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Cessata materia del contendere e soccombenza virtuale

Il Tribunale di Napoli, con una recente sentenza (la numero 7601 del primo agosto 2022), si è espressa sul significato concreto di “cessazione della materia del contendere“, delineandone i tratti più significativi anche in relazione alla soccombenza virtuale che serve a stabilire chi dovrà pagare le spese del procedimento.

Il caso riguardava l’impugnazione di una delibera da parte di alcuni condòmini, i quali lamentavano: 1. che l’avviso di convocazione fosse stato notificato solo a uno dei comproprietari dell’unità abitativa e non anche agli altri; 2. che nell’ordine del giorno, alla voce “varie ed eventuali”, l’assemblea avesse conferito incarico a un avvocato per proporre appello avverso la sentenza con cui erano state riconosciute le ragioni degli attori in altro giudizio intrapreso sempre contro il condominio.

Il giudice partenopeo è tuttavia costretto a dichiarare la cessazione della materia del contendere per via della successiva assemblea condominiale che aveva ratificato all’unanimità la precedente delibera. Questo particolare tipo di pronuncia, però, non esime il giudice dal dover prendere posizione sulle spese del procedimento, in base ai criteri stabiliti dalla cosiddetta soccombenza virtuale. Approfondiamo la questione affrontata dal Tribunale di Napoli.

I motivi di impugnazione della delibera

Alcuni condòmini impugnavano la delibera assembleare per difetto di notifica dell’avviso di convocazione: secondo gli attori, detta comunicazione sarebbe stata trasmessa solamente a uno dei tre comproprietari dell’unità abitativa anziché a tutti.

Con il secondo motivo di impugnazione ci si doleva, invece, della decisione, assunta nel medesimo consesso, riguardante l’affidamento dell’incarico a un avvocato al fine di proporre appello avverso una sentenza sfavorevole al condominio.

Detta questione non sarebbe stata specificamente indicata all’interno dell’ordine del giorno, in cui ci si riferiva solamente a “varie ed eventuali“.

L’eccezione della cessata materia del contendere

Si costituiva in giudizio il condominio, il quale eccepiva innanzitutto la cessata materia del contendere: la delibera impugnata, infatti, era stata ratificata da successiva decisione regolarmente assunta all’unanimità.

Ad ogni modo, ricordava come, per prassi consolidata, solamente uno dei comproprietari riceveva l’avviso di convocazione, senza che mai vi fossero state contestazioni. In altre parole, l’unico comproprietario destinatario della convocazione sarebbe stato il delegato degli altri.

Inoltre, con riferimento al secondo motivo di impugnazione, il condominio eccepiva l’assoluta carenza di interesse degli attori: la decisione di affidare l’incarico professionale per la difesa del condominio era stato assunto in relazione ad un giudizio nell’ambito del quale gli attori rivestivano qualità di controparti dell’ente di gestione, sicché, anche se avessero partecipato all’assemblea condominiale, gli attori non avrebbero potuto esprimere alcun voto relativamente alla deliberazione adottata, dato il loro conflitto di interessi.

La cessazione della materia del contendere

Il Tribunale di Napoli, con la sentenza n. 7601 del primo agosto 2022, dichiara la cessata materia del contendere della controversia per via della successiva deliberazione che, all’unanimità, aveva ratificato quella oggetto di impugnazione.

Ricorda il giudice partenopeo come la dichiarazione di cessazione della materia del contendere sia, in sostanza, un rigetto per sopravvenuta infondatezza della domanda e/o per sopravvenuta carenza di interesse che, essendo una condizione dell’azione, deve sussistere al momento di adozione della pronuncia.

Tale dichiarazione si adotta, quindi, quando viene a mancare ogni posizione di contrasto tra le parti per essere sopraggiunti nel corso del processo eventi estintivi della controversia oppure quando, pur sopravvivendo formalmente un contrasto o comunque una domanda di parte, sono intervenute situazioni sostanziali che hanno privato la parte di un interesse giuridicamente rilevante alla pronuncia, come nei casi in cui vi sia stata una transazione, il riconoscimento della pretesa, la rinuncia all’azione, la morte della parte in azioni intrasmissibili o la soddisfazione della pretesa.

Impugnazione di delibera e cessazione della materia del contendere: cosa succede?

Per la precisione, in ambito condominiale, “ai sensi dell’art. 2377 c.c. – dettato in tema di società di capitali ma, per identità di ‘ratio’, applicabile anche in materia di condominio – la sostituzione della delibera impugnata con altra adottata dall’assemblea in conformità della legge, facendo venir meno la specifica situazione di contrasto fra le parti, determina la cessazione della materia del contendere” (Cass., sent. n. 20071 dell’11.08.2017).

La cessazione della materia del contendere, peraltro, si avrà “a condizione che la nuova deliberazione abbia un identico contenuto, e che cioè provveda sui medesimi argomenti, della deliberazione impugnata, ferma soltanto l’avvenuta rimozione dell’iniziale causa di invalidità” (Cass., ord. n. 10847 dell’08.06.2020).

Occorre, quindi, o che la delibera viziata sia sostituita da altra delibera, validamente adottata, avente il medesimo contenuto, o che la stessa sia revocata espressamente e sostituita da altra delibera di differente contenuto.

Nella fattispecie la delibera impugnata relativa al primo punto all’ordine del giorno era stata sostituita da altra delibera dell’assemblea condominiale di ratifica della precedente, emendata dai vizi procedurali della prima.

