English EN French FR Italian IT Spanish ES

Codice rosso e le Vittime di sfregio permanente

Invero,la norma,introdotta dall’art. 12, comma 1, della legge n. 69/2019,relativa alle “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere”, secondo l’interpretazione letterale e sistematica della disposizione,ha comportato la trasformazione della circostanza aggravante di cui all’art. 583, comma 2, n. 4, cod. pen.in fattispecie autonoma di reato funzionale in generale ad un trattamento di maggior rigore, ulteriormente aggrava to dall’art. 585 cod. pen. per i casi riconducibili alla violenza domestica e di genere, in coerenza con le esigenze di maggiore tutela richieste dalla Convenzione di Istanbul dell’I 1 maggio 2011, ratificata con legge 26 giugno 2013, n. 77.

Secondo l’orientamento della Suprema Corte, ai fini della configurabilità del reato è sempre necessaria:

1) la valutazione circa la sussistenza dell’aggravante dello sfregio permanente, inteso come turbamento irreversibile dell’armonia e dell’euritmia delle linee del viso, compete al giudice di merito,chiamato ad esprimere un giudizio che non richiede speciali competen ze tecniche, perché ancorato al punto di vista di un osservatore comune,di gusto norma le e di media sensibilità e pertanto tale giudizio non risulta sindacabile in sede di legittimità. (Cass Sez. V, n. 22685 del 02/03/2017);

2) ai fini della configurabilità dello sfregio permanente, che consiste nel turbamento irreversibile dell’armonia e dell’euritmia delle linee del viso, non rileva la possibilità di eliminazione o di attenuazione del danno fisiognomico mediante speciali trattamenti di chirurgia facciale (Cass Sez. V, n. 23692 del 07/05/2021);

3) integra lo sfregio permanente qualsiasi nocumento che, senza determinare la più grave conseguenza della deformazione, importi un’apprezzabile alterazione delle linee del volto che incida, sia pure in misura minima, sulla funzione estetico – fisiognomica dello stesso (Cass Sez. V, n. 27564 del 21/09/2020).

Orbene, alla luce di un tale quadro,gli Ermellini hanno ritenuto che il giudizio dinanzi ad una Corte territoriale sul punto,fondato sulle constatazioni della lesione nell’immediatezza e sulle fotografie del volto della persona offesa,risulta essere privo di manifesti vizi logici.

Preme sottolineare come, nei casi esaminati dalla Cassazione nessuna distinzione è stata posta in relazione alle violenza subita in ambito familiare ovvero al di fuori di essa.

Tanto meno, ai fini dell’indennizzo riconosciuto dallo Stato in questi casi (v. DM Ministero Interno del 22/11/2019),sussite una qualche distinzione per le Vittime dell’odioso reato sempre più frequente, posto che tale D.M. riconosce lo stesso trattamento economico alle vittime di violenza con una maggiorazione del 100% per le lesioni permanenti riportate con deformazione dell’aspetto con lesioni permanenti al viso.

Inoltre,ai fini della configurabilità dello sfregio permanente, che, purtroppo, consiste nel turbamento irreversibile dell’armonia e dell’euritmia delle linee del viso, non ha alcun rilievo la possibilità di eliminazione o di attenuazione del danno fisionomico mediante speciali trattamenti di chirurgia facciale.

Questo sfregio può ritenersi permanente allorché vi sia qualsiasi nocumento che, senza determinare la più grave conseguenza della deformazione, importi un’apprezzabile alterazione delle linee del volto che incida, sia pure in misura minima, sulla funzione estetico – fisiognomica dello stesso atteso che, ai fini processuali, occorre solo verificare se uno sfregio possa considerarsi permanente o meno

Ad ogni modo, le sentenze che sono state emanate dalla Suprema Corte, proprio perché contribuiscono a fare chiarezza sulla delicata questione giuridica sotto il profilo giurispru- denziale, non possono che essere accolte positivamente.

In questo contesto assume maggior rilievo la recente decisione emessa dalla Suprema Corte (sez. V Penale, Sent. n.7728 del 01/12/2023 (dep. 22/02/2024) con la quale il delitto di Deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso” di cui all’art. 583-quinquies cod. pen. ,costituisce reato comune sia quanto all’autore del reato che alla persona offesa.

