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Chi controlla l’amministratore di condominio?

«Quis custodiet ipsos custodes?». Si tratta di una celebre locuzione latina tratta dalla VI Satira di Giovenale, che letteralmente significa: «Chi sorveglierà i sorveglianti stessi?». In ambito condominiale, il problema si pone per l’operato dell’amministratore, soggetto deputato alla gestione dell’edificio, a cui la legge conferisce ampi poteri decisionali. Chi controlla l’amministratore di condominio? Approfondiamo l’argomento.

Il controllo dell’assemblea

L’assemblea è l’organo sovrano del condominio; da tanto deriva il potere, in capo all’adunanza, di poter annullare o ratificare le scelte dell’amministratore in qualsiasi momento.

Il primo e più penetrante controllo dell’operato dell’amministratore è quindi effettuato dall’assemblea dei condòmini, la quale può anche autoconvocarsi qualora l’amministratore non vi provveda.

Secondo l’art. 66 disp. att. c.c., quando almeno due condòmini che rappresentano un sesto del valore dell’edificio chiedono che l’assemblea venga convocata, l’amministratore non può esimersi dall’adempiere. In caso contrario, cioè se l’adunanza non viene indetta entro dieci giorni, i richiedenti possono provvedere direttamente alla convocazione.

L’autoconvocazione ai danni dell’amministratore può verificarsi anche nell’ipotesi di cui al comma undici dell’art. 1129 c.c., nei casi in cui siano emerse gravi irregolarità fiscali o la mancata apertura ed utilizzazione del conto: in queste ipotesi i condòmini, anche singolarmente, possono chiedere la convocazione dell’assemblea per far cessare la violazione e revocare il mandato all’amministratore.

Il controllo del revisore contabile

L’assemblea può controllare l’operato dell’amministratore attraverso un proprio revisore contabile, il quale può agire come “longa manus” dell’adunanza.

Secondo l’art. 1130-bis, c.c., «l’assemblea condominiale può, in qualsiasi momento o per più annualità specificamente identificate, nominare un revisore che verifichi la contabilità del condominio. La deliberazione è assunta con la maggioranza prevista per la nomina dell’amministratore e la relativa spesa è ripartita fra tutti i condòmini sulla base dei millesimi di proprietà».

Il revisore contabile funge quindi da organo di controllo dell’amministratore con specifico riferimento agli aspetti contabili e fiscali.

Il revisore acquisirà la documentazione tramite l’assemblea stessa o il condomino che lo ha nominato, al fine di eseguire una perizia e verificare se sussistono irregolarità nella contabilità interna. Non può essere quindi il revisore a rivolgersi direttamente all’amministratore per ottenere la documentazione, essendo un terzo estraneo al condominio.

Quorum per la nomina del revisore condominiale

Il controllo del consiglio di condominio

Più penetrante sarebbero, almeno in teoria, i poteri di controllo che la legge ha attribuito a uno speciale organo denominato “consiglio di condominio“.

Secondo l’ultimo comma del sopracitato art. 1130-bis c.c., l’assemblea, negli edifici di almeno dodici unità immobiliari, può nominare un consiglio di condominio composto da almeno tre condòmini. Per espressa previsione legislativa, il consiglio ha funzioni consultive e di controllo; non può pertanto adottare alcuna decisione.

Il comitato ha quindi solo funzioni di consiglio e controllo dell’amministratore e funge più che altro da intermediario tra questi e gli altri condomini, negli edifici di maggiori dimensioni.

In linea di massima si può affermare che il consigliere di condominio è chiamato a controllare l’attività dell’amministratore e a coadiuvare il suo operato, ma non a sostituirsi ad esso, rimanendo lui l’unico soggetto chiamato a vigilare sulle parti comuni e a rispondere in caso di omessa vigilanza.

In ragione degli scarsi poteri (quasi nulli, in effetti) attribuiti al consiglio di condominio, tale organo ha avuto decisamente scarso successo nella prassi.

Il controllo del singolo condomino

L’art. 1133 c.c. consente al singolo condomino di ricorrere contro i provvedimenti dell’amministratore, potendo fare appello:

  • all’assemblea stessa, la quale può in ogni momento porre nel nulla le decisioni dell’amministratore;
  • all’autorità giudiziaria, nei casi e nel termine previsti dall’articolo 1137 c.c., cioè per violazione di legge o di regolamento, nel termine di trenta giorni dalla loro adozione (ovvero da quando i condòmini ne hanno avuto conoscenza).

    Un provvedimento radicalmente nullo (ad esempio, perché penalmente illecito) è invece impugnabile in ogni tempo, senza preclusioni.

Il ricorso al giudice ordinario può essere proposto a prescindere dall’ipotesi che si sia già richiesto l’annullamento del provvedimento all’assemblea.

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