazione.
In applicazione dei suddetti principi giurisprudenziali, va esclusa la responsabilità professionale dell’avvocato che ometta di chiamare in garanzia i terzi (nella specie, le ditte esecutrici dei lavori di pavimentazione del cortile condominiale e di tinteggiatura delle facciate esterne del condominio) qualora risulti che, quand’anche avesse provveduto a chiamarli in causa, gli stessi non sarebbero stati condannati a tenere indenne la parte assistita (nella specie, la società costruttrice- venditrice del fabbricato condominiale) mancando il nesso di causalità tra l’omessa chiamata ed il danno lamentato.