Il Giudice di legittimità ha,anzitutto,compiuto una analisi di quella che é stata la volontà del Legislatore, manifestata con la suddetta novella normativa, in relazione alla condotta di deformazione e sfregio permanente del volto.

In particolare,il Legislatore ha trasformato la condotta sanzionabile da aggravante speciale in fattispecie autonoma di reato, così da sottrarre la pena all’effetto di riduzione conseguente al giudizio di bilanciamento fra circostanze, prevedendo, al contrario, una sanzione edittale più elevata, ne minimo come nel massimo edittale.

La decisione ribadisce la natura generale della norma,utilizzando come base l’interpre tazione letterale imposta dall’art.12 delle Disposizioni sulla legge in generale,che preclu de qualsiasi interpretazione che vada oltre il significato palese delle parole.

Inoltre,secondo la S.C,. la collocazione della norma all’interno del codice penale, nel titolo dedicato ai delitti contro la persona,esclude di per sé una lettura limitata al solo ambito della violenza di genere,confermando ulteriormente la sua applicabilità generale.

Secondo i giudici di legittimità l’art. 583-quinquies c.p. punisce,con maggior rigore,le condotte di deformazione dell’aspetto mediante lesioni permanenti al viso, indipenden temente dal contesto in cui avvengono, sottolineando il trattamento di maggior rigore voluto dal Legislatore.

Tale interpretazione risulta conforme alle esigenze di maggiore tutela richieste dalla Convenzione di Istanbul,senza,tuttavia,limitare l’applicazione della norma ai soli casi di violenza di genere o domestica.

In definitiva, la decisione della Cassazione chiarisce che l’art. 583-quinquies c.p. è un reato comune,applicabile a tutte le situazioni in cui si verifichino lesioni personali che portino a deformazione o sfregio permanente del viso,in base alla volontà del Legislatore di assicurare una tutela estesa a tutte le vittime di tali reati.

Pertanto, la norma introdotta dall’art. 12, comma 1, della legge n. 69/2019(c.d. Codice Rosso) relativa alle “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere”,secondo l’interpretazione letterale e sistematica della disposizione,ha comportato la trasforma zione della circostanza aggravante di cui all’art. 583, comma 2, n. 4, cod. pen. in una fattispecie autonoma di reato funzionale,in generale,ad un trattamento di maggior rigore, ulteriormente aggravato dall’art. 585 cod. pen. per i casi riconducibili alla violenza dome stica e di genere ed in coerenza con le esigenze di maggiore tutela richieste dalla Conven zione di Istanbul dell’11 maggio 2011, ratificata con legge 26 giugno 2013, n. 77..

È evidente la volontà dei Legislatore — a seguito di noti e ripetuti episodi di violenza di genere che hanno avuto eco nella cronaca nazionale — di trasformare l’aggravante speciale in fattispecie autonoma di reato, per sottrarre la pena all’effetto di riduzione conseguente al giudizio di bilanciamento fra circostanze, prevedendo invece una sanzione edittale più elevata, nel minimo come nel massimo edittale.(!!)

E’ pure evidente che l’intenzione del Legislatore, con la trasformando dellaa circostanza aggravante dell’art. 583, comma 2, n. 4 cod. pen. in un delitto autonomo con maggiore pena edittale minima e massima,non fosse quella di ridurre l’ambito delle condotte dolose sanzionabili,bensì di assicurare un trattamento di maggior rigore, elidendo la discrezionalità del Giudice espressa nel giudizio di bilanciamento fra circostanze operabile con il precedente regime.

Ne consegue che la previsione di tali aggravanti, proprio per la commissione del delitto in contesto domestico o di violenza sessuale e di genere, esclude che l’art. 583-quinquies nella sua previsione di base debba applicarsi solo a tali ultime ipotesi, come invece sostenuto da alcuni commentatori in precedenza..

D’altro canto, la maggior tutela processuale per la vittima si rinviene per le sole fatti specie aggravate dall’art. 585 del delitto in esame: gli artt. 347, comma 3, 362, comma 1-ter, 370 commi 2-bis e 2-ter cod. proc. pen.,rispettivamente modificati e introdotti dalla legge n. 69 del 2019, allo scopo di velocizzare l’acquisizione della notizia di reato e l’assunzione di informazioni da parte della persona offesa nei casi di grave deformazione del viso.

