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Comproprietario in condominio e pagamento della quota intera

Ogni condòmino ha il dovere di pagare le quote condominiali. Esse sono calcolate secondo il valore millesimale del proprio immobile e sono frutto del bilancio preventivo e del pedissequo conto consuntivo approvati in assemblea. Per l’amministratore è, perciò, legittimo e doveroso chiedere il versamento degli oneri comuni ai vari proprietari del fabbricato.

Può accadere, però, che un singolo immobile appartenga a più soggetti. Si pensi, ad esempio, all’appartamento intestato ai figli dai propri genitori oppure al quartino acquistato, in comune, dalla coppia che in esso ha deciso di eleggere la propria dimora familiare.

Ebbene, in queste, come in altre circostanze, chi deve pagare le quote condominiali? L’amministratore può rivolgersi, indistintamente, ai vari comproprietari, pretendendo il versamento dell’intero dovuto oppure può esigere soltanto, in proporzione, la quota del singolo contitolare?

Ha risolto i descritti quesiti, la recente sentenza del Tribunale di Terni n. 22 del 9 gennaio 2023. Lo ha fatto nell’ambito di un’opposizione a decreto ingiuntivo proposta dal comproprietario di un immobile in condominio in opposizione all’ingiunzione ottenuta dall’ente per vari oneri comuni arretrati.

Prima di tutto, però, è bene esaminare il caso concreto.

Comproprietario in condominio e pagamento della quota intera. Il caso concreto.

In un fabbricato umbro, all’esito dell’approvazione del bilancio consuntivo del 2018 e di quello preventivo del 2019, a carico del contitolare di un immobile, risultava un arretrato di circa 7.500 euro per oneri comuni mai versati.

L’esito dell’assemblea in cui erano stati ratificati i bilanci era, ritualmente, comunicato al comproprietario de quo nel gennaio del 2020. Ebbene, nonostante tale comunicazione e i molteplici solleciti circa il pagamento delle quote condominiali arretrate, il suddetto comproprietario non versava alcunché.

Nel giugno del 2020, quindi, era chiesto ed ottenuto dall’ente un decreto ingiuntivo a carico del condòmino moroso. A questo provvedimento, l’ingiunto proponeva, però, opposizione.

Dinanzi al competente Tribunale di Terni, l’opponente sosteneva che nulla doveva, non avendo mai ricevuto alcuna convocazione alle varie assemblee succedutesi nel tempo. Tra queste era compresa quella in cui sarebbero stati approvati i bilanci su cui si fondava l’indebita pretesa del condominio. Quindi, il titolo su cui si fondava l’ingiunzione era invalido.

Per l’opponente, inoltre, sarebbe stato corretto versare soltanto parzialmente gli oneri comuni, visto che era contitolare dell’immobile in questione solo per 2/9.

Ebbene, l’ufficio umbro, esaminati gli atti, ha rigettato l’opposizione, ha confermato il decreto opposto e ha condannato la parte soccombente al pagamento delle spese di giudizio.

Mancata convocazione in assemblea che approva il bilancio: quando è impugnabile?

Nella lite in esame, l’opponente aveva eccepito la mancata convocazione all’assemblea che aveva approvato i bilanci su cui si fondava l’ingiunzione. Per questo motivo, chiedeva l’annullamento del titolo. Ebbene, tale conclusione non è errata, ma nel rispetto due condizioni imprescindibili:

  • non deve essere trascorso il termine di trenta giorni dall’avvenuta conoscenza della riunione, così come prevede l’art. 1137 c.c. «la mancata convocazione non determina la nullità ma, piuttosto, l’annullabilità della delibera assunta, da far valere nel termine di 30 giorni dalla comunicazione della delibera nel caso di mancata partecipazione (Cass., n. 6735/2020)»;
  • in sede di opposizione, l’invocata invalidità dell’assemblea, deve essere sollevata nella forma della domanda riconvenzionale «pur ammettendo la valutazione della nullità e dell’annullabilità della delibera nel giudizio di opposizione -ossia in via incidentale, richiede, comunque, imprescindibilmente che dette domande siano proposte non già in via di eccezione ma, piuttosto, mediante apposita domanda riconvenzionale nel rispetto del termine perentorio previsto dall’art. 1137 c.c. (Cass., Sez. Un., n. 9839/2021)».

Nel procedimento dinanzi al Tribunale di Terni ciò, però, non è avvenuto.

Erano, infatti trascorsi molti mesi dal momento in cui l’opponente era stato, formalmente, informato dell’assemblea di approvazione dei bilanci e del proprio conseguente debito per gli oneri comuni.

Ogni pretesa di invalidità del deliberato, dunque, per la mancata convocazione al consesso de quo, era ormai diventata intempestiva e, quindi, inammissibile.

Comproprietario in condominio e responsabilità solidale delle quote

In occasione dell’opposizione in commento, l’opponente ha eccepito la pretesa del condominio di volere il pagamento delle intere quote comuni riferibili all’immobile in questione. Secondo il condòmino, non era stata considerata la sua limitata contitolarità (solo 2/9). Ebbene, la richiesta dell’ente non è stata illegittima.

Come ha, infatti, ricordato il Tribunale di Terni, nei rapporti, tra il condominio e i vari comproprietari di un immobile dell’edificio, opera la solidarietà passiva. Il fabbricato, perciò, per mezzo del suo amministratore, può chiedere, legittimamente, il pagamento dell’intero anche al singolo contitolare.

Colui che avrà pagato, avrà, poi, la facoltà di recuperare il dovuto dagli altri comproprietari, a titolo di regresso «la responsabilità dei comproprietari di un appartamento nei confronti del condominio ha natura solidale in relazione al pagamento degli oneri condominiali, ragion per cui il condominio ben può esigere da ciascuno dei comproprietari l’intero ammontare del debito, fatto salvo il regresso del solvens nei confronti dei condebitori (Cass., n. 21907/2011; Cass., n. 4769/1978)».

Sentenza
Scarica Trib. Terni 9 gennaio 2023 n. 22

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