Soccombenza virtuale: come si determina?

Dichiarata la cessazione della materia del contendere, occorre ugualmente prendere posizione sulle spese di lite e di giudizio in ragione del principio della “soccombenza virtuale“: il giudice, in altre parole, deve stabilire come sarebbe terminato il procedimento se non fosse intervenuta la causa che ne ha fatto dichiarare la cessazione.

Ebbene, secondo il tribunale partenopeo, con riferimento all’omessa convocazione dei comproprietari, gli attori hanno ragione: anche se era consuetudine trasmettere l’avviso solamente a uno dei contitolari, ciò non toglie che la delibera resti astrattamente annullabile per via della mancata comunicazione agli altri.

Secondo la Corte di Cassazione (sent. n. 138 del 09.01.1998), “la convocazione dell’assemblea di un condominio, a pena di invalidità della medesima (art. 1136 cod. civ.), deve esser comunicata a tutti i comproprietari pro indiviso di un piano o di una porzione di piano, ma in assenza di particolari formalità per la notifica dell’avviso, la conoscenza di esso da parte di tutti i comproprietari può essere presunta se le circostanze sono gravi, precise e concordanti in assenza di forma necessaria per le modalità di notifica“.

L’onere di provare che tutti i condòmini siano stati convocati grava sul condominio. Così la Cassazione: “Affinché uno dei comproprietari ‘pro indiviso’ di un piano o porzione di piano possa ritenersi ritualmente convocato a partecipare all’assemblea condominiale, nonché validamente rappresentato nella medesima da altro comproprietario della stessa unità immobiliare, non si richiedono particolari formalità, essendo sufficiente che risulti provato – nella ricorrenza di circostanze presuntive affidate alla valutazione del giudice del merito – che, dato l’avviso ad uno dei comproprietari, quest’ultimo abbia reso edotti gli altri della convocazione.

In particolare, l’esigenza che tutti i comproprietari siano preventivamente informati della convocazione dell’assemblea condominiale può ritenersi soddisfatta quando risulti, secondo l’incensurabile accertamento del giudice del merito, che in qualunque modo i detti comproprietari ne abbiano avuto notizia” (Cass., sent. n. 1830 del 18.02.2000).

Nella fattispecie, tale prova presuntiva, grave precisa e concordante, circa la conoscenza delle convocazioni da parte degli altri comproprietari, manca.

Per quanto riguarda il secondo motivo di doglianza, ha ragione il condominio a ritenere la mancanza di interesse a impugnare da parte degli attori. Infatti, la delibera impugnata riguardava le iniziative procedurali da assumere in relazione ad un giudizio nel quale gli opponenti rivestivano la qualità di controparti processuali del condominio, ovvero la nomina di un legale per proporre appello avverso la sentenza di primo grado.

Deve, pertanto, essere dichiarato il difetto di interesse ad agire degli opponenti i quali, proprio perché sono in conflitto di interessi con il condominio in relazione ai contenziosi che hanno in corso con lo stesso, non hanno interesse a sindacare sulla validità delle deliberazioni impugnate nella presente sede.

Va, infatti, rimarcato che alcuna concreta incidenza hanno le delibere impugnate sulla sfera giuridica e patrimoniale degli opponenti i quali, ponendosi in contrapposizione con il condominio – ovverosia separando la loro sfera di interessi da quella degli altri condòmini e non beneficiando dell’attività difensiva posta in essere nell’interesse del condominio – neppure subiscono le ripercussioni, anche economiche, che derivano dalle scelte operate dal resto della compagine condominiale.

In questo senso la Cassazione (sent. n. 1629 del 23.01.2018), secondo cui “nel caso di controversia tra uno o più condomini e il condominio da cui consegua un conflitto giudiziario (o stragiudiziale), non trova applicazione per le parti controverse, in materia di spese, l’art. 1132 c.c., che pone a carico del condomino dissenziente l’onere di manifestare il proprio dissenso con atto notificato all’amministratore.

Nella specie, difatti, il condominio si scinde in due parti, ognuna delle quali del tutto separata dall’altra, di modo che le spese sostenute dal condominio in ragione della controversia non possono essere addebitate anche ai condomini titolari dell’interesse contrapposto se non in ragione della soccombenza.

Di tal che la relativa delibera assembleare che ripartisca le spese anche tra questi condomini è nulla per impossibilità dell’oggetto“).

Il condòmino che propone una domanda nei confronti del condominio di cui fa parte, quindi, né partecipa alla spesa da sostenersi per il pagamento delle spettanze professionali dovute al difensore del condominio, né, conseguentemente, ha interesse a sindacare in ordine alla scelta del difensore, alla misura compenso da versare in suo favore ed alle strategie processuali da assumere.

Va, pertanto, data adesione alla giurisprudenza di merito secondo la quale, stante la situazione di conflitto di interessi che intercorre fra un condominio ed un condòmino in lite con lo stesso, il secondo non ha legittimazione a proporre opposizione ex art. 1137 c.c. avverso la delibera con la quale l’assemblea decida di resistere nel giudizio da lui intentato (Corte Appello Roma, sent. n. 1425 del 30.04.1997).

In conclusione, poiché il primo motivo di doglianza dell’attore avrebbe meritato accoglimento diversamente dal secondo, trattasi di reciproca soccombenza virtuale; pertanto, le spese di lite devono essere integralmente compensate fra le parti in causa.

Sentenza
Scarica Trib. Napoli 1 agosto 2022 n. 7601

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