Proprio questa necessità sostanziale e processuale di maggior rigore sanzionatorio e di tutela delle vittime, maggiormente vulnerabili, dei delitti di violenza di genere e domesti- ca, ha costituito l’occasione per il Legislatore per l’introduzione della fattispecie dell’art. 583-quinquies.

In sostanza,il Legislatore ha voluto punire con maggior rigore anche le condotte di deformazione dell’aspetto mediante lesioni permanenti al viso da “chiunque” commesse in danno di “alcuno”, quindi si verte in tema di reato comune sia quanto all’autore che quanto alla persona offesa (nello stesso senso,Cass. Sez. V, n. 38741 del 06/07/2023).

Inoltre l’innovazione normativa ha anche ulteriormente previsto che le relazioni affettive o domestiche fra autore del reato e persona offesa, costituiscano una ragione di ulteriore aggravamento della pena, per la maggiore vulnerabilità delle vittime, a tutela dei beni della libertà e dell’incolumità personale che devono essere garantiti nei contesti in cui matura la ed. violenza domestica o di genere.

Approfondita risulta l’analisi effettuata dagli Ermellini sulla definizione di “deformazione rilevante del viso” alla luce di precedenti sentenze, emanate..

In particolare, immune da manifeste illogicità è stata ritenuta la valutazione operata dal Giudice di primo grado,confermata dalla Corte di appello,secondo cui l’asportazione di quasi metà del padiglione auricolare ebbe a determinare comunque un turbamento irreversibile dell’armonia e dell’euritmia delle linee del viso, con effetto sgradevole, sufficiente, anche in assenza di ripugnanza (Cass. Sez. V, n. 32984 del 16/06/2014, San gregorio)non essendo richiesto uno sfiguramento ripugnante o una sensibile modifica zione delle sembianze (Cass. Sez. V, n. 4113 del 18/02/1997,Lalan),ma risultando sufficiente un’apprezzabile alterazione delle linee del volto che incida, sia pure in misura minima, sulla funzione estetico – fisiognomica dello stesso (Cass. Sez. V, n. 27564 del 21/09/2020,Piras),compromettendone l’immagine in senso estetico (Cass. Sez.V, n. 26155 del 21/04/2010, Barbetta).

È, comunque, opportuno precisare che, ai fini della sussistenza dello sfregio permanente, non rileva la possibilità di eliminazione o di attenuazione del danno fisionomico mediante speciali trattamenti di chirurgia facciale (Cass. Sez. V, n. 23692 del 07/05/2021, Di Rocco,), in quanto “l’eventuale limitazione degli effetti estetici del danno (costituisce) un post factum non collegato alla condotta di aggressione”.

D’altro canto, la stessa sentenza di merito,oggetto del ricorso avanzato dall’impu tato,richiamava correttamente anche un precedente della Corte,assolutamente sovrappo nibile,che aveva ritenuto integrato lo sfregio permanente (artt.582,583, comma secondo, n. 4, cod. pen.) in qualsiasi nocumento che,senza determinare la più grave conseguenza della deformazione, importi un turbamento irreversibile dell’armonia e dell’euritmia delle linee del viso.

Ne deriva che, se pure non ogni alterazione della fisionomia del viso costituisca sfregio, sono certamente tali le alterazioni che ne turbino l’armonia con effetto sgradevole o d’ilarità, anche se non di ripugnanza innanzi ad un osservatore comune, di gusto normale e di media sensibilità (Cass. Sez. V, n. 21998 del 16/01/2012, Cipolla ).

In applicazione del principio sancito dalla S.C., la stessa ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di merito aveva ritenuto la sussistenza dell’aggravante in questione proprio nel distacco di parte del lobo di un orecchio, mediante morso (sic!!)

In particolare,in tema di atti lesivi dell’integrità personale, la Corte ha affermato che la prova del dolo, in assenza di esplicite ammissioni da parte dell’imputato,ha natura indiretta, dovendo essere desunta da elementi esterni e, in particolare, da quei dati della condotta che, per la loro non equivoca potenzialità offensiva,siano i più idonei ad espri- mere il fine perseguito dall’agente in tema di omicidio tentato(cfr. Cass Sez. 1, n. 35006 del 18/04/2013, Polisi)

In definitiva,secondo la Corte “E’ di tutta evidenza che la previsione di tali aggravanti, proprio per la commissione del delitto in contesto domestico o di violenza sessuale e di genere,esclude che l’art. 583-quinquies nella sua previsione di base debba applicarsi solo a tali ultime ipotesi”.atteso che “il legislatore ha voluto punire con maggior rigore anche le condotte di deformazione dell’aspetto mediante lesioni permanenti al viso da «chiunque» commesse in danno di «alcuno», quindi si verte in tema di reato comune sia quanto all’autore che quanto alla persona offesa”.

Sulla scorta di tale approfondito esame,la Corte ha concluso le proprie osservazioni in ordine al motivo di ricorso in questione, affermando che il reato di cui all’art. 583-quinqueis c.p. è reato autonomo e comune.

Merita pure di essere sottolineato che, a seguito della entrate in vigore della Riforma Cartabia,il Legislatore ha esplicitamente escluso i reati previsti dalla Convenzione di Istanbul sulla violenza contro le donne e la violenza domestica dall’ambito di applicazione dell’art. 131-bis c.p. che esclude la punibilità dei reati di particolare tenuità.

Nel nuovo art. 131-bis c.p. sarebbero tuttavia rientrare – anche in virtù dell’autonomo rilievo della fattispecie tentata – quasi tutti i reati volti a prevenire le diverse forme di violenza contro le donne, come, ad esempio, lesioni personali commesse nell’ambito di relazioni affettive, violenze sessuali di minore gravità, atti persecutori e diffusione illecita di immagini e video a contenuto sessualmente esplicito.

Secondo vari commentatori (v. Dova,Riforma Cartabia ed il contrasto alla violenza alle donne, in Riv. Sistema Penale)la ragione è stata quella del presumibile intento di evitare che l’effettività del contrasto alla violenza contro le donne potesse essere messo in discussione attraverso il ricorso alla causa di non punibilità per particolare tenuità,

Tuttavia il nuovo art. 131-bis c.p. esclude, per eccesso, fatti estranei alla Convenzione di Istanbul,come quelli descritti,con il risultato pratico di questa preclusione senza distin zioni,in relazione al delicato tema della violenza contro le donne,è che anche una lesione personale (oggi procedibile a querela) commessa da una donna nei confronti del suo partner maltrattante non potrà essere ritenuta di particolare tenuità.

Una condanna per lesioni lievi,al pari della “conflittualità di coppia” o della “reciprocità delle offese e delle umiliazioni”, potrebbe costituire un argomento ulteriore per escludere, come accade nella prassi giurisprudenziale, l’integrazione del delitto di maltrattamenti.

Gli stessi commentatori della Riforma affermano che “solo per alcune tipologie di violenza potrà essere esclusa la particolare tenuità, come ad esempio per le lesioni commesse in una relazione affettiva,ma non in relazione alla violenza privata o al sequestro di persona.

In ogni caso,il reato potrà essere dichiarato estinto a seguito di un’offerta riparatoria ritenuta congrua dal Giudice, senza che la volontà della donna (persona offesa) possa incidere sull’applicazione del meccanismo estintivo di cui all’art. 162-ter c.p.

La ragione della parziale preclusione all’operatività della particolare tenuità del fatto nei casi di violenza contro le donne non sembrano aver assunto rilievo in relazione all’indi retto ampliamento,attraverso l’estensione della procedibilità a querela,dell’ambito di operatività della causa estintiva di cui all’art. 162-ter c.p..

La richiesta di punizione della vittima di questi reati potrà sempre essere sempre negata. L’unica ipotesi, non facilmente giustificabile, in cui è esclusa sia la non punibilità per particolare tenuità del fatto sia l’estinzione del reato per condotte riparatorie è rappresentata dal delitto di atti persecutori (art. 612-bis c.p.)(!!).

  • Conclusioni

Resta intonso il problema dell’indennizzo da corrispondere alle Vittime di un così grave reato da sfregio permanente, del tutto risibile in rapporto al danno sofferto dalla malcapitata Vittima..

 

Condividi